Un’altra brutta giornata per Facebook
Il Parlamento britannico ha diffuso 250 pagine di documenti aziendali interni, che mostrano dibattiti e utilizzi disinvolti sul tema dei dati degli utenti
Una commissione del Parlamento britannico ha diffuso oggi 250 pagine di documenti che mostrano come Facebook agì in modo deciso per avvantaggiare alcune società sulla sua piattaforma e ostacolarne altre. Più in generale, i documenti contengono comunicazioni in cui i più alti dirigenti di Facebook (compreso Mark Zuckerberg) discutono della gestione dei dati degli utenti senza dare l’impressione di preoccuparsi molto della loro privacy e sicurezza. I documenti sono stati raccolti durante una causa contro Facebook da parte della società statunitense Six4Three, e sono stati acquisiti dal Parlamento britannico.
Come ha spiegato il New York Times, dopo aver ristretto nel 2015 il numero e i tipo di dati degli utenti a cui le società sviluppatrici di app sulla piattaforma potevano avere accesso, Facebook permise ad alcune società – tra le quali Airbnb e Netflix – di continuare ad avere accesso ai dati precedentemente disponibili. Allo stesso tempo, Facebook impedì a società percepite come concorrenti (per esempio Vine, di Twitter) di avere accesso a dati e informazioni disponibili per altri sviluppatori. Nei documenti non ci sono comunque prove del fatto che Facebook abbia mai venduto ad altre società informazioni sui suoi utenti, cosa che l’azienda ha sempre negato.
Tra i documenti pubblicati dal parlamento britannico ce ne sono anche alcuni che mostrano che i dirigenti e dipendenti di Facebook discussero della possibilità di dare più accesso ai propri dati agli sviluppatori che avessero pagato Facebook per pubblicare delle inserzioni pubblicitarie. I documenti dicono anche che Facebook provò a nascondere agli utenti il fatto che l’app installata su alcuni dispositivi Android poteva, a certe condizioni, ottenere informazioni sui messaggi e le chiamate fatte con quel telefono, anche per fornire risultati più rilevanti nella sezione “Persone che potresti conoscere”. In una mail, infatti, il project manager di Facebook riconosce la cosa come «abbastanza rischiosa dal punto di vista delle pubbliche relazioni». Sembra anzi che Facebook cercò di fare in modo che gli utenti non se ne accorgessero.
Nelle email diffuse si parla anche di Onavo, una società che offre un servizio di connessioni VPN – cioè collegamenti internet particolarmente riservati attraverso la creazione di una rete virtuale privata – che Facebook aveva acquisito. Potendo analizzare i dati relativi al traffico internet delle persone che usavano Onavo – cosa dichiarata dalle condizioni del servizio – i dirigenti di Facebook monitoravano i social network concorrenti e, per esempio, studiarono la grande ascesa di WhatsApp tra i servizi di messaggistica. Un anno dopo aver iniziato l’analisi dei dati così raccolti, Facebook comprò WhatsApp.
I documenti fanno riferimento al periodo dal 2012 al 2015, in cui Facebook ebbe una grande crescita e, di conseguenza, si trovò con un gran numero di informazioni e dati su sempre più utenti. Facebook ha detto con una nota che i documenti sono solo una «parte della storia» e che, senza il necessario contesto, risultano ingannevoli. In effetti in molti casi ci sono singole mail, senza che sia possibile leggere tutta la conversazione, dall’inizio alla fine. Il capo e fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha scritto un post per fornire un po’ di contesto al contenuto delle email, nel quale dice: «Come ogni società, affrontiamo molte discussioni sui temi più diversi. Alla fine abbiamo deciso di dare a tutti gli sviluppatori di app l’uso gratuito della nostra piattaforma, lasciando a loro la decisione del comprare o no inserzioni pubblicitarie sulla nostra piattaforma. È un modello che ha funzionato bene. Tra le altre idee che abbiamo preso in considerazione, e alla fine scartato, c’era anche la possibilità di chiedere un pagamento agli sviluppatori che usano la nostra piattaforma».
Damian Collins, presidente della commissione parlamentare che ha pubblicato i documenti, ha spiegato su Twitter di ritenere i documenti di pubblico interesse, «perché pongono domande importanti su come Facebook tratta i dati degli utenti, su come decide di collaborare con chi sviluppa altre app, e su come esercita la sua posizione dominante nel settore dei social media».
La crescita di Facebook in termini di utenti sta continuando a rallentare ed è sostanzialmente ferma negli Stati Uniti e in declino in Europa, due dei suoi mercati più importanti per i ricavi pubblicitari. L’azienda attraversa un periodo molto complicato, trovandosi al centro di numerose polemiche per le interferenze russe nelle presidenziali statunitensi del 2016, per il caso Cambridge Analytica, per una recente grande falla di sicurezza e per una crescente sfiducia e disaffezione da parte dei suoi utenti.