Quante storie dietro la Coppa d’Asia
Inizia oggi negli Emirati Arabi Uniti (allenati da Zaccheroni), con l'ambizioso Qatar sotto embargo, la Cina di Lippi e tanto altro
La diciassettesima edizione della Coppa d’Asia, il torneo calcistico per nazionali del continente più grande del mondo, inizia oggi pomeriggio ad Abu Dhabi con la partita inaugurale tra la nazionale ospitante, gli Emirati Arabi Uniti, e il vicino Bahrein: il primo dei tanti “derby” del Golfo Persico in programma nella sola fase a gironi. Il livello del principale torneo asiatico rimane ancora molto basso se paragonato agli altri tornei continentali, e probabilmente è per questo che in Italia nessuno ne ha acquisito i diritti per la trasmissione televisiva. Ma questa edizione ha comunque molte cose da raccontare, a partire dal numero di partecipanti, aumentato da sedici a ventiquattro.
L’allargamento del torneo è stato deciso per sfruttare la crescente popolarità del calcio in tutto il continente, che ormai da tempo richiama enormi investimenti. A guidare le ambiziose aspirazioni calcistiche dell’Asia sono soprattutto la Cina e ricchi paesi del Golfo Persico, che da tempo si stanno muovendo per raggiungere con tutti i mezzi a disposizione i movimenti dei paesi con più tradizione: Giappone e Corea del Sud.
Gli Emirati Arabi Uniti ospitano per la seconda volta la Coppa d’Asia, a ventidue anni dalla prima organizzazione. Il torneo sarà una sorta di apripista per il ruolo che la regione si appresta ad assumere in futuro nel panorama calcistico internazionale. Fra quattro anni, infatti, il vicino Qatar ospiterà i primi Mondiali d’inverno. Ma nonostante il presidente della FIFA Gianni Infantino abbia paventato la possibilità di un torneo allargato a 48 squadre e ospitato, oltre che dal Qatar, anche da alcuni paesi limitrofi, fra gli stati della regione i rapporti sono tutt’altro che buoni. Ancora oggi il Qatar è oggetto di una specie di embargo imposto dallo scorso giugno da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto: è stato deciso per motivi politici dopo che i quattro stati arabi avevano accusato il Qatar di sostenere il terrorismo, fra le altre cose.
Per via dell’embargo, gli Emirati Arabi Uniti non avevano inizialmente permesso l’ingresso nel paese per assistere al torneo al vice presidente della confederazione asiatica, il qatariota Saoud al-Mohannadi. Mohannadi, peraltro, sarà uno dei candidati alle prossime elezioni asiatiche, per cui concorrerà anche Mohammed Khalfan al-Romaithi, membro influente dell’autorità sportiva degli Emirati. Alla vigilia del torneo, tuttavia, il paese organizzatore ha infine concesso l’ingresso a Mohannadi, ma quasi contemporaneamente lo ha vietato a cinque giornalisti qatarioti.
Tornando al calcio, la Coppa d’Asia di quest’anno riserva molte altre curiosità, a partire dai suoi allenatori italiani. La nazionale di casa è allenata da più di un anno da Alberto Zaccheroni, che vinse il torneo nel 2011 con il Giappone. Gli Emirati Arabi Uniti sono fra le nazionali con più presenze nella fase finale del torneo, ma il loro miglior risultato è ancora il secondo posto del 1996. In questa edizione dovranno inoltre fare a meno del loro miglior giocatore, il trequartista Omar Abdulrahman. Sono in un girone comunque alla loro portata formato da India, Thailandia e Bahrein.
L’India mancava dalla Coppa d’Asia dal 2011, anno in cui nelle tre partite giocate non andò mai in vantaggio e riuscì a resistere in condizioni di parità soltanto per diciassette minuti complessivi. È allenata da Stephen Constantine, inglese di origine cipriota, ex membro del consiglio del Bournemouth, che aveva già allenato l’India tra il 2002 e il 2005. In carriera è stato anche in Nepal, Sudan e Ruanda. Il giocatore di punta della squadra — la terza più giovane del torneo — è il centravanti Sunil Chhetri, autore di 65 gol in 104 presenze con la nazionale. L’altra componente del gruppo A, il Bahrein, in questi mesi sta affrontando un caso internazionale legato a un suo giocatore, Hakeem al-Araibi, detenuto da novembre in Thailandia, dove si era recato per una vacanza. Al-Araibi era precedentemente fuggito in Australia per evitare una condanna a dieci anni di carcere emessa in Bahrein nei suoi confronti per aver partecipato alle manifestazioni anti governative tra il 2011 e il 2014. Al-Araibi sostiene di essere stato torturato e il Bahrein continua a chiederne l’estradizione.
La detentrice del titolo è l’Australia, che dal 2006 ha lasciato la confederazione oceanica per quella asiatica, con risultati soddisfacenti in termini di crescita sportiva e competitività, come dimostrano le sue ormai regolari qualificazioni ai Mondiali. Negli Emirati è quindi tra le grandi favorite, anche se non avrà il suo regista, Aaron Mooy, infortunatosi in Inghilterra, e nemmeno il talentuoso esterno offensivo Daniel Arzani, di proprietà del Manchester City e in prestito al Celtic Glasgow. Viste le assenze dei due giocatori australiani con maggiore qualità, la Coppa d’Asia potrebbe essere un’altra occasione per assistere alla crescita del trequartista ventiseienne Tom Rogic, da tempo fondamentale nel Celtic dopo essere arrivato nel calcio professionistico con un programma speciale finanziato da Nike. L’Australia sarà in un girone completamente mediorientale formato da Siria, Palestina e Giordania, rispettivamente alla loro sesta, seconda e quarta partecipazione in Coppa d’Asia.
Il gruppo C è formato da Corea del Sud, Cina, Kirghizistan e Filippine. La Corea del Sud allenata dal portoghese Paulo Bento è una delle grandi favorite, forte anche della spinta data dalla vittoria dei Giochi asiatici. Insieme al Giappone, la Corea è la nazione asiatica con la maggior tradizione calcistica, e il suo campionato è da sempre un punto di riferimento per tutto il continente. Sarà interessante vederla giocare contro la Cina, ovvero il paese che negli ultimi anni è riuscito a raggiungere il suo livello, ma solo per quanto riguarda le squadre di club nelle competizioni continentali. Fra le nazionali c’è ancora un abisso, e Marcello Lippi è stato chiamato dalla federazione cinese per iniziare a colmarlo, dopo averlo fatto fra i club con il Guangzhou Evergrande, ora allenato da Fabio Cannavaro. Il Kirghizistan invece è al debutto, così come le Filippine, che per l’occasione hanno ingaggiato lo svedese Sven Goran Eriksson, allenatore dell’ultimo Scudetto vinto dalla Lazio.
Nel gruppo D ci sarà l’esordio dello Yemen e il ritorno del Vietnam dopo undici anni. Entrambe però hanno poche speranze di rientrare anche solo fra le quattro migliori terze, perché le altre due squadre sono Iran e Iraq. Una è la nazionale favorita, con il miglior ranking FIFA tra tutte le qualificate e viene da due Mondiali disputati; l’altra è la vincitrice del 2007.
L’Iran è ancora allenato dal portoghese Carlos Queiroz. È una squadra che ai Mondiali ha dato prova di poter reggere il confronto con squadre superiori grazie alla grande solidità del suo gruppo. Nella Coppa d’Asia potrà proporre di più sul piano del gioco e sarà guidata dai suoi due giocatori di maggior qualità, l’esterno Alireza Jahanbakhsh, che gioca in Premier League con il Brighton, e l’attaccante Sardar Azmoun, del Rubin Kazan. Il primo però viene da un infortunio e non sarà al meglio. L’Iraq è invece una squadra più debole, allenata dall’ex calciatore sloveno della Sampdoria Srecko Katanec. Fra i convocati c’è anche il terzino dell’Atalanta Ali Adnan, l’unico giocatore della Serie A presente in Coppa d’Asia.
Le attenzioni sul gruppo E sono tutte su Arabia Saudita e Qatar, nonostante ci sia anche la Corea del Nord. Arabia e Qatar sono in piena disputa per la vicenda dell’embargo ma sono anche i due paesi arabi che più stanno investendo nel calcio.
Prima di partecipare ai Mondiali, per esempio, l’Arabia Saudita raggiunse un accordo con la federazione spagnola per mandare alcuni dei suoi migliori calciatori a giocare la seconda metà di stagione fra la prima e la seconda divisione iberica. I Mondiali sono stati comunque pessimi, ma in Coppa d’Asia la nazionale saudita può arrivare fino in fondo, ancora sotto la guida dell’argentino Juan Antonio Pizzi. Le ambizioni del Qatar sono simili, ma le ridotte dimensioni del paese rendono tutto più complicato. La federazione può contare soltanto su poche migliaia di calciatori, e per questo motivo nell’ultimo decennio ha dato inizio a un piano per oltrepassare i suoi limiti. Il cuore di questo piano è ancora l’Aspire Academy, l’enorme accademia formativa di Doha che occupa decine di allenatori e preparatori occidentali — tra i quali l’italiano Valter Di Salvo, ex preparatore di Roma, Real Madrid e Manchester United, e l’esperto allenatore serbo Bora Milutinovic — e ogni anno seleziona talenti fra Africa e Medio-Oriente per poi offrire loro una preparazione di altissimo livello, con la possibilità di andare a giocare anche in Europa (possiede una squadra belga, l’Eupen). Come succede già per altri sport, alcuni di questi giovani vengono poi naturalizzati e integrati nella nazionale, che anche grazie a questo espediente è data fra le possibili sorprese del torneo.
L’ultimo girone, infine, è quello di un’altra grande favorita, il Giappone, protagonista di un buon Mondiale nonostante abbia cambiato allenatore a poche settimane dalla partenza per la Russia. La squadra si è ringiovanita ma rimane probabilmente la più esperta e competitiva del torneo, con tanti giocatori che giocano da tempo in Europa. Ci saranno particolari attenzioni per le prestazioni del talentuoso attaccante del Salisburgo, Takumi Minamino. L’altra squadra più quotata del girone F è l’Uzbekistan allenato dall’argentino Hector Cuper, che l’anno scorso aveva riportato ai Mondiali l’Egitto dopo ventisette anni di assenza. Le altre due squadre del girone sono l’Oman e il Turkmenistan.