L’esperimento per manipolare le elezioni in Alabama
Nel 2017 un gruppo di esperti di tecnologia provò ad adottare le tecniche dei "troll russi" per favorire i Democratici, scrivono il New York Times e il Washington Post
Nel dicembre del 2017 in Alabama, negli Stati Uniti, Doug Jones vinse le elezioni suppletive per il Senato, diventando il primo senatore Democratico dello stato eletto in vent’anni. Quelle elezioni furono seguite con molta attenzione sia per la loro rilevanza politica, che perché il candidato Repubblicano Roy Moore fu accusato di aver molestato sessualmente alcune donne quando lui era trentenne e loro minorenni. Alla fine Jones vinse per poco più di 20mila voti, pari all’1,5 per cento. Negli ultimi giorni, però, si è tornati a parlare di nuovo di quell’elezione per un altro motivo. Secondo quanto riportato dal New York Times e dal Washington Post, durante la campagna elettorale un gruppo di esperti di tecnologia del Partito Democratico avrebbe condotto un esperimento per provare a condizionare quell’elezione come la Russia aveva fatto con le elezioni presidenziali del 2016.
Jonathon Morgan, che è capo di una società di ricerca che si occupa di sicurezza informatica, New Knowledge, ha ammesso di aver fatto parte di quell’esperimento con l’intento di copiare le tecniche dell’Internet Research Agency (IRA), la cosiddetta “fabbrica dei troll” russa, e scoprire come si potesse interferire anche in un’elezione di piccole dimensioni. Morgan ha detto di aver deciso di fare quest’esperimento dopo aver studiato a lungo le tecniche usate dai russi per manipolare l’informazione sui social network, e di provare se fosse possibile replicarle in una scala più piccola. Morgan ha detto al Washington Post che quando iniziò quest’esperimento gli sembrò qualcosa di innocuo – è stato condotto su scala molto piccola, ci arriviamo – ma che oggi non lo rifarebbe.
Morgan ha detto di aver creato una pagina Facebook di orientamento conservatore in cui si proponeva di sostenere un altro candidato di destra, non presente sulla scheda, con l’obiettivo di dividere gli elettori Repubblicani. Secondo quanto riportato in un rapporto interno ottenuto dal New York Times, l’esperimento di Morgan sarebbe anche direttamente collegato alle migliaia di bot russi che nei mesi precedenti al voto iniziarono a seguire Roy Moore su Twitter. In quel caso l’obiettivo sarebbe stato far credere che Moore fosse aiutato dalla Russia.
Secondo Morgan il progetto era solo un piccolo esperimento per capire come funzionano certi meccanismi: «Abbiamo pensato che fosse utile provarlo nel contesto di un’elezione reale, ma senza che avesse nessun impatto pratico». Il progetto di Morgan avrebbe aiutato la campagna di un candidato in particolare, tale Mar Watson, uno dei tanti candidati write in, ovvero quei candidati che non sono presenti sulla scheda elettorale ma eleggibili scrivendo il loro nome a mano.
Secondo il rapporto ottenuto dal New York Times Watson avrebbe contattato molte pagine di orientamento conservatore durante la campagna elettorale, ma avrebbe ricevuto risposta solo da una, quella creata da Morgan, che si offrì di sostenerlo senza pretendere soldi in cambio. «Per quanto ne so non hanno speso nemmeno un centesimo per me. Tutto quello che hanno fatto è stato dire ai loro 400 followers “Hey, votate per questo tizio”». Watson ha detto anche di non aver mai conosciuto il gestore della pagina Facebook, né di averci mai parlato al telefono. Alla fine Watson riuscì a ottenere solo qualche centinaio di voti.
Complessivamente l’esperimento sarebbe costato circa 100mila dollari, a fronte dei 51 milioni di dollari spesi dai Democratici, e a finanziare l’esperimento sarebbe stato Reid Hoffman, cofondatore del social network LinkedIn. Un portavoce di Hoffman ha detto al New York Times che «il nostro scopo quando investiamo nella politica e nell’impegno civico è rafforzare la democrazia americana» e ha negato di essere a conoscenza degli obiettivi ingannevoli del progetto.
Anche il senatore Doug Jones ha detto di essere «indignato» e di non sapere nulla dell’esperimento, e ha chiesto che venga avviata un’indagine federale. «Ci siamo talmente concentrati sulla Russia che non abbiamo pensato abbastanza al fatto che anche nel nostro paese le persone potessero utilizzare quelle stesse tattiche per fare la stessa cosa». Joe Trippi, che ha lavorato come consulente di Jones nella campagna elettorale, ha detto di essersi insospettito quando vide il gran numero di bot russi che iniziarono a seguire Moore su Twitter all’improvviso, ma ha anche detto di non credere che un’operazione da 100mila dollari possa aver avuto una qualche influenza sull’elezione di Jones.