Cosa farà ora Theresa May
Il rinvio del voto su Brexit al Parlamento britannico l'ha messa in una posizione scomoda, da cui sarà difficile uscire
Dopo aver rinviato il voto in Parlamento sull’accordo su Brexit, la prima ministra britannica Theresa May si trova ora in una posizione molto complicata. Dopo aver detto per settimane che l’accordo trovato fra negoziatori europei e britannici era l’unico possibile, ora è costretta a chiedere alcune modifiche per convincere i sostenitori di una Brexit più “dura” a votarlo. Quasi certamente non riuscirà ad ottenerle: l’Unione Europea ha fatto sapere più volte che considera chiusi i negoziati, dopo le trattative durate un anno e mezzo e il voto del Consiglio Europeo del mese scorso. Il suo governo non ha ancora annunciato quando calendarizzerà il nuovo voto al Parlamento britannico: al momento l’ipotesi più concreta è che si voti a gennaio.
Oggi May sarà in giro per l’Europa a cercare sostegno: stamattina ha incontrato il primo ministro olandese Mark Rutte, nel pomeriggio vedrà la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, ma non ci si aspettano grandi passi in avanti. Il problema è che da settimane sia May sia i leader europei sostengono che l’accordo trovato sia il migliore possibile e non possa essere modificato. Juncker, martedì mattina ha detto che «non ci sono margini per rinegoziare l’accordo».
May has just arrived. She and Rutte ignored all questions pic.twitter.com/cN4Z0Zq91P
— Danny Kemp (@dannyctkemp) December 11, 2018
La strategia era quella di mettere i parlamentari britannici di fronte a due opzioni: o l’accordo in questa forma, o un’uscita senza alcun accordo. Non ha funzionato: l’ala conservatrice ha accettato da tempo il rischio di uscire senza alcun accordo, e ha rifiutato il compromesso proposto (che peraltro non piace né ad alcuni conservatori moderati né al partito nordirlandese di destra che sostiene il governo).
Il problema principale è legato al cosiddetto backstop, cioè l’accordo temporaneo che entrerebbe in vigore alla fine del periodo di transizione e prima dell’accordo definitivo, che in sintesi prevede legami molto stretti fra Irlanda del Nord e Unione Europea al fine di evitare una frontiera “chiusa” con l’Irlanda. Molti conservatori temono che il backstop minerà l’integrità territoriale del Regno Unito, che potrebbe rimanere valido per moltissimi anni e che impedirà di fatto al Regno Unito di stringere accordi commerciali in piena autonomia.
Nel corso di un dibattito parlamentare tenuto ieri pomeriggio, May ha detto di aver preso atto delle critiche ricevute e spiegato che cercherà un nuovo compromesso con l’Unione Europea. Non sarà affatto semplice, per varie ragioni: prima di tutto perché questo accordo conviene parecchio all’UE – soprattutto per ragioni economiche e commerciali – e perché riaprendo i negoziati rischierebbe di perdere la faccia, dopo aver dichiarato in tutte le sedi che le trattative erano finite.
Diverse fonti sostengono che l’unica concessione che l’Unione Europea sembra disposta a fare sia quella di sottoscrivere un “documento di garanzia” che assicuri che il backstop sarà una soluzione temporanea, e che verrà attivato solo in caso di necessità (come già accennato nell’accordo). Lo ha lasciato intendere anche il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk – in un tweet diffuso ieri sera in cui parla di «modi con cui facilitare la ratifica da parte del Regno Unito» – e lo ha detto anche Juncker martedì al Parlamento europeo.
I have decided to call #EUCO on #Brexit (Art. 50) on Thursday. We will not renegotiate the deal, including the backstop, but we are ready to discuss how to facilitate UK ratification. As time is running out, we will also discuss our preparedness for a no-deal scenario.
— Charles Michel (@eucopresident) December 10, 2018
L’Unione Europea, comunque, non sembra disposta a cedere così facilmente: secondo il giornalista Robert Peston, capo della redazione politica di ITV, diversi leader europei vogliono essere rassicurati sul fatto che il “documento di garanzia” riesca a far guadagnare i voti necessari per far approvare l’accordo dal Parlamento britannico, cosa che May non può assicurare: ancora stamattina, per esempio, alcuni parlamentari del suo stesso partito stanno chiedendo una mozione di sfiducia nei suoi confronti.
La speranza delle persone vicine a May è quella di ottenere un ultimo compromesso dall’Unione Europea: anche se non è chiarissimo su cosa, visto che modificare l’accordo o il backstop sembra al momento impensabile. Più probabilmente, May potrebbe ottenere il “documento di garanzia”, convincere alcuni conservatori moderati a votare a favore dell’accordo e quindi sperare di perdere il voto al Parlamento britannico con un margine non elevatissimo (per poi riprovarci in seguito).
Di Brexit si parlerà di nuovo al Consiglio Europeo convocato per il 13 dicembre: per quel giorno, se ne saprà sicuramente di più sulle intenzioni di May, del Parlamento britannico e dell’Unione Europea.