L’ultima scuola di perfezionamento per “signorine” della Svizzera
Si trova sul lago di Ginevra, e da sessant'anni insegna tutto quello che una donna dell'alta società dovrebbe sapere
L’Institut Villa Pierrefeu è l’ultima scuola di perfezionamento “per signorine” della Svizzera, dove si insegnano l’etichetta e le buone maniere. Ospitata all’interno di un tradizionale chalet svizzero costruito nel 1911 da una baronessa olandese, la scuola si trova a Glion, un piccolo paese sul lago di Ginevra vicino alla città di Montreux nel canton Vaud, che si raggiunge solo con una funicolare. Venne fondata dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1954, e all’epoca era considerata all’avanguardia rispetto agli altri istituti per giovani donne di buona famiglia che popolavano la Svizzera già dagli anni Venti. Oggi è l’unico istituto di questo tipo ancora attivo: offre corsi sia invernali che estivi per tutte le donne che vogliono imparare come comportarsi in quella che una volta veniva definita “l’alta società”.
Un tempo la Svizzera era famosa a livello internazionale per questo tipo di scuole. Alcune sono state frequentate da principesse e first lady, ma negli anni sono state tutte chiuse. Ora è rimasta soltanto Villa Pierrefeu e secondo la sua direttrice, Viviane Neri, molto è dovuto alla riservatezza della scuola – che si arriva a conoscere quasi esclusivamente per passaparola – e alla portata internazionale dei corsi, che tra le altre cose insegnano come comportarsi durante una cena di gala con dignitari della Nigeria o come invece con quelli del Giappone.
Se all’inizio del Novecento le scuole di buone maniere erano frequentate soprattutto dalle figlie della cosiddetta “buona società europea”, aristocratiche e borghesi, che aspiravano a sposarsi, verso gli anni Settanta le europee erano sempre meno e a Villa Pierrefeu iniziarono ad arrivare studentesse dall’America Latina, dal Medio Oriente, dall’India, dalla Cina, dal Giappone, e anche dalla Russia. Sono soprattutto ereditiere, figlie di oligarchi russi o di imprenditori arabi del petrolio, ma ci sono anche donne in carriera, CEO di grandi società o aspiranti tali, che hanno deciso di raffinare le proprie maniere. L’obiettivo non è più trovare un uomo benestante per sposarsi, ma piuttosto imparare a gestire la ricchezza che si sono costruite o che hanno ereditato e comportarsi di conseguenza.
Quest’estate Alice Gregory, una giornalista del New Yorker, è andata a Glion per passare una settimana a Villa Pierrefeu e, con malcelata ironia, ha raccontato il tipo di donna che sceglie di frequentare i corsi di buone maniere e l’atmosfera che c’è da quelle parti. «Con più di 60 anni di esperienza», ha scritto Gergory, «l’Institut Villa Pierrefeu è la tradizionale scuola di perfezionamento che il mondo si aspetta dalla Svizzera. Elegante, esclusiva e affascinante, ti prepara per un ruolo nel mondo del business e nella società, aiutandoti a diventare più efficace in un ambiente multiculturale».
Tra le alunne che frequentavano il corso estivo di sei settimane – per un costo di 30 mila dollari – a cui ha partecipato per una settimana anche Gregory, le europee erano solo tre: una giovane ragazza portoghese, una rumena, ex assistente di volo di Emirates, e una donna ucraina che al momento vive a Singapore e investe in criptovalute. C’erano poi una canadese, una manager di Dubai, un’avvocato dall’India, e un’ingegnere chimico dalla Nigeria. Alcune studentesse provenivano dal Kuwait, dall’Arabia Saudita, dalla Cina e dal Messico e una, appena laureata alla Harvard Business School, dall’Honduras.
Durante tutta la sua permanenza a Gregory è stato gentilmente vietato di fare fotografie; nel descrivere le lezioni della scuola, non ha trattenuto il suo scetticismo verso un’istituzione che sembra essere stata immune dalle rivendicazioni femminili dell’ultimo secolo.
Villa Pierrefeu offre corsi tutto l’anno (per gli interessati questo è il sito della scuola), ma durante la sessione estiva frequentata da Gregory erano previste le lezioni di un fiorista austriaco per le composizione floreali, quelle di un consulente di etichetta del Guatemala e quelle di un ex direttore della comunicazione della Nestlé. «Un pomeriggio», ha raccontato Gregory, «John Robertson – un maggiordomo che prima lavorava per il duca e la duchessa di Northumberland e che era appena arrivato in Europa dopo un viaggio di sette giorni attraverso l’Atlantico sulla [nave da crociera] Queen Mary 2 – ha tenuto una lezione su come assumere e gestire lo staff». Secondo la descrizione molto dettagliata di Gregory, Robertson quel giorno indossava delle scarpe di pelle a doppia fibbia con la punta a coda di rondine, dei pantaloni «impeccabili», una camicia a quadretti blu e bianchi con i polsini alla francese e un cappello «che si è tolto mentre entrava nella classe appoggiandolo sopra un volume illustrato dedicato al castello di Alnwick [la dimora dei duchi di Northumberland]».
Durante la lezione Robertson aveva istruito le allieve di Villa Pierrefeu sulle «dieci funzioni dei domestici», che tra le altre cose includono la sicurezza e la manutenzione del giardino. Robertson aveva spiegato come fosse fondamentale far sapere ai domestici le proprie preferenze – «Come vi piace che il letto sia fatto? Perché se non lo sapete, la vostra governante lo farà in qualsiasi modo abbia imparato a farlo» – e aveva fornito alle allieve una lista di domande da fare a un potenziale maggiordomo per testare la sua preparazione: «Dove metteresti la forchetta da ostrica?», «Potresti farmi un Martini liscio?». Un buon giardiniere dovrebbe saper dire qual è il suo catalogo di semi preferito, ha spiegato. Mentre per la governante bisognerebbe preparare un questionario specifico per capire come pulirebbe un pavimento in parquet senza rovinarlo: «Perché il problema non è il costo [del parquet]» aveva detto Robertson con un sospiro, «è l’inconveniente».
Villa Pierrefeu venne fondata dalla madre dell’attuale direttrice nel 1954: «Mia madre non ha mai apprezzato il termine “scuola di perfezionamento”», ha spiegato la direttrice a Gregory, «perché ha così tanti significati per così tante persone. Gli inglesi [che usano il temine finishing school] pensano che sia un posto per le donne troppo stupide per andare all’università».
La didattica di Villa Pierrefeu venne impostata secondo idee che negli anni Cinquanta potevano sembrare rivoluzionarie, in anticipo sui tempi e per un certo verso femministe. Non c’erano solo corsi di buone maniere, ma anche corsi di lingua e di cultura, così come corsi di cucina vegetariana e di quella che oggi verrebbe considerata educazione sessuale. Per la madre di Neri insegnare come mandare avanti una casa era un fattore secondario, che doveva lasciare il tempo di leggere, suonare il piano, imparare le lingue.
All’inizio le studentesse erano soprattutto olandesi o della Germania dell’Ovest. Le francesi snobbavano la Svizzera, come ha spiegato la direttrice a Gregory: «andavano piuttosto in Inghilterra, perché è una monarchia, e non un paese di contadini». Una volta la scuola ospitò anche la cugina dell’Imperatore del Giappone. «Mia madre voleva che le sue studentesse conoscessero gli altri paesi e le altre culture, cosa che all’epoca era piuttosto innovativa. Pensava che fossimo troppo etnocentrici in Europa», ha spiegato a Gregory. «Molti guardano alla Francia e all’Inghilterra, ma ci sono anche altre culture che sono ben più antiche e che hanno un’arte altrettanto bella e raffinata e noi non dovremmo guardarle dall’alto in basso».
Originaria di Zurigo, Neri ha frequentato le scuole in Inghilterra e ha fatto l’università in California. È tornata in Svizzera per sposarsi e per assumere la direzione di Villa Pierrefeu. «Era il 1972!», un anno dopo l’approvazione del suffragio universale in Svizzera e nel pieno delle rivolte studentesche, ha raccontato: «il numero delle iscritte era crollato. Quelle che venivano a frequentare dei corsi non volevano farlo sapere ai propri amici. Dicevano semplicemente di essere andate via a fare un corso di lingua». E anche adesso questa segretezza è comune tra le alunne di Villa Pierrefeu, che si conoscono solo con il nome di battesimo.
Villa Pierrefeu non è forse adatta per le persone comuni, per cui tutto questo può risultare antiquato e fin troppo costoso, ma è scelta da donne che hanno effettivamente bisogno di sapere come disporre le porcellane e gli argenti su una tavola o come intrattenere gli ospiti durante un ricevimento.
Maria Baibakova è la figlia dell’oligarca russo Oleg Baibakov e si è fatta strada nel mondo dell’arte aprendo gallerie d’arte a New York, Londra e Mosca. Nel 2010 il New Yorker la definì la “Peggy Guggenheim della Russia” e nel 2015 il suo matrimonio venne inserito nel numero di novembre di Vogue Russia. Prima di sposarsi – e dopo aver completato un master alla Harvard Business School – Baibakova aveva frequentato un corso a Villa Pierrefeu e ne aveva parlato nella rubrica che tiene per Tatler Russia, la rivista di moda e cronaca rosa pubblicata da Condé Nast.
Nel suo articolo Baibakova spiegava come in fondo le «buone maniere semplificano la vita»: spiegano come mangiare una banana con le posate, evitando imbarazzi in pubblico, e come organizzare un evento in cui l’ospite d’onore è la principessa Eugenia del Regno Unito. «Dopotutto, non importa se siete alla Casa Bianca o nella dacia di qualcuno, sia che usiate un servizio di piatti di Hermes o uno di IKEA, l’osservanza delle regole di servizio renderà ogni serata perfetta».
Dopo aver frequentato i corsi di etichetta Baibakova era stata anche protagonista di un piccolo incidente diplomatico perché, sempre su Tatler Russia, consigliò alle sue lettrici di non assumere domestici filippini. A suo dire era una lezione che aveva appreso all’Institut Villa Pierrefeu in una delle classi del maggiordomo John Robertson e il suo intento era solo quello di spiegare ai russi come trattare in modo corretto il proprio staff e di condividere le migliori pratiche occidentali della gestione di una tenuta. In fondo, come conclude il suo pezzo per il New Yorker Alice Gregory, citando una delle alunne conosciute in Svizzera, «l’etichetta non è qualcosa che impari per te stessa, ma qualcosa che fai per gli altri».