“Roma” è un film particolare
Il nuovo film di Alfonso Cuarón appena uscito è già su Netflix, ha vinto il Leone d'oro ed è piaciuto ai critici, e ha più di una cosa notevole
Roma, il nuovo film di Alfonso Cuarón, è disponibile in streaming su Netflix dal 14 dicembre: qualche mese dopo aver vinto il Leone d’oro al Festival di Venezia e qualche giorno dopo essere passato in alcuni cinema. Cuarón è messicano ed è uno dei registi più apprezzati in attività: ha vinto un premio Oscar per Gravity e tra gli addetti ai lavori si pensa che anche Roma abbia buone possibilità di vincere qualche Oscar.
È un film girato in bianco e nero, con molti attori non professionisti, ed è distribuito solo in lingua originale; se ne parla come di un film d’autore, con rimandi e citazioni del cinema di qualche decennio fa e con scelte di regia originali, colte e ricercate. È insomma un film insolito, per certi versi spaesante e per certi spettatori respingente: qualche anno fa lo avremmo definito da cineforum o da cinema d’essai. Invece siamo nel 2018 ed è su Netflix, dove molti l’hanno visto o potranno vederlo dove e come vorranno, anche da uno smartphone. Quindi abbiamo messo insieme un po’ di dritte per chi vuole chiarirsi un po’ le idee, prima o dopo la visione.
La trama
Già dalla trama, Roma è piuttosto insolito. C’è una storia – intesa come un susseguirsi di eventi, anche se per ampi tratti non succede granché – ma “vedere come finisce” non è la cosa più importante. Il film parla di una famiglia messicana degli anni Settanta che vive a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico, e lo fa attraverso il punto di vista di Cleo, la domestica e tata della famiglia. Cuarón ne ha parlato come di un film semi-autobiografico, composto perlopiù da scene che si ricorda dalla sua infanzia.
È decisamente un film di Cuarón
Roma è considerato un “film d’autore” anche perché Cuarón non è solo uno che passava di lì e l’ha diretto: lo ha pensato (probabilmente per decenni), co-prodotto e scritto, e – cosa molto inusuale – ne ha diretto la fotografia, dopo che l’amico e collaboratore Emmanuel Lubezki ha rinunciato per via di altri impegni. Cuarón risulta anche come co-montatore. Vuol dire che ha messo mano in modo diretto su ideazione, realizzazione e post-produzione del film. Una cosa che si è potuto permettere solo grazie al successo dei suoi precedenti film, in particolare di Gravity, uscito nel 2013.
I temi
Roma è un film personale ma pieno di riferimenti e collegamenti a questioni sociali sul Messico di quegli anni. Vari critici hanno di volta in volta evidenziato diversi temi del film: se ne è parlato come di una «ode al matriarcato» ma anche come di un «vivido ritratto dei conflitti interni e della gerarchia sociale al tempo dei disordini politici». C’è poi il fatto che Cleo, la protagonista, è mixteca, un popolo indigeno mesoamericano. Seppur senza una trama particolarmente veloce e spumeggiante, Roma tocca quindi tante cose diverse, e non parla solo di Cleo e dei ricordi d’infanzia di Cuarón.
Il realismo
Diverse recensioni hanno parlato di Roma come di un film neorealista. In poche righe, il neorealismo è un genere cinematografico nato in Italia nel secondo dopoguerra che provò a raccontare storie vere, in genere di persone comuni, togliendo più filtri possibili: limitando al minimo la sceneggiatura e il montaggio e scegliendo attori non protagonisti, ripresi nei luoghi veri delle loro vite. Leo Longanesi ne parlò come di un «documentario sulla vita degli anonimi».
Cuarón ha scelto di girare Roma a Città del Messico, non in uno studio cinematografico, e ha recuperato da parenti e amici mobili simili a quelli di quando era bambino. Ha anche scelto di girare le scene nell’ordine in cui sono viste nel film, per permettere agli attori non protagonisti di crescere e cambiare insieme ai loro personaggi e impedire loro di sapere come sarebbe finito il film. Gli attori ricevevano di giorno in giorno le informazioni sulle scene che avrebbero girato ma quelle informazioni erano piuttosto vaghe e Cuarón dava comunque loro molta libertà su come muoversi e cosa dire, lasciando che le scene durassero il necessario. Cuarón ha spiegato al New York Times Magazine che spesso agli attori non veniva data nessuna battuta, e veniva solo detto loro con che emozione e atteggiamento reagire a certe situazioni. Parlando a IndieWire, ha detto: «Volevo gli imprevisti. Non volevo tagliare. Lasciavo solo che la cinepresa riprendesse».
Il bianco e nero, però digitale
Per molti, bianco e nero = vecchio. Oppure, al massimo, bianco e nero = noioso. Cuarón ha spiegato a IndieWire di aver scelto di girare in bianco e nero perché è un film di ricordi, ma di aver cercato di ottenere un bianco e nero contemporaneo, che non fosse vintage e nostalgico e che «non sembrasse quello di un film degli anni Cinquanta e Sessanta». È in effetti tra le cose più apprezzate del film e i critici l’hanno definito luminoso e radiante.
Roma è stato girato in digitale con cineprese da 65 millimetri, in grado di ottenere una grande qualità e una notevole luminosità. È una scelta complicata e costosa, che ha permesso una maggiore qualità delle immagini. Cuarón ha detto a Hollywood Reporter: «Volevo un bianco e nero che non nascondesse il suo essere digitale e che potesse garantire una grande risoluzione dell’immagine». Sul sito ufficiale del film ci sono tra l’altro le indicazioni per impostare al meglio i vari tipi di televisore così da poter guardare il film così come vorrebbe il suo regista.
Le inquadrature, i movimenti di cinepresa e il montaggio
Roma offre una notevole varietà di inquadrature e movimenti di cinepresa. In certi casi ci sono lunghe scene “neorealiste”, con complicati piani-sequenza e con pochissimi tagli o addirittura nessun taglio, come nel caso della scena nell’ospedale. Ci sono però anche scene in cui il montaggio è molto presente: per esempio nelle varie inquadrature con cui si mostra, in più di un minuto, l’arrivo del padre in auto. Allo stesso modo ci sono sia scene con grandi inquadrature e numerose persone nello schermo, che scene intime, ravvicinate, fatte di inquadrature di volti o dettagli di oggetti. Roma è anche uno di quei film in cui ci sono scene complicatissime a cui però non tutti fanno caso: i pochi secondi della scena in cui Cleo spegne le luci della casa sono stati ripresi con le cineprese messe in 45 diverse posizioni.
Le citazioni
Molti appassionati di cinema guardano con grande attenzione a quali film si vedono dentro i film dei registi più importanti. Nel caso di Roma si vedono in particolare due film proiettati in due cinema: Tre uomini in fuga, una commedia francese del 1966, e Abbandonati nello spazio, film di fantascienza del 1969. Per i più appassionati, Vulture ha dedicato tutto un articolo a questi due film. Qualcuno ha fatto notare che il nome Cleo potrebbe essere un omaggio a Cleo dalle 5 alle 7, un film del 1962 di Agnès Varda. Chi ha guardato i titoli di coda fino alla fine ha letto le parole «Shantih Shantih Shantih»: sono una specie di preghiera sanscrita e sono anche alla fine del poema La terra desolata di T. S. Eliot.
Non è che deve piacervi per forza
Roma è piaciuto alla maggior parte dei critici che l’hanno visto, ma nonostante degli indubbi meriti tecnici è lecito che qualcuno lo trovi lento, noioso o pesante, o magari semplicemente freddo. Il critico Federico Pontiggia ha scritto per esempio che secondo lui «Cuarón non è un campione di empatia» e Roma «è un film più bello a guardarsi che bello da vedere».