Cos’è questa storia delle targhe straniere
Chi risiede in Italia ma guida un'automobile immatricolata all'estero – un fenomeno in aumento – ora rischia multe molto pesanti
Il cosiddetto “decreto sicurezza” contiene – oltre alle disposizioni in materia di immigrazione, come la cancellazione dei permessi di soggiorno umanitari – un’altra norma meno discussa e che sta avendo i suoi primi effetti soltanto ora. A partire dal 1 dicembre 2018, infatti, la legge ha disposto alcune modifiche degli articoli 93 e 132 del Codice della strada, per cui è vietato «a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero».
Chiunque sia residente in Italia, in sostanza, deve per legge guidare automobili con targa italiana, altrimenti dovrà pagare una multa che va da 712 a 2.848 euro, più il divieto di circolazione per il mezzo. Se verrà fermato a bordo di un’auto immatricolata in un altro paese, appartenente o meno all’Unione Europea, avrà 180 giorni di tempo per immatricolare l’auto in Italia o per portarla nel paese in cui è immatricolata con un foglio di via provvisorio. Nel caso in cui il conducente che ha commesso la violazione non si metta in regola, il mezzo sarà confiscato.
L’unico modo per circolare con una targa straniera, insomma, è che si guidi un’auto di cui non si è proprietari ma che si utilizzi in leasing o in forma di noleggio senza conducente, a condizione che si abbia un rapporto di lavoro o di collaborazione con l’impresa europea che ha concesso l’auto in locazione. Inoltre il conducente è tenuto ad avere a bordo un documento che attesti il contratto: in caso contrario dovrà pagare una multa che va da 250 a 1.000 euro.
Il provvedimento ha l’obiettivo di punire tutte quelle persone – e non sono poche – che risiedono in Italia ma utilizzano un’auto con targa straniera per eludere il fisco e ottenere una serie di vantaggi, come l’esenzione dal pagamento del bollo e del cosiddetto superbollo per le auto di lusso, il pagamento di assicurazioni più economiche, nonché per non rischiare multe in caso di infrazioni come il transito in zone a traffico limitato o il parcheggio in aree in cui non è permesso. Non ci sono dati precisi ma è un fenomeno di cui si parla da tempo e che negli ultimi anni è andato costantemente aumentando: a Milano, come riporta il Corriere della Sera, le multe inviate all’estero «sono cresciute dalle 94mila del 2011, fino a superare abbondantemente quota 110mila nel 2017, ultimo dato disponibile».
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