Dieci canzoni dei Doors
Scelte da Luca Sofri per il libro “Playlist”, da ascoltare oggi che sarebbe stato il compleanno di Jim Morrison
Jim Morrison, tra i più noti e celebrati cantanti rock di sempre, nacque in Florida l’8 dicembre 1943. Morì 27 anni più tardi, dopo aver fatto canzoni famosissime che gli valsero riconoscimenti che secondo molti sono perfino eccessivi. Sopravvalutato o no, queste sono le dieci canzoni che il peraltro direttore Luca Sofri aveva scelto per il libro Playlist, la musica è cambiata.
I Doors, quelli del film di Oliver Stone. Sembrerà una bestialità, ma la memoria dei Doors ai giorni nostri è legata sostanzialmente a quel film. Per il resto sono diventati precipitosamente fuori moda, e la tomba di Jim Morrison a Parigi è molto meno frequentata di un tempo. Fino al 1971, prima che morisse in una vasca da bagno per cause mai chiarite definitivamente, i Doors erano stati per quattro anni i numero uno del rock hippy e maudit. Dopo, lo rimasero. Sesso, droga, e rock’n’roll.
Break on through
(The Doors, 1967)
Primo pezzo del primo disco, giro di basso definitivo e leggendario, poi arriva Jim Morrison e canta e urla e borbotta e fa un casino, e insomma, signori: la musica è cambiata.
The crystal ship
(The Doors, 1967)
Una festa di metafore sull’uso di acidi, con una linea politica non esattamente proibizionista.
Light my fire
(The Doors, 1967)
Pàm! Numero uno in classifica, e impazzimento generale. “You know that it would be untrue…”. Palese doppio senso, organo da chiesa a sfinirsi, e tutti belli fatti come pizze. John Densmore racconta che la Buick voleva la canzone per uno spot e si erano quasi accordati quando Jim Morrison lo seppe e disse che piuttosto sarebbe andato in tv a distruggere una Buick con un martello pneumatico. Quelli lasciarono perdere.
The end
(The Doors, 1967)
Undici minuti e quarantadue di totale genio e delirio. Celebrati, nel loro andamento ipnotico e messianico, da diverse colonne sonore, e soprattutto in una memorabile sequenza di Apocalypse Now. C’è il famoso verso edipico (“padre, ti voglio uccidere, madre, ti voglio…”) con tutte le sue connotazioni rivoluzionarie per quei tempi.
Love me two times
(Strange days, 1967)
Altro attacco da museo, questa volta per la chitarra di Robbie Krieger. Andò piuttosto bene in classifica, soprattutto dopo che Morrison si fece arrestare sul palcoscenico a New Haven, Connecticut, per comportamento indecente. Aveva insultato dal palco la polizia chiamata da qualcuno che l’aveva visto – a-hem – con una ragazzina nel backstage. Un anno dopo fu arrestato ancora , questa volta dopo che si era a-hem – esibito sul palco.
Hello, I love you
(Waiting for the sun, 1968)
C’è chi ci prova con “hai da accendere?”, o gli affezionati al classico “ci siamo già visti da qualche parte?”, ma anche i misurati “posso offrirti da bere?” o gli sfacciati “cosa ci fa un bocconcino come te in un posto come questo?”.
Con “ciao, ti amo”, di solito ti ridono in faccia lì per lì: ma alla lunga se ne ricordano.
Love street
(Waiting for the sun, 1968)
Avevano anche un bel senso dell’umorismo. Già con “Hello, I love you” li avevano accusati di essersi venduti, ed era arrivata al primo posto in classifica. Ma aveva pur sempre qualcosa di intenso e opprimente. Questa era il lato B, e non bastasse la leggerezza del motivo, finiva anche con un “la-la la-la-la…”.
Touch me
(The soft parade, 1969)
I Doors nel loro momento Tom Jones. Gran fiati, un sound a metà tra Broadway e l’Apollo Theatre, e il modo in cui lui fa “I’m gonna love you…”. Si conclude con un corale “stronger than dirt!”, citazione estratta da uno spot pubblicitario del detersivo Ajax, traducibile con “così bianco che più bianco non si può!”.
Roadhouse blues
(Morrison hotel, 1970)
È quella che nella versione contenuta in An american prayer è introdotta dal famoso “Ladies and gentleman, from Los Angeles, California… The Doors!”. Blues è blues, ma Jim Morrison ci mette dannatamente del suo. “Keep your eyes on the road, your hands upon the wheel” è diventato un classico del passeggero automobilistico preoccupato.
Riders on the storm
(L.A. woman, 1971)
Ispirata dalla storia di un serial killer che uccideva le sue vittime dopo essersi fatto dare un passaggio in automobile (la storia di The Hitcher con Rutger Hauer): malgrado il tenebroso racconto viene usata spesso nelle trasmissioni meteo americane per via dell’introduzione piovosa. Entrò in classifica il giorno che Morrison fu trovato morto nella vasca da bagno di un appartamento parigino.