Perché ci piacciono i fuochi d’artificio
Forse perché ci spaventano, forse perché ci fanno vedere colori a cui non siamo abituati
I fuochi d’artificio sono luminosi, colorati, si vedono e si sentono da lontano: potrebbero bastare queste osservazioni per spiegarsi perché piacciano alle persone. Come per molte altre cose, però, psicologi e neuroscienziati hanno teorie più complesse per interpretare il fascino prodotto da questo genere di spettacoli. Non ci sono studi definitivi sul tema, ma molte idee: alcune riconducono l’attrazione per i fuochi d’artificio alla preistoria e a come si sviluppò il cervello umano molto prima che i primi spettacoli pirotecnici fossero realizzati nella Cina medievale. Altre invece riguardano il gusto per le cose che ci spaventerebbero se non ne avessimo il controllo.
Secondo una delle teorie, i fuochi d’artificio ci piacerebbero come ci piace il fuoco, che è stato determinante per la nostra evoluzione cognitiva e culturale e per cui, secondo alcuni studi di psicologia, proviamo un’attrazione innata che aiutò i nostri antenati a imparare come dominarlo. Secondo gli studi di Daniel Fessler, un antropologo dell’Università della California, la fascinazione per il fuoco tra gli adulti esiste solo nelle società sviluppate, dove da bambini solo pochi imparano ad accendere e gestire il fuoco: per tutti gli altri resta una cosa affascinante perché fuori dal proprio controllo. Secondo un’altra teoria la vista del fuoco produrrebbe una sensazione positiva, di gratificazione, per via dei vantaggi che il fuoco dava ai nostri antenati, permettendo loro di scaldarsi, essere protetti dagli animali selvatici e cuocere il cibo.
La teoria più diffusa però è che i fuochi d’artificio ci piacciano (a meno che in passato non abbiamo avuto traumi legati a esplosioni o rumori forti) perché ci spaventano ma al tempo stesso non ci mettono in pericolo, come ci piace guardare qualcuno che pratica uno sport estremo o fare un giro sulle montagne russe. Questa paura che gli adulti provano guardando i fuochi d’artificio è però diversa da quella che provano i cani o i bambini piccoli, spaventati dai rumori forti causati dagli spettacoli pirotecnici. Secondo Daniel Glaser, neuroscienziato del King’s College di Londra, la cosa che ci fa paura è l’intervallo tra l’esplosione di luce e il rumore dello scoppio: anche se sappiamo che il secondo seguirà la prima, non siamo in grado di prevedere il momento esatto.
Studi di psicologia hanno dimostrato che sapere che sta per succedere qualcosa di spaventoso o doloroso, per esempio una puntura dal medico, rende il dolore più forte o lo shock peggiore. La suspense dunque genera paura; a livello cerebrale sapere che sta per succedere qualcosa attiva l’amigdala, una delle parti più antiche del cervello, quella che serviva ai nostri antenati per fuggire dai predatori. Nel caso dei fuochi d’artificio però abbiamo il controllo della situazione e quindi è una paura divertente. Sentire il rumore degli scoppi dei fuochi d’artificio infatti provoca il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore che regola le sensazioni di piacere, dato che siamo in grado di prevedere quello che starà per succedere e sappiamo che non ci danneggerà. Nel caso dei fulmini durante i temporali le cose funzionano diversamente, perché non sappiamo bene quanto sarà forte il rumore dei tuoni, né quanto sarà vicino il fulmine successivo.
Glaser ha spiegato che questo stesso effetto viene usato nella musica quando una nota è prolungata mentre l’armonia sottostante cambia. In quel caso la tensione che si crea si risolve soltanto quando l’armonia cambia di nuovo tornando a combinarsi con la nota sospesa.
Glaser ha comunque anche un’altra idea sul perché ci piaccia guardare i fuochi d’artificio, che non riguarda il loro rumore, ma i loro colori. Non siamo abituati a vedere colori simili a quelli delle luci dei fuochi d’artificio: le inaspettati e veloci apparizioni dei diversi colori dei fuochi, generati dalle sostanze chimiche usate per realizzarli, non sono molto comuni e quindi attirano in particolar modo la nostra attenzione. Inoltre, sempre secondo Glaser, solitamente i colori che vediamo sono creati dalla riflessione della luce sugli oggetti che ci circondano, mentre i fuochi d’artificio sono sorgenti di luce in movimento: come le stelle cadenti e le lucciole ci appaiono magici.