In Bosnia ci sono proteste da mesi
La morte di un ventunenne in circostanze misteriose ha innescato grandi manifestazioni di piazza contro la polizia e il governo
Il 24 marzo scorso la polizia di Banja Luka, una città della Bosnia serba, trovò il corpo di un uomo nel fiume Crkvena, non lontano dal centro storico: era quello del 21enne David Dragičević, scomparso sei giorni prima alla fine di una serata passata con gli amici. Dopo le prime indagini, la polizia disse che la sera del 18 marzo Dragičević era stato coinvolto in una rissa con altri uomini in un bar di Banja Luka, aveva fatto una rapina e poi, tornando a casa, era caduto da un piccolo ponte sopra il fiume Crkvena, annegando. La famiglia di Dragičević, in particolare il padre, Davor Dragičević, disse di non credere alla versione della polizia, accusò le autorità di coprire i responsabili di quello che considerava un omicidio e cominciò a organizzare proteste quotidiane di piazza.
Da allora la morte di Dragičević è diventata un caso nazionale: le manifestazioni per chiedere verità e giustizia si sono diffuse in altre città bosniache e la polizia è intervenuta arrestando decine di persone, tra cui il padre di Dragičević, che da qualche giorno è scomparso. Della questione si sono occupati anche il Parlamento serbo bosniaco e il presidente di turno della Bosnia, il serbo nazionalista Milorad Dodik, che si è espresso con parole dure contro i manifestanti. È una storia complicata, che ha fatto emergere la frustrazione di molti cittadini bosniaci verso l’inefficienza del loro sistema statale e che non sembra essersi ancora esaurita.
Nonostante la morte di David Dragičević sia diventato un caso discusso in tutto il paese, le proteste e le maggiori tensioni si sono concentrate a Banja Luka, città della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, una delle due principali entità in cui è divisa la Bosnia: nella Bosnia serba abitano prevalentemente i serbi (ortodossi), come la famiglia di Dragičević, mentre nella Federazione della Bosnia ed Erzegovina, l’altra entità, abitano soprattutto i bosgnacchi (musulmani) e i croati (cattolici).
Le proteste a Banja Luka sono iniziate poco dopo il ritrovamento del cadavere di David Dragičević, quando la polizia parlò per la prima volta di «morte accidentale».
Secondo il medico patologo Željko Karan, Dragičević aveva diversi ematomi sul corpo, probabilmente causati dai colpi ricevuti durante la rissa del 18 marzo; aveva anche ferite sulle mani post-mortem, forse provocate dall’impatto del corpo contro le rocce del fiume. Karan non escluse che gli ematomi riscontrati sul corpo di Dragičević potessero essere stati causati in un momento successivo alla rissa, ma il dubbio non fu considerato dalla polizia sufficiente a continuare le indagini. La famiglia sostenne invece che Dragičević fosse stato ucciso e disse di avere le prove. La madre raccontò che la sera del 18 marzo ricevette un messaggio da David, suo figlio, che le diceva: «Se mi succede qualcosa, il responsabile sarà F. Ć.», cioè le iniziali dell’uomo che la famiglia ha individuato come una figura pubblica conosciuta ma di cui non ha rivelato l’identità (non è ben chiaro quali informazioni maneggi la famiglia, né quale grado di certezza abbia per accusare persone specifiche).
Secondo i familiari di Dragičević, la polizia locale e il ministro dell’Interno della Repubblica Serba, Dragan Lukač, chiusero il caso come «morte accidentale» per coprire il presunto crimine compiuto da questa persona.
A maggio le proteste quotidiane organizzate a Banja Luka da Davor Dragičević, padre di David, spinsero il Parlamento locale a prendere l’iniziativa e a creare una specie di commissione d’inchiesta che indagasse sull’accaduto. A giugno la commissione concluse che c’erano diversi elementi per poter parlare di omicidio e non di morte accidentale, ma il rapporto finale fu bocciato dal Parlamento locale, controllato dalle forze vicine al serbo nazionalista Milorad Dodik, all’epoca dei fatti presidente della Repubblica Serba e oggi uno dei tre presidenti della Bosnia ed Erzegovina. Dopo la decisione del Parlamento le indagini si fermarono, ma non le proteste.
Nei mesi successivi le manifestazioni sono proseguite a Banja Luka e si sono estese anche ad altre città bosniache, tra cui Sarajevo. I manifestanti hanno iniziato a chiedere non solo giustizia per Dragičević, ma anche la fine di una serie di pratiche molto diffuse in Bosnia, come la corruzione e la continua violazione dello stato di diritto. Alle proteste si sono aggiunti nel corso dei mesi anche attivisti e leader dell’opposizione, senza però che emergessero novità sulla morte di Dragičević.
La situazione si è aggravata negli ultimi dieci giorni. A Natale la polizia è intervenuta durante una manifestazione a Banja Luka arrestando diverse persone. Il 30 dicembre i manifestanti hanno impedito che in città si realizzasse un concerto di un cantante folk locale, e il giorno successivo il sindaco Igor Radojičić ha ordinato la cancellazione degli eventi in programma per la notte di Capodanno, per ragioni di ordine pubblico: «A mezzanotte Banja Luka starà in silenzio per la prima volta dai tempi della guerra», ha detto in una conferenza stampa, riferendosi al conflitto che si combatté in Bosnia tra il 1992 e il 1995. Il 31 dicembre il presidente Milorad Dodik ha accusato il Regno Unito di finanziare le proteste di piazza e ha detto che si erano superati «tutti i limiti». Le autorità serbo bosniache hanno emanato mandati di arresto per diverse persone che avevano partecipato alle manifestazioni il giorno precedente, tra cui il parlamentare serbo bosniaco di opposizione Draško Stanivuković e Davor Dragičević, il padre di David, che però da allora è scomparso.
La polizia ha negato di averlo arrestato e la famiglia dice di non sapere niente d lui. L’1 gennaio ha cominciato a circolare la notizia che Dragičević si fosse nascosto all’ambasciata del Regno Unito a Sarajevo, ma l’ambasciatore britannico Matthew Field ha smentito tutto.
Negli ultimi giorni la polizia di Banja Luka ha vietato le proteste, senza riuscire però a fermarle: questa volta a organizzarle è stata Suzana Radanovic, madre di David Dragičević, che ha detto: «Ho letto che Davor è all’ambasciata britannica, che il suo avvocato ha contattato i magistrati. Non ne so niente. È scomparso. Non so cos’altro fare. Il loro obiettivo è distogliere l’attenzione della gente dall’omicidio di David Dragičević. Non voglio più parlare della polizia e delle torture che compie. Stiamo ritornando all’inizio e al perché siamo qui: per chiedere verità sul rapimento e sull’omicidio di mio figlio».