“Socialismo o barbarie”: la storia di Rosa Luxemburg
La rivoluzionaria polacca che sperava «di morire sulle barricate» e che venne uccisa nella notte tra il 15 e il 16 gennaio di cento anni fa
In una lettera profetica scritta dal carcere, Rosa Luxemburg disse di sperare «in fondo, (…) di morire sulle barricate». E così, in certo senso, avvenne. Nella notte tra il 15 e il 16 gennaio del 1919 venne arrestata dai paramilitari schierati con il governo della repubblica tedesca di Weimar che si era formato dopo la Prima guerra mondiale. Colpita col calcio di un fucile, uccisa con un colpo di pistola alla testa, venne gettata in un canale e il suo corpo venne ritrovato alcuni mesi dopo. Rosa Luxemburg si potrebbe definire una rivoluzionaria di professione, che non abbandonò mai un intenso lavoro di pensiero e di ricerca teorica: era una studiosa marxista originale, era antimilitarista e aveva grandissime doti oratorie. E aveva portato avanti una linea eccentrica rispetto alle posizioni moderate e riformiste del Partito Socialdemocratico di Germania, ormai diventato forza di governo, ma anche rispetto all’involuzione autoritaria dei bolscevichi russi.
Rosa Luxemburg era una ebrea polacca. Nacque a Zamosc, nella Polonia russa, il 5 marzo del 1871 o del 1870 (la prima data risulta dal curriculum presentato all’università di Zurigo, la seconda invece dai documenti ufficiali). Non era molto alta, era di costituzione fragile e zoppicava leggermente a causa di un problema all’anca. Nel 1887 si diplomò a Varsavia e due anni dopo, a causa della sua attività politica accanto ai movimenti operai polacchi, si trasferì a Zurigo, in Svizzera, per frequentare all’università corsi di filosofia, diritto, storia economica, ma anche botanica e scienze naturali. Nel 1892 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, dove si laureò nel 1897.
A Zurigo fece politica accanto a figure rilevanti di intellettuali russi, polacchi e lituani: fondò a distanza e in clandestinità un partito che sosteneva la costituzione democratica della Russia con una autonomia territoriale per la Polonia e che si opponeva al nazionalismo polacco perché, diceva lei, avrebbe distolto i lavoratori dalla lotta di classe. Nel 1898, grazie a un matrimonio di comodo che le permise di ottenere la cittadinanza tedesca, si trasferì a Berlino diventando una dirigente dell’SPD, il partito socialdemocratico tedesco, allora il partito operaio più forte d’Europa.
In quegli anni Luxemburg fu molto legata a Karl Kautsky, teorico ufficiale del partito e figura di peso nella politica europea. Ma lo scoppio della prima rivoluzione russa, nel 1905, causò la rottura anche personale tra i due. Luxemburg decise di tornare nel suo paese e prese parte ai moti polacchi (ne propose anzi la diffusione in tutta Europa) mentre lui rifiutò ogni tipo di iniziativa non legalitaria. Quando il progetto rivoluzionario fallì, Luxemburg venne arrestata e una volta rilasciata tornò in Germania dove, dal 1907, insegnò economia politica alla scuola di partito di Berlino, dove scrisse anche il suo libro più importante: L’accumulazione del capitale, pubblicato nel 1912.
Per Luxemburg, la crisi del capitalismo era strettamente legata all’imperialismo, che conquistando sempre nuove aree di mercato – attraverso il militarismo, cioè l’occupazione di nuovi continenti e il conseguente allargamento della massa dei proletari – a un certo punto si sarebbe trovato privo di possibilità di espansione: in questa situazione e di fronte alla rivoluzione proletaria, il crollo del capitalismo sarebbe non solo stato possibile, ma necessario e inevitabile. La transizione dal regime capitalistico al socialismo, per Luxemburg, non sarebbe però potuta avvenire mediante il dibattito parlamentare, come sosteneva un importante dirigente socialdemocratico tedesco del tempo, Eduard Bernstein, revisionista di Marx, ma soltanto per via rivoluzionaria, attraverso la sollevazione spontanea delle masse. Per Luxemburg, le riforme sociali erano dunque solo un mezzo della lotta della socialdemocrazia e la rivoluzione restava il suo scopo finale: «La presa del potere politico e l’abolizione del salariato». “Socialismo o barbarie”, disse usando un’espressione poi diventata celebre: quando il capitalismo crollerà, l’alternativa sarà il socialismo o l’anarchia, intesa in senso negativo.
Per i suoi discorsi contrari al militarismo e all’espansionismo militare, Luxemburg trascorse in carcere gli anni della Prima guerra mondiale. Dalla prigione, continuò però a collaborare con diverse riviste di sinistra e a scrivere opuscoli. Scrisse anche La rivoluzione russa. Un esame critico in cui contrappose il coraggio dei bolscevichi ai socialdemocratici tedeschi – che si erano resi complici del militarismo del loro governo – e in cui, però, per prima criticò “da sinistra” l’abolizione delle libertà democratiche messa in atto dopo la rivoluzione d’ottobre.
Nel frattempo, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale, la futura Lega Spartachista, organizzazione socialista rivoluzionaria che fece parte in un primo momento del Partito Socialdemocratico e che poi divenne il nucleo del Partito Comunista di Germania. Alla fine della guerra, uscita dal carcere, Luxemburg partecipò con i compagni spartachisti a un’insurrezione armata (la Rivoluzione tedesca del novembre 1918). Il tentativo venne pesantemente represso dal nuovo governo socialdemocratico di Weimar e si concluse con l’eliminazione fisica di Rosa Luxemburg.
Nel 1926 a Luxemburg e ad altre figure a lei vicine venne dedicato un monumento di Ludwig Mies van der Rohe a Berlino. Nel 1935 il cimitero fu distrutto dai nazisti, e i resti di chi vi era stato sepolto andarono dispersi.