Roma è ancora piena di rifiuti
Si attende un nuovo piano industriale, mentre c'è già agitazione nei posti individuati per costruire nuovi impianti di smaltimento
Da settimane si è tornati a discutere della difficile situazione in cui si trova la gestione dei rifiuti a Roma. Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, nel 2013, e dopo il recente incendio nell’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti (TMB) del quartiere Salario, le cose si sono ulteriormente complicate e da circa quattro settimane, come già accaduto altre volte negli ultimi anni, i marciapiedi di Roma sono invasi dall’immondizia. A Roma solo il 40 per cento dei rifiuti viene differenziato, mentre il resto finisce in discarica (in altre città italiane, per esempio a Milano, la maggioranza dei rifiuti viene differenziata, mentre il resto viene smaltito dai termovalorizzatori).
I problemi dei rifiuti a Roma arrivano da lontano: la città ha avviato le procedure per la raccolta differenziata con diversi anni di ritardo rispetto ad altre città italiane ed europee, e non sempre i cittadini sono stati rapidi nell’adeguare le loro abitudini; i centri per gestire i rifiuti indifferenziati, inoltre, sono stati storicamente controllati da Manlio Cerroni, un potente imprenditore che è stato al centro di accuse e indagini per la gestione giudicata controversa dei suoi impianti (lo scorso 5 novembre è stato assolto dall’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti). Cerroni era stato a lungo presidente del consorzio Colari, la società di gestione della discarica di Malagrotta (che è una frazione di Roma tra Fiumicino, Ponte Galeria e Piana del Sole).
La discarica – benché satura almeno dal 2004, in deroga alle normative europee e grazie a numerose proroghe – aveva raccolto in situazione di quasi monopolio le tonnellate di rifiuti prodotte ogni giorno da Roma e diversi altri comuni del Lazio. Nel 2013 l’Italia era stata denunciata dalla Commissione Europea per lo smaltimento irregolare dei rifiuti proprio nella discarica di Malagrotta, che aveva dunque chiuso il 30 settembre del 2013.
Lo scorso 11 dicembre, poi, c’è stato un grande incendio nell’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti (TMB) del quartiere Salario, a Roma. L’impianto era in una situazione critica da molto tempo: malgestito e intasato, per anni era stato al centro di un intenso dibattito tra gli abitanti del quartiere, che ne chiedevano la chiusura a causa delle emissioni maleodoranti, e le diverse amministrazioni che si sono avvicendate alla governo della città. Oltre ad essere uno degli impianti più controversi di Roma, il TMB del quartiere Salario era però anche uno dei più importanti, dato che poteva trattare fino a 700 tonnellate di rifiuti al giorno, quasi un quarto di tutti i rifiuti indifferenziati prodotti quotidianamente in città. A questi problemi si aggiunge il fatto che AMA, l’azienda che si occupa dei rifiuti in città, ha avuto diversi guai finanziari e qualche anno fa ha rischiato il fallimento. Poi ci sono state le festività natalizie, che hanno comportato una produzione di rifiuti superiore alla media del resto dell’anno.
Finora l’amministrazione comunale della sindaca Virginia Raggi ha cercato soluzioni temporanee per far fronte alle varie emergenze, compresa l’ultima causata dall’incendio del TMB del quartiere Salario, individuando come principale soluzione a lungo termine l’incremento della raccolta porta a porta e della differenziata. Finora però su questo fronte non sono stati fatti passi avanti. Gli obiettivi dell’amministrazione prevedono per il 2019 il raggiungimento del 60 per cento di raccolta differenziata, mentre il piano finanziario di AMA stima il raggiungimento del 50 per cento. I dati e le tendenze dicono che si è ancora molto lontani da entrambi gli obiettivi. Il rapporto Rifiuti urbani 2018 dell’Ispra (che riporta i dati relativi alla produzione in Italia del 2017) dice che a Roma la raccolta differenziata dal 2016 al 2017 è cresciuta solo dell’1,2 per cento, passando dal 42 al 43,2 per cento. La percentuale di aumento è inferiore al dato medio del Lazio, dove la differenziata è cresciuta del 3,1 per cento.
Per trovare una soluzione definitiva e condivisa alla riorganizzazione della gestione dei rifiuti a Roma, lo scorso agosto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha istituito un gruppo di lavoro per mettere insieme comune, regione e città metropolitana, non escludendo la possibilità estrema di un commissariamento. All’inizio di questa settimana è stato fatto (forse) un piccolo passo avanti: i tecnici della città metropolitana di Roma hanno inviato al ministero dell’Ambiente e alla regione (che dovrebbe elaborare entro fine gennaio il nuovo piano rifiuti) una mappa che individua sette aree considerate «idonee per gli impianti di smaltimento». L’ultimo passaggio necessario per sbloccare il piano, contro cui comunque i sindaci dei vari comuni citati hanno già cominciato a protestare, è il piano industriale di AMA che dovrebbe quantificare il fabbisogno di Roma per i prossimi anni. Il comune si è impegnato a consegnarlo entro una settimana.