La grande polemica su “esci il cane”
Un intervento dell'Accademia della Crusca di due settimane fa ha generato oggi eccitate reazioni, e faticosi tentativi di spiegare le complessità della lingua
Domenica è circolata assai sui social network una considerazione dell’Accademia della Crusca sulla legittimità di alcuni modi di dire che rendono transitivi verbi che in teoria non lo sono: quelli usati in alcune parti d’Italia, soprattutto al Sud, e citati spesso scherzosamente proprio come un’anomalia o un regionalismo. Ma questi anni di discussioni pubbliche online e bisogno di partecipazione e affermazione di sé hanno reso le questioni linguistiche e grammaticali un tema sensibilissimo e molto discusso online (se ci pensate, è comprensibile: è uno di quegli argomenti su cui per ragioni scolastiche e d’uso tutti pensiamo di essere competenti), e quindi il post della Crusca ha generato appunto grandi agitazioni.
Quello di cui si parla sono le espressioni come “siedi il bambino”, “esci i soldi”, “scendi il cane”: l’Accademia della Crusca è un’antica istituzione linguistica che ha sede a Firenze (oggi dipendente dal Ministero dei Beni Culturali), e che è proverbialmente nota come il luogo per definizione dello studio e della competenza sull’uso della lingua. In questi decenni di trasformazioni digitali ha saputo costruire un suo spazio di divulgazione e confronto online (come anche, su temi vicini, l’Enciclopedia Treccani) e due settimane fa aveva pubblicato un post del suo membro Vittorio Coletti in risposta alla domanda di “molti lettori” sulle espressioni in questione.
Queste domande evocano situazioni, per così dire, tutte di ambito domestico, spesso caratterizzato da rapidità di linguaggio per affrontare determinate circostanze, ad esempio quando c’è urgenza di far sedere, mettere seduto, posare su una sedia o un divano un bambino, magari piangente. In questo significato l’uso transitivo di sedere è registrato in qualche dizionario, ad esempio nell’autorevole GRADIT ma non compare nello Zingarelli 2019. Si tratta di una costruzione nata, probabilmente, dall’assorbimento nel verbo semplice del composto causativo fare + sedere, una procedura sintetica che riguarda da tempo anche altri verbi di moto come salire e scendere ma anche uscire e persino, al sud, entrare, che in molti italiani regionali (non solo meridionali) ammettono, specie all’imperativo, il complemento oggetto (sali/scendi il bambino dalla nonna, esci il cane). Sedere con l’oggetto diretto di persona si legge ormai nei manuali sulla cura dei bambini o nelle istruzioni su come mettere un bambino sul seggiolino dell’automobile. Dunque, è una costruzione abbastanza diffusa e neppure solo recente. Google books riporta un “siedilo sopra una poltrona damascata” in un testo edito a Cremona nel 1865 (N.F., Memorie storiche della Colonna Mantovana nella guerra d’indipendenza 1848-49)
Nel suo testo Coletti analizza e spiega le ragioni dell’uso di queste espressioni e, richiesto di un giudizio, dice:
È lecita allora la costruzione transitiva di sedere? Si può rispondere di sì, ormai è stata accolta nell’uso, anche se non ha paralleli in costrutti consolidati con l’oggetto interno come li hanno salire o scendere (le scale, un pendio). Non vedo il motivo per proibirla e neppure, a dire il vero, per sconsigliarla.
Questo passaggio è stato molto ripreso domenica da tanti siti di news, e ha creato eccitati post polemici su molti social network, tanto che la Crusca ha suggerito su Twitter di leggerlo all’interno dell’intero post, in cui Coletti fa una distinzione tra l’uso e la sua regolamentazione “ufficiale”.
Ma certo è problematico definirla transitiva perché la prova di volgere il verbo al passivo (accertata invece ormai per salire, specie nel linguaggio alpinistico col valore di scalare: la cima è stata salita da…) non sembra per ora reggere (la mamma ha seduto il bambino sul seggiolinoma *il bambino è stato seduto sul seggiolino dalla mamma) come del resto non regge per altri verbi in costruzione transitiva non passivabile (per es. si può dire ho dormito un lungo sonno ma non *un lungo sonno è stato dormito da me). Diciamo insomma che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali.
In altri tweet la Crusca ha cercato faticosamente di spiegare – difesa da altri esperti – che la lingua non è fatta di assoluti e che la sua conoscenza implica capirne i diversi casi, contesti, e che “dipende”, rimproverando ai siti di news le forzature e le titolazioni (“una non notizia“) e citando precedenti interventi. Infine il presidente onorario della Crusca Francesco Sabatini è intervenuto al Tg1 per spiegare come possano convivere la constatazione che quelle forme sono molto diffuse (persino in Fenoglio) e gli insegnamenti scolastici che le correggono.
Aggiornamento: lunedì mattina lo stesso Coletti ha ulteriormente spiegato su Repubblica le forzature del suo pensiero (Repubblica ha comunque titolato “Esci il cane si può dire”):
Qualcuno ne ha voluto dedurre che io abbia autorizzato gli usi col complemento diretto di tutti i verbi di moto, cosa che non ho scritto e non penso, anche se non si può negare che la norma vada muovendosi (è il caso di dirlo) in questa direzione e del resto non concerne solo l’italiano ma anche altre lingue, come il francese (in cui asseoir è transitivo) o l’inglese (in cui lo è enter). Per evitare però che l’ammissibilità, la tollerabilità di sedere col complemento oggetto in usi pratici e familiari (i livelli sono importantissimi per definire la norma in una lingua: in Parlamento non si dovrebbe parlare come al bar, anche se purtroppo si fa sempre di più) si allarghi troppo, ho anche precisato che questa espressione resta pur sempre ai limiti della grammatica e l’ho spiegato col fatto che, mentre una frase con verbo transitivo e complemento oggetto, può essere volta al passivo facendo del complemento il soggetto (“il bambino mangia la minestra” /”la minestra è mangiata dal bambino”), non è possibile volgere al passivo “il papà siede il bambino” perché “il bambino è seduto dal papà” è una frase impossibile, anche perché la forma passiva del verbo sedere non esiste.
Nondimeno, ignorando per altro la precisazione del titolo dato al mio intervento dalla consulenza dell’Accademia (Siedi il bambino! No, fallo sedere!) che orientava sulla scelta migliore, c’è stata molta discussione pro e contro. La cosa in sé è positiva non solo perché significa che la gente si interessa e reagisce ai problemi posti dalla lingua, ma soprattutto perché da questi è portata a riflettere su di essa, a essere più consapevole delle sue dinamiche. Che è il miglior modo per difenderla.
– Luca Sofri: Frustare il vento (sui correttivismi grammaticali)