Fukubukuro, gli strani saldi giapponesi
All'inizio di ogni anno i negozi mettono in vendita sacchetti che contengono prodotti a sorpresa, a prezzo scontato: può andare bene, ma può andare anche male
Molti si fanno i regali da sé per avere quello che desiderano veramente (evidentemente non hanno amici che leggono la rubrica Consumismi del Post), altri preferiscono il brivido della sorpresa e il lusso che qualcuno si sforzi di indovinare i loro desideri. Questa seconda categoria apprezzerebbe probabilmente i fukubukuro, i sacchetti sorpresa venduti all’inizio dell’anno nei negozi giapponesi. Possono contenere qualsiasi cosa, dal cibo ai vestiti, e sono un equivalente dei saldi occidentali, con cui i negozi si sbarazzano di quel che resta dell’anno vecchio. Può sembrare un affare a senso unico ma non è così, come mostrano le code di ore a cui si sottopongono i clienti per poter comprare i fukubukuro.
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Il nome deriva dal giapponese fuku, che significa fortuna, e bukuro, borsa, perché i sacchetti sono una scommessa che può essere più o meno fortunata a seconda di quello che si desidera e che ci si trova dentro. Sono anche una specie di augurio di buon anno da parte delle aziende ai clienti visto che raccolgono oggetti il cui valore complessivo è superiore al prezzo a cui vengono vendute le borse. Per questo i fukubukuro vanno a ruba: sono in vendita dal primo gennaio e continuano fino a esaurimento scorte, di solito una settimana. Un pacchetto sfortunato viene chiamato fukobukuro e parte del divertimento, oltre alla sorpresa, sta nello scambio di sacchetti, che spesso inizia direttamente nel negozio.
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Non è chiaro chi abbia avuto l’idea ma per molti è diventata una tradizione imprescindibile di inizio anno. Una delle versioni più accreditate, racconta BBC, risale all’apertura dei primi grandi magazzini in Giappone a inizio Novecento: alcuni ebbero l’idea di liberarsi della merce vecchia svendendola, mescolata insieme in sacchetti sorpresa. Un’altra fa risalire i fukubukuro ai primi del Novecento e ai grandi magazzini Matsuya Ginza di Tokyo, che sarebbero poi stati imitati nel resto del Paese e in tempi più recenti nelle Hawaii e in alcune catene statunitensi. Secondo un’altra storia l’origine risale al periodo Edo (1608-1868) quando il Giappone conobbe una grande prosperità economica, con sempre più mercanti che compravano beni dalle città ricche e produttive, come Kyoto e Osaka, per poi rivenderli. Per ringraziare le divinità a ingraziarsi la sorte iniziarono a organizzare un evento annuale in cui i clienti potevano aggiudicarsi i pacchetti fortunati. Ora in Giappone lo fanno un po’ tutti, che si tratti di piccoli negozi, grandi magazzini o ristoranti, da Starbucks ad Armani.
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Come si può immaginare i fukubukuro sono diventati protagonisti dei social network: nella prima settimana dell’anno si riempiono di foto che mostrano il contenuto fortunato o deludente dei sacchetti, con eventuali proposte di scambio.
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