Hubble e la disparità di genere

Per anni le richieste presentate dai ricercatori uomini per usare il telescopio spaziale sono state privilegiate rispetto a quelle delle donne: ora un nuovo sistema sta migliorando le cose

Il telescopio spaziale Hubble, in orbita intorno alla Terra (NASA)
Il telescopio spaziale Hubble, in orbita intorno alla Terra (NASA)

Nei suoi 28 anni di attività, il telescopio spaziale Hubble in orbita intorno alla Terra ci ha permesso di scoprire galassie lontane, stelle in formazione e di studiare alcuni dei più importanti fenomeni dell’Universo. Il centro che lo gestisce, lo Space Telescope Science Institute (STScl) nel Maryland (Stati Uniti), qualche anno fa ha notato però di aver favorito notevolmente le richieste di ricerca presentate dagli uomini rispetto a quelle delle donne. Dopo una lunga revisione – e un blind test che ha confermato i sospetti di discriminazione – ha quindi deciso di sperimentare un nuovo sistema di valutazione delle richieste, risolvendo un problema ormai evidente di disparità di genere.

I grandi telescopi in giro per il mondo appartengono di solito a enti di ricerca o consorzi, che mettono a disposizione dei ricercatori periodi di tempo limitati per compiere le loro osservazioni, un po’ come se affittassero lo strumento. Hubble funziona con la stessa logica e spetta alle commissioni scientifiche dell’STScl decidere a chi affidare il telescopio spaziale, e per quanto tempo. Essendo tra i più ambiti osservatori spaziali oggi disponibili, Hubble riceve in media un migliaio di richieste ogni anno: la competizione è molto alta e porta alla selezione di appena 200 proposte. Ed era in questo meccanismo che le cose non funzionavano in modo paritario tra ricercatori e ricercatrici.

Come spiega l’Atlantic, già nel 2014 i responsabili dell’STScl notarono un andamento poco incoraggiante: dal 2001, erano state approvate molte più richieste di ricerca di scienziati uomini rispetto alle donne. Il sistema prevedeva che i revisori conoscessero le identità dei richiedenti, compreso il loro genere, mentre questi ultimi non sapevano nulla su chi avrebbe valutato le loro richieste. Un meccanismo simile è impiegato in numerosi enti di ricerca, ma all’STScl si chiesero se fosse la soluzione più idonea per garantire valutazioni imparziali a prescindere dal genere.

Per verificare i sistemi di selezione, lo scorso anno l’STScl propose ad alcuni ricercatori esterni di assistere ai processi di selezione. Questi notarono che in circa metà dei casi ci fossero ricorrenti riferimenti agli autori delle richieste, più che alle ricerche scientifiche che li avevano portati a formulare la domanda. I riferimenti erano spesso a esperienze passate avute con particolari ricercatori, ad altri loro lavori o più in generale a quanto fossero conosciuti. I membri esterni ritennero che il processo di selezione non fosse imparziale e suggerirono di passare a un sistema basato sull’anonimato.

Nel 2018 è stato sperimentato un sistema diverso per rivedere le proposte presentate per Hubble, che ha previsto di nascondere quasi tutte le informazioni sugli autori delle richieste. Su 315 proposte presentate da gruppi di ricerca guidati da uomini ne sono state scelte 28, nel caso delle 138 presentate da gruppi guidati da donne la scelta è ricaduta su 12. Per gli uomini la percentuale è stata pari all’8 per cento, per le donne all’8,7 per cento.

Durante la nuova selezione, gli osservatori esterni hanno notato come il confronto tra gli esaminatori fosse molto più concentrato sulle ricerche e non su chi le avesse realizzate. Gli stessi membri della commissione hanno detto di essersi sentiti molto più liberi nelle loro scelte. A loro disposizione c’erano documenti aggiuntivi per avere qualche informazione in più sugli autori delle richieste, ma nella maggior parte dei casi non sono stati utilizzati.

Naturalmente è ancora presto per dire se fosse solamente il processo di selezione a determinare una così marcata differenza di genere, considerato che il nuovo sistema è stato sperimentato da poco tempo e non ci sono ancora serie di dati sufficienti. Il problema è però comune ad altri osservatori, dove diversi studi hanno evidenziato come le richieste delle ricercatrici siano spesso penalizzate rispetto a quelle dei gruppi di ricerca guidati da uomini. Qualcosa di analogo avviene in altri ambiti della ricerca, dove da tempo si discute di rivedere i processi di selezione privilegiando l’anonimato. La rivista Nature fa già qualcosa di simile, dando la possibilità a chi effettua le revisioni degli articoli scientifici di scegliere tra il sistema classico e quello anonimo. Il primo è ancora privilegiato rispetto al secondo, a volte per motivi pratici e per avere un quadro più completo sulle attività dei ricercatori coinvolti.

Intanto all’STScl hanno deciso di proseguire con l’esperienza delle revisioni nascondendo identità e genere dei richiedenti. La decisione dovrebbe rendere più imparziale l’assegnazione del tempo per il telescopio ai vari gruppi di ricerca.

Il tempo di Hubble è sempre stato molto ambito, ma lo sta diventando ancora di più con l’avanzare della sua età. Il telescopio spaziale è durato molti più anni del previsto e continua a funzionare, anche se a volte alcune anomalie ricordano ai ricercatori quanto siano invecchiati i suoi sistemi. Non è possibile prevedere con esattezza quanto potrà ancora durare Hubble; un giorno sarà sostituito dal telescopio spaziale James Webb, progetto che ha però subìto innumerevoli ritardi e che non sarà pronto per il lancio prima del 2021. Il tempo di Hubble è quindi diventato ancora più prezioso per i ricercatori, rendendo ancora più importante la selezione imparziale delle loro proposte.