L’internazionale sovranista di Salvini ha qualche problema
Il ministro dell'Interno è andato in Polonia per costruire l'alleanza di destra in vista delle elezioni europee di maggio, ma i polacchi non sono sembrati entusiasti
«Siamo d’accordo sul 90 per cento delle cose e ci teniamo aperto un dieci per cento su cui discutere per non annoiarci». Durante una conferenza stampa all’ambasciata italiana di Varsavia, mercoledì il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha cercato di sdrammatizzare gli scarsi risultati ottenuti durante l’incontro terminato poche ore prima con il potente leader del partito polacco Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, accusato di comportamenti autoritari e di voler mettere i giudici sotto il controllo del governo.
Salvini si trovava in Polonia per cercare di raggiungere un accordo in vista delle elezioni europee del prossimo maggio, in cui i sondaggi pronosticano una crisi dei partiti tradizionali e uno storico successo per le forze della destra estrema e radicale. Se questo risultato dovesse effettivamente verificarsi, si potrebbe rompere la grande coalizione tra socialisti, popolari e liberali che da anni controlla il Parlamento Europeo; nuovi partiti e coalizioni potrebbero uscire vincitori dal voto, portando alla formazione di maggioranze fino a oggi imprevedibili.
Dallo scorso autunno Salvini manifesta il desiderio di mettersi alla testa di questo movimento internazionale “rivoluzionario” creando una coalizione internazionale di forze che definisce di volta in volta “sovraniste” e “populiste”, ma che in sostanza appartengono alla destra estrema e a quella radicale. Finora però la costruzione della coalizione è andata a rilento. Al momento la Lega ha un unico importante alleato su cui contare in Europa, il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, il più importante partito della destra radicale francese.
La visita in Polonia, accompagnata da un incontro istituzionale con il ministro dell’Interno polacco, avrebbe dovuto mettere le basi per un allargamento dell’alleanza al partito polacco guidato da Kaczynski. Lega, Diritto e Giustizia e RN avranno probabilmente – tutti insieme – più di 60 deputati nel prossimo Parlamento europeo: aggiungendo anche gli alleati minori, il gruppo potrebbe avvicinarsi ai cento membri e diventare così una delle tre forze principali. Salvini stesso ha detto mercoledì di puntare a formare il secondo se non il primo gruppo del nuovo Parlamento.
Anche se i tre partiti sono uniti da una serie di punti programmatici – chiusura all’immigrazione, ostilità al multiculturalismo e difesa di quelle che definiscono “radici cristiane” dell’Europa – su altrettanti temi sono invece molto divisi. Lega e RN, per esempio, sono apertamente favorevoli alla Russia: il partito di Marine Le Pen ha anche ricevuto finanziamenti e prestiti da società vicine al governo russo. Diritto e Giustizia invece guarda con timore e sospetto all’aggressività militare di Vladimir Putin, e la russofobia è stata un importante ingrediente delle loro ultime campagne elettorali.
I tre partiti sono anche divisi nel loro euroscetticismo. Le critiche all’Unione Europea sono fondamentali nella visione politica di Salvini e Le Pen, al punto che entrambi hanno sostenuto in passato la necessità di uscire dall’euro. Anche Kaczynski e gli altri dirigenti del suo partito sono critici nei confronti dell’Europa, ma lo sono in maniera molto più moderata. La Polonia è stato il paese che ha più beneficiato degli investimenti europei negli ultimi anni e per questo in Polonia l’Unione Europea ha livelli di gradimento altissimi.
Kaczynski, inoltre, aspira da tempo a “ripulire” l’immagine del suo partito per farsi accogliere nel centrista Partito Popolare Europeo, di cui fa parte un altro leader della destra autoritaria europea molto ammirato in Polonia, il primo ministro ungherese Viktor Orbàn. Difficilmente Kaczynski e il suo partito riusciranno a persuadere i leader dei Popolari ad accoglierli, ma hanno ugualmente poche ragioni per unirsi a un’eventuale nuova formazione di Salvini: Diritto e Giustizia fa parte oggi dei Conservatori e Riformisti Europei, che con 74 membri è attualmente il terzo gruppo più grande dell’intero Parlamento. Fondato nel 2009 dal leader conservatore britannico David Cameron, il gruppo raccoglie partiti della destra conservatrice moderatamente euroscettica. A causa di Brexit, dalle prossime elezioni non ci saranno più deputati britannici nel gruppo: Diritto e Giustizia ne diventerà così la forza maggiore ed egemone.
Nel corso della conferenza stampa, Salvini ha cercato di minimizzare tutte queste differenze, liquidandole come «reciproche diffidenze», «mancate conoscenze» e «differenze partitiche e geografiche», ma non è riuscito a nascondere il fatto che i rappresentanti di Diritto e Giustizia abbiano preferito non prendere alcun impegno formale con lui. Anche se Kaczynski ha fatto sapere che l’incontro è stato positivo e che ce ne saranno sicuramente altri in futuro, Salvini è stato lasciato da solo a illustrare i risultati dell’incontro nel corso della conferenza stampa.
Le difficoltà di Salvini riflettono le storiche divisioni che attraversano le forze della destra (per certi versi speculari a quelle proverbiali della sinistra radicale). Basta pensare che i partiti che di solito chiamiamo “sovranisti” – e che più precisamente sono partiti di destra radicale o estrema – oggi sono sparsi in quattro gruppi europei diversi: Orbàn fa parte del Partito Popolare, Diritto e Giustizia e i partiti della destra scandinava sono all’interno dei Conservatori e Riformisti, la Lega e il RN fanno parte dell’Europa delle Nazioni e della Libertà, mentre l’unico deputato della tedesca AFD fa parte del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (lo stesso di cui fa parte il Movimento 5 Stelle).
Mancano ancora poco meno di cinque mesi alle elezioni europee ed è possibile che parte di queste divisioni venga messa da parte in nome dell’obiettivo comune di diventare la nuova forza di maggioranza relativa al Parlamento Europeo. Inoltre, nulla impedisce ai vari partiti della destra radicale di correre separati alle elezioni per poi decidere di riunirsi in un unico gruppo dopo il voto. Almeno fino a oggi però, tra le forze della destra europea sospetti e divisioni hanno prevalso sulle ragioni dell’unione.