Il governo degli Stati Uniti “chiude”, di nuovo
Trump e i Democratici non sono riusciti a trovare un compromesso sui fondi per il muro col Messico: con tutta probabilità sarà Trump a dover cedere, prima o poi
Dalla mezzanotte e un minuto di Washington, quando in Italia erano le 6:01, il governo degli Stati Uniti ha ufficialmente “chiuso”. È iniziato il cosiddetto shutdown, cioè la sospensione di tutte le attività non essenziali del governo federale. È la terza volta che succede nei due anni in cui si è insediata l’amministrazione Trump.
Come la prima volta, anche questo shutdown è arrivato dopo che Repubblicani e Democratici non avevano trovato un accordo sulla legge che proroga i finanziamenti alle attività federali, scontrandosi principalmente sul muro che Trump vorrebbe costruire al confine col Messico per impedire l’immigrazione illegale (un tema di cui negli ultimi mesi si è parlato moltissimo, soprattutto a causa della “carovana” di migliaia di migranti diretti negli Stati Uniti).
In sintesi: Trump ha chiesto di includere nella legge circa 5,7 miliardi di dollari da usare per costruirlo per davvero, anche se probabilmente costerebbe ancora di più. I Democratici si rifiutano di approvare qualsiasi legge che preveda fondi per costruire il muro, forse la proposta più controversa fra quelle promesse da Trump in campagna elettorale, e hanno offerto in cambio una cifra più ridotta da destinare al controllo della frontiera. I negoziati si sono interrotti quando negli Stati Uniti era venerdì sera. Poco prima della “chiusura” effettiva del governo federale, Trump ha diffuso un video in cui incolpa i Democratici della sospensione delle attività federali, accusandoli di non avere a cuore la sicurezza del confine (qualche giorno fa aveva detto invece che avrebbe «orgogliosamente» rivendicato lo shutdown).
OUR GREAT COUNTRY MUST HAVE BORDER SECURITY! pic.twitter.com/ZGcYygMf3a
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 22, 2018
Secondo i calcoli di Vox, circa tre quarti delle attività del governo federale sono coperte da fondi già approvati, e perciò non subiranno rallentamenti: continueranno a funzionare regolarmente le Poste, l’esercito, i tribunali federali e i principali programmi di welfare come Medicaid e Medicare. Potrebbero invece chiudere la maggior parte dei parchi nazionali e dei musei, mentre altri enti come il Dipartimento di Stato e l’Agenzia per la protezione dell’ambiente potrebbero sospendere alcune delle loro attività.
Le principali conseguenze le subiranno migliaia di dipendenti pubblici considerati non essenziali: 380mila di loro saranno lasciati a casa senza stipendio, almeno per la durata dello shutdown. Altri 420mila dipendenti saranno invece costretti a lavorare senza ricevere alcuna paga, come i membri della Polizia di frontiera.
12:00am. The partial government shutdown has officially begun. pic.twitter.com/iK48HFDZQA
— Liz Stark (@stark_talk) December 22, 2018
Non è chiaro quando il governo federale potrebbe riprendere pienamente le proprie attività. Tutti gli osservatori ritengono che Trump dovrà scendere a qualche tipo di compromesso che non preveda i finanziamenti per il muro col Messico.
La Camera, l’unico organo che finora ha approvato la legge sul finanziamento per le attività federali che prevede i fondi per il muro, sarà controllata dai Repubblicani soltanto fino al 3 gennaio, cioè il giorno in cui entreranno in carica i deputati eletti alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre: a quel punto la maggioranza sarà dei Democratici, che del muro non ne vogliono sapere. Secondo alcuni, Trump ha provato a forzare la mano negli ultimi giorni in cui la Camera è controllata dai Repubblicani proprio perché sa bene che i Democratici si opporranno a qualsiasi finanziamento per il muro col Messico.
La situazione è diversa al Senato, dove una lunga tradizione vuole che leggi simili passino con 60 voti su 100: i Repubblicani avrebbero quindi bisogno di una decina di voti dei Democratici – sia oggi sia dopo il 3 gennaio, quando entreranno in carica i nuovi senatori – ma nessuno di loro sembra disponibile a votare una legge simile, che sta ricevendo diverse critiche anche dai Repubblicani più moderati (uno dei senatori uscenti, Jeff Flake, ha già annunciato che non la voterà).
Secondo Politico, gli ultimi negoziati si sono concentrati su un compromesso che prevede 1,6 miliardi di dollari di fondi aggiuntivi per il controllo delle frontiere. Su richiesta dei Democratici, però, nemmeno un dollaro di questo finanziamento dovrà essere speso per costruire un muro o una recinzione al confine col Messico.