La storia vera di “Benvenuti a Marwen”
È il nuovo film di Robert Zemeckis, su un uomo che, persa la memoria in seguito a un pestaggio, ha costruito e fotografato la miniatura di una immaginaria città belga occupata dai nazisti
Mark Hogancamp è un fotografo e artista che da quasi vent’anni si dedica a un solo progetto: costruire modellini in scala 1 a 6 di luoghi e personaggi di un’immaginaria città belga degli anni Quaranta, che poi fotografa. Iniziò a realizzare modellini e personaggi dopo un’aggressione del 2000, quando cinque uomini lo picchiarono fuori da un bar, causandogli diversi problemi fisici in seguito ai quali finì in coma per nove giorni. La città fittizia che sta costruendo, Marwencol, e i suoi abitanti in miniatura rappresentano il suo modo di rielaborare il trauma, in seguito al quale ricordava molto poco della sua vita precedente.
Prima dell’aggressione, Hogancamp era un carpentiere appassionato di modellismo. Ora, nonostante tanti problemi fisici e di memoria conseguenti all’aggressione, è considerato un artista e le fotografie dei suoi accurati modellini di Marwencol sono diventati una mostra fotografica e un libro. La sua storia è stata anche raccontata in un documentario nel 2010 e nel film Benvenuti a Marwen, in Italia dal 10 gennaio. Il film è diretto da Robert Zemeckis – regista di Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit e Forrest Gump – e ha per protagonista Steve Carell. Benvenuti a Marwen non sta avendo buone recensioni e anche gli incassi sono stati piuttosto bassi. A prescindere dal film, di cui da qui avanti non si parla, la storia di Hogancamp e di Marwencol, di cui già si era parlato in precedenza, è però notevole.
Hogancamp fu aggredito l’8 aprile 2000 fuori da un bar. Molto probabilmente i cinque uomini lo aggredirono perché omofobi e perché Hogancamp, eterosessuale, praticava il crossdressing: gli piaceva, a volte, vestirsi con abiti da donna. Dopo l’aggressione fu soccorso e portato in ospedale. Nel 2015 Jon Ronson scrisse sul Guardian che quando si svegliò dopo i nove giorni di coma, gli infermieri gli chiesero se sapesse che anno fosse. Rispose che era il 1984. Gli risposero: «No, è il 2000. Cinque tizi ti hanno quasi picchiato a morte». Lui disse: «Li perdono». Gli infermieri gli spiegarono però che aveva perso quasi ogni ricordo degli ultimi 15 anni della sua vita.
Sulla vita di Hogancamp prima dell’aggressione non si sa granché. Solo che era nato e cresciuto vicino a New York e che dopo una carriera scolastica mediocre aveva passato cinque anni nella marina militare. Aveva in seguito sposato una donna e trovato lavoro come carpentiere. Ma poi erano iniziati problemi d’alcolismo che avevano causato la fine del matrimonio.
Hogancamp raccontò al Guardian che dopo l’incidente non era riuscito a pagare l’assicurazione necessaria per le terapie riabilitative e che aveva provato ad arrangiarsi quasi sempre da solo nell’imparare di nuovo ogni cosa: come parlare, come camminare, «come pulirsi dopo aver fatto la cacca».
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Durante la riabilitazione Hogancamp recuperò parte dei ricordi del periodo che aveva trascorso nell’esercito e sviluppò una grande passione per la Seconda guerra mondiale, che lo portò a dedicarsi al progetto di Marwencol. Il nome della città è l’unione del suo nome (Mark) e di quelli di due donne ,”Wendy” e “Colleen”, per cui si era preso una cotta, non è ben chiaro quando. Negli anni Hogancamp ha realizzato diversi abitanti di Marwencol e ha anche costruito case ed edifici di vario tipo: una banca, un cimitero, un distributore di benzina e così via. Più che di una vera e propria città, si tratta però di una specie di set, con edifici e personaggi sparsi. Hogancamp usa infatti Marwencol come l’ambientazione per realizzare fotografie con una vecchia macchina fotografica Pentax.
Alcuni anni fa le fotografie finirono in mano al fotografo David Naugle, che prima le pubblicò – attribuendole a Hogancamp – su una rivista e che poi organizzò insieme a lui una mostra fotografica a New York. Prima della mostra, Hogancamp era conosciuto solo da alcuni suoi concittadini, che lo consideravano un tipo strano e lo vedevano girare per la città con il modellino di una jeep della Seconda guerra mondiale, con all’interno alcuni personaggi del suo set. Dopo la mostra, Hogancamp iniziò a essere apprezzato come fotografo e di lui parlarono alcuni tra i più importanti giornali e canali televisivi americani.
Nel 2011 Penelope Green scrisse sul New York Times che tra i temi più evidenti delle foto ambientate a Marwencol c’erano «la brutalità degli uomini e l’angolo di paradiso rappresentato da una città popolata perlopiù da donne» e che il “protagonista” della maggior parte delle foto era Captain Hogie, una sorta di alter ego di Hogancamp, «un tipo alla Nicolas Cage, con occhi vivaci e una profonda cicatrice che ne attraversava il viso».
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Sul Guardian, Ronson parlò invece di Marwencol come di una «città in guerra» e di immagini con sangue nella neve, corpi morti nelle pozzanghere e persone che venivano uccise nella piazza pubblica. C’era anche una fotografia in cui cinque SS naziste stavano picchiando Captain Hogie. In molte foto c’è però anche la vendetta di Hogie nei confronti dei nazisti.
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Dopo averla visitata, Ronson spiegò però che Marwencol «non è Legoland, non è magica. È piccola e funzionale agli scopi fotografici di Hogancamp», che parlò dei suoi personaggi come di «piccoli attori e piccole attrici». Prima ancora che dal film di Zemeckis, Hogancamp e Marwencol furono raccontati da un documentario del 2010. Nel 2015 è invece uscito un libro fotografico.
Il film di Zemeckis – che unisce scene con attori veri a scene d’animazione ambientate a Marwen – è in genere abbastanza fedele alla storia di Hogancamp, ma è stato criticato per questioni tecniche e anche perché, come ha scritto Chris Nashawaty su Entertainment Weekly, «mentre Marwencol [il documentario del 2010] voleva farti conoscere Hogancamp, questo film ti allontana da lui».