I morti per lo tsunami in Indonesia sono almeno 373
I soccorsi per aiutare gli oltre mille feriti proseguono, tra grandi difficoltà e centinaia di edifici distrutti
Sulle isole di Sumatra e Giava, in Indonesia, proseguono le attività dei soccorritori dopo lo tsunami di sabato 22 dicembre, che ha causato la morte di almeno 373 persone e il ferimento di altre 1.450. Secondo la National Disaster Mitigation Agency, citata da diverse fonti, le vittime erano soprattutto vacanzieri locali che si trovavano sulle spiagge delle province indonesiane di Lampung e Banten. Le ondate sono state causate dal crollo di parte del fianco del vulcano Anak Krakatoa, con la caduta in mare di un’enorme quantità di rocce e detriti. Il vulcano è eruttato nuovamente domenica 23 dicembre: le autorità locali non escludono che possa causare un nuovo tsunami e hanno invitato la popolazione a non avvicinarsi alla costa.
Le attività di soccorso nelle aree costiere interessate dallo tsunami sono complicate dalla presenza di grandi danni lungo le strade, con aree isolate e inaccessibili. Il portavoce dell’Agenzia per la gestione dei disastri naturali in Indonesia, Sutopo Purwo Nugroho, ha spiegato che non si possono escludere nuovi tsunami a causa dell’intensa attività vulcanica dell’Anak Krakatoa. Parlando delle ondate di sabato, ha detto che il sistema di allerta tsunami utilizzato dall’Indonesia funziona solamente per i terremoti (seppure con gravi carenze), mentre non ci sono strumenti adatti per rilevare frane sottomarine.
Lo tsunami si è verificato sabato intorno alle 21:30 locali (le 15:30 in Italia) durante una giornata di festa. A differenza di altri eventi simili in passato, non ci sono state molte avvisaglie dell’arrivo dell’ondata. L’acqua lungo le coste non si è ritirata, come avviene di solito per uno tsunami causato da un terremoto, così come non sono stati rilevati fino all’ultimo particolari eventi nei pressi del vulcano.
Le ondate hanno distrutto centinaia di edifici lungo la coste, spostando veicoli e sradicando alberi. Alcuni resort sono stati quasi completamente distrutti, come quello di Tanjung Lesung Beach. Al suo interno era in corso un concerto quando l’acqua è arrivata travolgendo le persone sul palco e decine di spettatori.
L’Anak Krakatoa è considerato “il figlio” del più famoso Krakatoa, il vulcano che alla fine dell’Ottocento produsse una gigantesca eruzione, la più violenta mai registrata nella storia umana. Secondo le cronache dell’epoca, produsse ondate alte più di 40 metri e causò la morte di almeno 30mila persone, migliaia delle quali uccise dal fumo e dalle polveri incandescenti. Si stima che l’eruzione sprigionò un’energia pari a 13mila volte quella prodotta dalla bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945. L’anno seguente, a causa della grande quantità di polveri rimasta nell’atmosfera, la temperatura globale si abbassò di circa 1 °C.
Finora l’Anak Krakatoa ha mantenuto un comportamento meno turbolento rispetto al suo antenato, ma la sua attività proseguiva comunque da diverso tempo e i locali erano abituati a vederne fumare il cratere e ad assistere a qualche eruzione. Dalle prime rilevazioni satellitari si ipotizza che sia collassata parte del fianco ovest-sudovest del vulcano, con la conseguente caduta in acqua di milioni di tonnellate di rocce e detriti, che hanno poi causato lo tsunami.