Il governo ha approvato il decreto per il reddito di cittadinanza e “quota 100”
Sono le due misure a lungo promesse da Movimento 5 Stelle e Lega: entreranno in vigore nei prossimi mesi
Il governo ha approvato questa sera il decreto legge che contiene le norme sul reddito di cittadinanza e “quota 100”, le due riforme economiche a lungo promesse dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. «Questo governo le promesse le mantiene», ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza stampa.
L’approvazione del decreto era stata rimandata più volte (l’ultima la settimana scorsa) e anche negli ultimi giorni molti temevano che a causa delle difficoltà nel trovare coperture economiche per i due interventi il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto essere rimandato un’altra volta. Le ultime difficoltà nella stesura delle norme erano state risolte questa mattina nel corso di un incontro tra i due capi della maggioranza, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. «Sono felice. È un’altra promessa mantenuta, anche in meglio», aveva detto Salvini al termine dell’incontro, mentre Luigi Di Maio aveva commentato: «Oggi è una giornata importante e a vincere sono, come sempre, i cittadini. Un risultato che ripaga anni di battaglie portate avanti dal M5S».
Come sarà il reddito di cittadinanza
Il cosiddetto “reddito di cittadinanza” sarà in realtà un sussidio destinato a poco meno di 1,4 milioni di nuclei familiari in condizioni di bisogno. Per riceverlo bisognerà rispettare una serie di requisiti: un reddito annuale non superiore ai 6 mila euro l’anno per i single e non superiore al 12 mila e 600 euro per le famiglie più grandi, un patrimonio immobiliare, oltre alla prima casa, non superiore ai 30 mila euro, un conto in banca non superiore ai 6 mila euro (è previsto un limite più alto per famiglie più numerose).
Le famiglie che rientrano in questi requisiti avranno diritto da un minimo di 500 euro, destinati a un adulto che vive in una casa di proprietà, fino a un massimo di 1.330 euro per una famiglia composta da tre adulti e due bambini che vive in affitto. Il sussidio viene erogato per 18 mesi rinnovabili dopo una pausa di un mese.
Chi ne ha diritto potrà fare richiesta per il reddito di cittadinanza a partire dal primo aprile e lo riceverà dal mese successivo (fatti salvi possibili ritardi e altri problemi burocratici). I componenti maggiorenni del nucleo familiare la cui richiesta viene accettata dovranno sottoscrivere un “patto”: il “patto di lavoro”, destinato a disoccupati e abili al lavoro, o il “patto di inclusione”, destinato a chi è in condizioni di povertà o disagio. Con questo “patto” ci si impegna a svolgere una serie di attività in cambio del sussidio.
Nel caso del “patto di inclusione”, la persona viene segnalata ai servizi sociali del suo comune di residenza, si impegna a svolgere lavori socialmente utili e a seguire indicazioni di prevenzione e cura in campo sanitario. Coloro che sottoscrivono il “patto di lavoro” si impegnano a iscriversi ad una nuova piattaforma online per la ricerca di lavoro (che ancora non esiste), si impegnano a visitarla quotidianamente, a svolgere corsi di formazione, a informarsi sulle attività socialmente utili che possono svolgere nel loro comune e ad accettare una delle prime tre offerte di lavoro che gli verranno fatte se sono entro 250 chilometri dal loro luogo di residenza. In caso di rinnovo del sussidio va accettata la prima offerta indipendentemente dalla distanza da cui proviene.
Come sarà quota 100?
Quota 100 è una riforma pensionistica che crea un canale aggiuntivo per andare in pensione (che arrivano così a un totale di dieci). In sostanza, consente di andare in pensione a chi ha compiuto almeno 62 anni di età e ha versato almeno 38 anni di contributi. Si tratta di una misura per ora “sperimentale” che resterà in vigore soltanto nel triennio 2019-2021. È probabile che al momento della pubblicazione del decreto una serie di categorie rimarranno escluse. In questi giorni, ad esempio, si parla della possibile esclusione dei lavoratori pubblici impiegati nei comparti della sicurezza.
Il sistema prevede una serie di “finestre”, ossia di intervalli tra il momento in cui si matura il requisito e quello in cui si riceve l’assegno. I lavoratori privati, ad esempio, avranno una finestra di tre mesi. Significa che chi maturerà il requisito il primo giugno dovrà aspettare fino al primo settembre per andare in pensione. Chi ha maturato il requisito prima del 31 dicembre 2018 potrà richiedere l’assegno a partire dal primo aprile.
Per i dipendenti pubblici la finestra sarà invece di sei mesi e chi ha maturato il requisito prima del 31 dicembre 2018 potrà fare richiesta dell’assegno a partire dal primo luglio. Nella migliore delle ipotesi, questo sistema permetterà a chi ne usufruisce di ottenere una pensione anticipata di 5 anni rispetto ai sistemi di calcolo attualmente in vigore. In questo caso, l’assegno pensionistico risulterà ridotto di circa un quarto.