La Women’s March quest’anno sarà diversa
Le manifestazioni delle donne negli Stati Uniti saranno più piccole e divise, perché l'ente che le organizza è al centro di molte polemiche
Oggi in molte città degli Stati Uniti ci saranno, per il terzo anno consecutivo, le Women’s March, le manifestazioni di protesta delle donne contro il presidente Donald Trump. Quest’anno però saranno diverse da quelle del 2017 e del 2018: più piccole e divise. In parte perché quest’anno seguono una vittoria dei Democratici alle elezioni di metà mandato, e quindi non conteranno sul moto dei progressisti seguito alla vittoria di Trump; ma anche per una controversia sull’ente che le organizza, che negli ultimi tempi è stato accusato di antisemitismo e per questo ha perso il sostegno di vari e importanti sponsor e organizzazioni, compreso il Partito Democratico.
Se ne è cominciato a parlare per via di un articolo uscito il 10 dicembre su Tablet, una rivista online di arte e cultura ebraica. L’articolo descriveva le critiche a una dei capi dell’organizzazione Women’s March, l’attivista Tamika Mallory, per aver assistito a un discorso di un importante leader musulmano afroamericano noto per dichiarazioni antisemite; sosteneva poi che in diverse occasioni la stessa Mallory e Carmen Perez, un’altra dei capi di Women’s March, avessero detto cose antisemite.
Il leader musulmano afroamericano in questione è Louis Farrakhan, il capo della Nation of Islam, il movimento religioso di cui Malcolm X fu un leader prima di esserne allontanato, e prima di essere ucciso da alcuni dei suoi militanti. Farrakhan tra le altre cose è stato l’organizzatore della Million Man March di Washington del 1995, considerata la più grande manifestazione afroamericana di tutti i tempi. Organizzata tra le altre cose per invitare gli afroamericani a registrarsi per votare alle elezioni, la Million Man March fu anche molto criticata sia perché riservata agli uomini sia perché nel suo discorso Farrakhan disse cose antisemite e contro le persone omosessuali.
Nell’evento dello scorso febbraio, quello a cui partecipò Mallory, Farrakhan disse di non essere antisemita ma che «gli ebrei potenti» sono suoi nemici, citando anche alcune teorie cospirative antisemite.
Indagando su Mallory e sui suoi legami con Farrakhan, i giornalisti di Tablet hanno saputo da diversi testimoni che, durante un incontro avvenuto nel novembre del 2016 tra le persone dietro Women’s March, Mallory e Perez avrebbero detto che gli ebrei hanno una particolare responsabilità collettiva per la schiavitù degli africani. Un testimone poi ha raccontato che nel gennaio del 2017 Mallory aveva «rimproverato» un’altra delle attiviste fondatrici di Women’s March, Vanessa Wruble, facendo riferimento alle sue origini ebraiche. Wruble, che successivamente lasciò Women’s March per fondare un’altra organizzazione, March On, dedicata soprattutto alla promozione di idee progressiste negli stati repubblicani, ha confermato questo resoconto ai giornali. March On ha organizzato proprie manifestazioni di protesta in contemporanea a quelle di Women’s March di oggi, così come aveva fatto l’anno scorso.
In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Tablet, la Women’s March ha diffuso vari comunicati per condannare l’antisemitismo e prendere le distanze dalle affermazioni di Farrakhan. Mallory, che è afroamericana, ha però continuato a difendere i suoi legami con il leader religioso e la Nation of Islam, e non ha criticato esplicitamente le affermazioni di Farrakhan sugli ebrei. Vari sponsor dell’organizzazione Women’s March, tra cui sindacati, associazioni ambientaliste e per i diritti della donne, hanno ritirato il proprio sostegno e gli organizzatori dei cortei di varie città si sono dissociati. Solo alcuni dei vari gruppi ebraici che avevano aderito alle manifestazioni del 2017 e del 2018 hanno deciso di partecipare anche a quella di oggi.
Tra gli sponsor che hanno tolto il proprio sostegno alla Women’s March c’è anche il Democratic National Committee, l’organizzazione del Partito Democratico statunitense che tra le altre cose coordina le raccolte fondi dei candidati democratici. Diversi noti politici Democratici che avevano partecipato alle manifestazioni precedenti non saranno presenti a quella di oggi. Tra loro la senatrice della California Kamala Harris, il senatore del New Jersey Cory Booker, la senatrice dello stato di New York Kirsten Gillibrand: tutti e tre possibili – se non probabili – partecipanti delle prossime primarie Democratiche per scegliere il candidato presidente che sfiderà Trump nel 2020.
L’articolo di Tablet parlava anche di altre controversie interne a Women’s March, per esempio la mancanza di membri della comunità LGBT tra i suoi capi. L’organizzazione in ogni caso ha avuto varie divisioni interne fin dalla sua fondazione. Le donne appartenenti a minoranze etniche hanno più volte criticato il movimento per essersi eccessivamente concentrato sui problemi percepiti dalle donne bianche. Alcune donne bianche, poi, non si sono sentite riconosciute nell’insistenza degli organizzatori della Women’s March sull’intersezionalità, quel principio dei femminismi contemporanei per cui non si possono considerare i problemi delle donne slegandoli dalle questioni etniche, di classe e di orientamento sessuale.
Secondo alcuni sostenitori delle manifestazioni delle donne, però, questi dibattiti così come le accuse di antisemitismo sono controproducenti perché divisivi. Per questo Planned Parenthood, la nota organizzazione di cliniche no profit che fornisce molti servizi sanitari alle donne, tra cui le interruzioni di gravidanza, ha scelto di continuare a sostenere Women’s March pur «riaffermando inequivocabilmente che non c’è spazio per l’antisemitismo, il razzismo, l’omofobia e la transfobia» nelle proprie comunità. Allo stesso modo anche il sindacato degli insegnanti American Federation of Teachers, la cui presidente Randi Weingarten ha origini ebraiche, ha scelto di continuare a sostenere Women’s March.