Gli spray urticanti sono un’arma?
In Italia comprarli è facilissimo e possono farlo anche i sedicenni, ma mancano i dati per capire quanti ne circolano e quanti danni hanno fatto
La prima cosa che si sente quando si inala una sostanza urticante è un forte bruciore alla gola che poi scende giù, verso il petto; prendere fiato diventa faticoso, gli occhi lacrimano e si comincia a tossire. Respirare le sostanze contenute nei cosiddetti “spray al peperoncino” non è doloroso come riceverne un getto in pieno volto, ma non è comunque un’esperienza piacevole. Dopo una prima boccata ci si sente come se mancasse l’aria e la reazione istintiva è allontanarsi rapidamente; se ad avere questa reazione sono decine o centinaia di persone in uno spazio ristretto, l’effetto può essere gravissimo.
Secondo i racconti di diversi testimoni, potrebbe essere stato l’utilizzo di uno spray urticante ad aver spinto nella notte tra venerdì e sabato centinaia di persone ad uscire tutte insieme dalla Lanterna Azzurra, il locale a Corinaldo, vicino ad Ancona, dove il cedimento di una balaustra sotto la pressione della calca ha causato la morte di sei persone. Lo spray che secondo alcuni avrebbe innescato l’incidente è un gas in cui il principale composto attivo è la capsaicina, una sostanza irritante che si trova in numerose piante tra cui il peperoncino (per questo le bombolette che contengono questo gas vengono spesso chiamate “spray al peperoncino”).
Era già capitato in passato che questi spray venissero utilizzati in ambienti molto affollati, per coprire la fuga dopo un furto oppure per goliardia. Secondo i magistrati, per esempio, il panico del giugno del 2017 in piazza San Carlo a Torino, che causò la morte di una donna e il ferimento di centinaia di persone, fu causato proprio dall’uso di spray urticanti da parte di alcuni rapinatori. Negli ultimi tempi però spruzzare questi gas nel corso di concerti o serate affollate è diventato un fenomeno ricorrente: ci sono stati almeno 23 casi negli ultimi due anni soltanto nel Centro-Nord, secondo il Corriere della Sera. Lo scorso 7 novembre, per esempio, durante un concerto del rapper Achille Lauro all’Alcatraz, un noto locale di Milano, qualcuno nelle prime file ha spruzzato in aria del gas urticante. Achille Lauro e gli altri artisti hanno lasciato il palco e il concerto è stato sospeso per venti minuti. Fortunatamente l’Alcatraz, che è un locale relativamente piccolo, ha uscite di sicurezza ampie e facili da raggiungere, che non appena è iniziato il panico sono state aperte rapidamente. Il deflusso è stato ordinato e nessuno si è fatto male.
Un elemento che potrebbe avere a che fare con questo fenomeno è la facilità con cui è possibile procurarsi questi prodotti. In Italia, infatti, la vendita di questo tipo di bombolette è stata completamente liberalizzata con una serie di leggi tra 2009 e 2012. Oggi chiunque abbia dai 16 anni in su può acquistare e possedere regolarmente bombolette di gas urticante, che sono vendute anche a meno di 15 euro l’una. Oltre che su internet, le bombolette possono essere acquistate al supermercato e persino in farmacia. Il quotidiano Libero ha venduto gli spray in abbinamento con numeri speciali, mentre alcune sezioni della Lega lo hanno regalato ai tesserati o anche ai passanti allestendo dei gazebo nelle piazze.
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Anche in Francia è altrettanto facile acquistare spray urticanti, mentre in Germania sono legali soltanto gli spray per uso contro gli animali. Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e quasi tutta la Scandinavia hanno invece vietato completamente questi prodotti o ne hanno regolato la vendita e il possesso in maniera molto severa. «Questi prodotti in Italia sono stati liberalizzati e legalizzati in modi abbastanza generosi», ha spiegato al Post Francesco Calderoni, professore di criminologia dell’Università Cattolica di Milano e ricercatore del centro Transcrime. Il problema, però, è che non abbiamo dati sulla loro reale diffusione, né sugli effetti che la liberalizzazione ha prodotto.
«È un problema costante in Italia: vengono adottate misure come questa, ma poi non vengono realizzate valutazioni di impatto», dice Calderoni. Significa che non solo non sappiamo quante bombolette di spray vengono vendute, ma non abbiamo nemmeno dati su quante persone siano state ricoverate per l’esposizione a questi spray. Se l’utilizzo degli spray ai concerti è divenuto in questi giorni il fenomeno più visibile, sono molto frequenti notizie di altri utilizzi impropri di questi prodotti. Oggi, per esempio, 33 studenti e insegnanti sono rimasti intossicati in una scuola di Pavia e altri 5 a Cremona, mentre negli ultimi mesi sono stati denunciate decine di casi di aggressioni, furti e rapine compiute con l’utilizzo di spray urticanti.
Ogni tanto vengono anche riportate notizie di persone che grazie agli spray si sono salvate dalle aggressioni: visto che però non esistono raccolte di dati, è complicato farsi un’idea. Come conclude Calderoni, la domanda «Non abbiamo forse fatto il passo più lungo della gamba consentendo la commercializzazione di questi prodotti anche online, anche ai sedicenni?» rimane al momento senza risposta.
«Si può ragionare su questo tema», ha detto Daniele Tissone, segretario di SILP CGIL, il principale sindacato di polizia, rispetto alla possibilità di restringerne i criteri per l’acquisto. Secondo Tissone si può pensare di alzare l’età minima a cui permettere l’acquisto e il porto degli spray urticanti, ma la decisione naturalmente spetta al Parlamento: «Anche perché significa decidere quale interesse salvaguardare. Alzare l’età in cui è consentito il porto significa per esempio che una ragazza di 16 anni non potrà più averlo con sé». Secondo Tissone, insomma, lo spray non andrebbe “demonizzato”. Per Felice Romano, segretario del sindacato di polizia SIULP CISL, questi spray invece dovrebbero essere «ritirati immediatamente».