Cosa sono le “pietre d’inciampo”
Sono sampietrini in ottone che vengono posti davanti alle abitazioni delle persone deportate o uccise durante il nazismo: oggi ce ne sono 70mila in tutta Europa
Venti “pietre d’inciampo“ sono state divelte e rubate nella notte tra il 9 e il 10 dicembre a Roma, in via Madonna dei Monti numero 82, nel centro storico. Le “pietre d’inciampo” sono targhe in ottone della dimensione di un sampietrino con cui si ricordano persone deportate o uccise durante il nazismo, e che vengono poste solitamente vicino alle loro abitazioni.
Le pietre rubate erano state posate il 9 gennaio 2012, di fronte all’abitazione della famiglia ebrea Di Consiglio, a cui erano dedicate. Il furto ha provocato numerose reazioni di tristezza e condanna, a partire da quella della reduce dell’Olocausto e senatrice a vita Liliana Segre che lo ha definito «una cosa talmente orribilmente vigliacca che non ho parole» e da quella di Adachiara Zevi, la presidente dell’associazione “Arte in Memoria” che ha denunciato il furto, che ha parlato di «un attacco inaudito di fascismo e di antisemitismo fatto da gente che non scherza».
Le “pietre d’inciampo” rubate a Roma sono state realizzate dall’artista tedesco Gunter Demnig, da cui questa iniziativa partì nel 1992. La prima fu posizionata il 16 dicembre del 1992 davanti al municipio di Colonia, in Germania, a 50 anni dal cosiddetto “decreto Auschwitz”, promulgato dal comandante delle SS Heinrich Himmler, che ordinava la deportazione di tutte le persone rom e sinti nel campo di concentramento di Birkenau, in Polonia. Da allora Demnig ha posto 70mila pietre in tutta Europa, l’ultima lo scorso 23 ottobre a Francoforte. In Italia le prime 30 pietre d’inciampo vennero posate il 28 gennaio del 2010, in occasione della Giornata della Memoria, e oggi se ne contano diverse centinaia in tutto il paese. Tutte le “pietre d’inciampo” recano la scritta “Qui abitava” seguita dai nomi delle persone vittime del nazismo, l’anno di nascita, la data di morte, se conosciuta, ed eventualmente data e luogo di deportazione.
Il termine “pietra d’inciampo” (Stolperstein in tedesco) è mutuato da un’espressione di origine biblica: nella Lettera ai Romani (9,30) san Paolo dice infatti: «Che diremo dunque? Che i pagani, i quali non cercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia, la giustizia però che deriva dalla fede; mentre Israele, il quale cercava una Legge che gli desse la giustizia, non raggiunse lo scopo della Legge. E perché mai? Perché agiva non mediante la fede, ma mediante le opere. Hanno urtato contro la pietra d’inciampo, come sta scritto: Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo e un sasso che fa cadere; ma chi crede in lui non sarà deluso».
Ogni “pietra d’inciampo” viene fatta a mano da Demnig, a cui costa circa 1oo euro. La realizzazione è sovvenzionata da donazioni individuali, raccolte fondi e altre iniziative per mantenere viva la memoria dell’Olocausto. Generalmente la richiesta di installare le pietre arriva da familiari o amici delle vittime, dopodiché ogni singolo municipio deve dare l’autorizzazione. In alcuni casi ci sono state proteste degli abitanti dei palazzi davanti a cui venivano poste le pietre, che hanno ottenuto di spostare le pietre lontano dal portone di casa.
A Monaco di Baviera la comunità ebraica ha chiesto e ottenuto il divieto di installare pietre d’inciampo nella città, ritenendo che calpestarle incidentalmente possa essere un’offesa alla memoria dei defunti. Anche in altre città della Germania le pietre d’inciampo sono state un argomento di discussione per anni: a Krefeld per esempio l’obiezione della comunità ebraica è stata che le pietre d’inciampo ricorderebbero troppo quando i nazisti usavano le lapidi degli ebrei per pavimentare i marciapiedi. Alla fine è stato raggiunto un accordo che prevede che l’installazione di ogni pietra debba essere prima approvata dai proprietari delle abitazioni e dai familiari delle vittime.