Perché l’Italia continua a permettere la vendita di armi all’Arabia Saudita?
Nonostante l'omicidio di Jamal Khashoggi e le successive pressioni internazionali: c'entra un'azienda con sede in Sardegna
Dopo l’omicidio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, diversi paesi europei hanno imposto alle proprie aziende il divieto di continuare a vendere armi all’Arabia Saudita, paese che da più di tre anni è impegnato a combattere una disastrosa guerra in Yemen. L’uomo più potente della famiglia reale saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman, è infatti considerato il mandante dell’omicidio Khashoggi: contro di lui cui si è schierata parte della comunità internazionale, che da settimane sta cercando il modo di applicare eventuali ritorsioni, tra cui proprio l’embargo sulla vendita di armi.
Uno dei paesi che vende armi all’Arabia Saudita è l’Italia, tramite un’azienda di proprietà tedesca con sede in Sardegna. La RWM, questo è il nome dell’azienda, vende un tipo di bomba che l’esercito saudita impiega nella guerra in Yemen anche contro i civili, e che in passato è stata oggetto delle inchieste di Reported.ly (tradotta integralmente in italiano sul Post) e del New York Times. Secondo la legge italiana e il diritto internazionale, sostengono diversi analisti ed esperti, le attività di RWM sarebbero illegali, perché l’Italia è soggetta a diverse norme che vietano di vendere armi a un paese impegnato in un conflitto armato, com’è il caso dell’Arabia Saudita. I governi italiani hanno però continuato a concedere le licenze a RWM, trovando diversi escamotage. E nonostante in passato il Movimento 5 Stelle si sia espresso contro la vendita di armi all’Arabia Saudita, sembra che le cose continueranno così anche in futuro, soprattutto per volontà della Lega.
È una storia complicata, anche per le scarse informazioni che si hanno sulle attività di RWM, e i cui ultimi sviluppi sono stati ricostruiti da un’inchiesta realizzata dalla giornalista Silvia Sciorilli Borrelli e pubblicata su Politico.
RWM Italia S.p.a. è una società di proprietà al 100 per cento della tedesca Rheinmetall, la principale azienda tedesca che produce armi. Da qualche settimana Rheinmetall non può più vendere armi all’Arabia Saudita, perché la Germania è uno dei paesi europei ad avere introdotto l’embargo alle proprie aziende come ritorsione per l’omicidio di Khashoggi. Il divieto tedesco non ha colpito però RWM, che ha la sede legale registrata in Italia e che ha potuto continuare a fare affari con la famiglia reale saudita. Secondo quanto riportato da alcuni documenti portuali e dall’ex presidente della Sardegna Mauro Pili (di centrodestra e contrario alle attività di RWM), il carico di armi più recente diretto verso l’Arabia Saudita ha lasciato il porto di Cagliari alle 10 di mattina del 21 dicembre, a bordo della nave Rosa dei Venti. Pochi giorni prima, il 18 dicembre, un altro carico di armi aveva lasciato il porto di Cagliari sempre a bordo della stessa nave e si era diretto verso il porto toscano di Marina di Carrara. Da lì sarebbe stato trasportato usando dei camion al porto di Genova, in Liguria, e ricaricato su una nave diretta in Arabia Saudita. Lo stesso percorso avrebbe fatto un precedente carico partito a novembre, ha detto Pili citando sue fonti del porto di Cagliari e di RWM.
Per RWM, il mercato saudita è di enorme importanza. La società ha firmato un contratto per la fornitura di armi con l’Arabia Saudita nel 2016: i termini dell’accordo prevedono un giro di affari di 411 milioni di euro. Nel 2017 i profitti di RWM sono aumentati di 20 milioni di euro (da 70 a 90) rispetto all’anno precedente. Secondo due persone che sono a conoscenza dei piani dell’azienda, e che hanno parlato con Politico pur volendo rimanere anonime, RWM avrebbe l’intenzione di triplicare la sua capacità produttiva di modo da poter fabbricare 15mila bombe all’anno. A novembre le autorità sarde responsabili della gestione dell’area dove si trovano gli stabilimenti di RWM, nella provincia di Carbonia-Iglesias, hanno autorizzato la costruzione di nuovi magazzini che saranno usati dall’azienda: non è chiaro se questa decisione sia legata al presunto aumento della produzione citato da Politico.
Nonostante le enormi polemiche successive all’omicidio Khashoggi, il governo italiano non ha preso alcun provvedimento contro la vendita di armi all’Arabia Saudita, a differenza di altri paesi europei, tra cui Spagna e Germania.
La decisione ha attirato diverse attenzioni, anche perché negli ultimi anni il Movimento 5 Stelle era stato molto chiaro nell’esprimere la sua opposizione alla vendita di armi verso l’Arabia Saudita. Nel 2016, dopo che fu approvato il contratto di oltre 400 milioni di euro, diversi esponenti del M5S tennero una conferenza stampa in Parlamento per criticare l’accordo, sostenendo che violasse le leggi italiane e internazionali. Lo scorso settembre, quindi prima che Khashoggi fosse ucciso, il vice presidente del Consiglio e leader politico del M5S Luigi Di Maio disse che l’Italia non avrebbe più esportato armi ai paesi in guerra, posizione poi ribadita dal senatore Stefano Lucidi (M5S). Gli argomenti del M5S erano considerati validi da diversi osservatori e attivisti, visto che – come detto – la legge italiana e il diritto internazionale vietano di vendere armi a un paese impegnato in un conflitto armato.
Dopo l’omicidio Khashoggi, il 2 ottobre scorso, le pressioni europee e internazionali per vietare la vendita di armi ai sauditi sono aumentate, ma la posizione del governo italiano è rimasta in linea con quella adottata dai governi precedenti. All’inizio di dicembre il senatore del M5S Gianluca Ferrara aveva detto che il suo partito era ancora favorevole a vietare il trasferimento di armi all’Arabia Saudita, ma che la Lega si opponeva: e visto che la questione non era stata inserita nel “contratto di governo” tra i due partiti, non se ne sarebbe fatto niente. L’opposizione della Lega, ha scritto Politico, sarebbe spiegata soprattutto da ragioni economiche: Carbonia-Iglesias è una delle province più povere d’Italia e RWM dà lavoro a moltissime persone. Sembra inoltre che nelle ultime settimane il M5S abbia cominciato a cambiare idea sulla questione, allineandosi alle posizioni della Lega. Il 18 dicembre, infatti, Manlio Di Stefano (M5S), sottosegretario agli Affari esteri, ha detto che vendere armi all’Arabia Saudita non poteva essere considerata una violazione delle leggi nazionali.