In Germania ha chiuso l’ultima miniera di antracite
È un tipo di carbone molto inquinante la cui estrazione servì a far ripartire il paese dopo la Seconda guerra mondiale
Tre giorni fa ha chiuso la miniera di Prosper-Haniel, nella regione tedesca della Renania settentrionale-Vestfalia: era l’ultima miniera di antracite della Germania, un particolare tipo di carbon fossile molto redditizio e dal tipico colore nero lucido. Per la Germania, è stato un giorno molto significativo dal punto di vista simbolico: le miniere nel secondo Dopoguerra avevano dato lavoro a milioni di persone e permesso di fatto la ricostruzione del paese. L’antracite, poi, veniva usata soprattutto per alimentare le fabbriche di acciaio della Ruhr, che sono state alla base della rinascita economica del paese.
La cerimonia di chiusura di Prosper-Haniel si è tenuta alla presenza del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier e del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. I minatori hanno consegnato a Steinmeier l’ultimo pezzo di carbone estratto dalla miniera. «Un pezzo della storia della Germania è arrivato alla fine» ha detto Steinmeier ai minatori, «senza questo pezzo, il nostro paese e il suo sviluppo degli ultimi duecento anni sarebbero stati inimmaginabili».
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Alcuni minatori rimarranno comunque a Prosper-Haniel per terminare i lavori di chiusura dell’impianto. La compagnia che si occupa della pulizia dell’impianto avrà inoltre bisogno di persone per drenare l’acqua usata per i lavori di estrazione in modo da evitare che si mischi con quella delle falde acquifere, contaminando l’acqua potabile.
La chiusura era prevista nell’ambito di un piano approvato undici anni fa dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che aveva deciso di chiudere tutte le miniere di carbone ancora attive come parte del suo progetto per convertire il paese alle energie rinnovabili. In realtà, ancora oggi la Germania dipende per il 40 per cento della sua produzione di energia da combustibili fossili, che in parte importa e in parte continua ad estrarre: soprattutto lignite, un tipo di carbone meno efficiente e più inquinante dell’antracite.
Gli undici anni di preavviso sono serviti per evitare proteste e licenziamenti di massa e optare in molti casi per il pensionamento anticipato. Al massimo della sua espansione l’industria mineraria tedesca dava lavoro a circa 600mila persone, ma il numero è sceso progressivamente a 4.500 nel 2017 e oggi contribuisce in maniera molto marginale al fabbisogno energetico del paese.
Oggi l’energia pulita – prodotta soprattutto da centrali eoliche e solari, ma in buona parte anche da centrali a biomassa e idroelettriche – sta progressivamente prendendo il posto di quella prodotta da combustibili fossili, ma circa un quarto dell’energia utilizzata in Germania viene ancora prodotta dalla combustione del carbone e della lignite, un carbon fossile che si forma nelle foreste e di cui la Germania è il secondo estrattore al mondo dopo la Cina. Il carbone è responsabile dell’ottanta per cento delle emissioni di anidride carbonica dell’intero settore energetico tedesco.
Quando partì il progetto di progressivo spostamento verso le energie rinnovabili, il governo tedesco pensava di usare l’energia nucleare come ponte per facilitare il passaggio dal carbone alle rinnovabili; ma dopo il disastro di Fukushima nel 2011 decise di chiudere tutti i suoi 17 reattori nucleari entro il 2022 e di conseguenza i progetti per la decarbonizzazione del paese subirono complicazioni e rallentamenti, di cui il paese paga le conseguenze ancora oggi.
Anche se non estrarrà più antracite, infatti, la Germania continuerà ad importarla dalla Russia, dagli Stati Uniti, dall’Australia e dalla Colombia, e soprattutto a estrarre lignite. Ad agosto il ministro dell’Ambiente tedesco, Barbara Hendricks, ha detto che la Germania diventerà indipendente dal carbone non prima del 2038.