• Mondo
  • Martedì 4 dicembre 2018

Sei famiglie di rifugiati potranno lasciare la base militare britannica dove hanno vissuto per 20 anni

Potranno vivere nel Regno Unito, dopo una lunga battaglia legale

La base militare di Akrotiri a Cipro, 13 aprile 2018 (IAKOVOS HATZISTAVROU/AFP/Getty Images)
La base militare di Akrotiri a Cipro, 13 aprile 2018 (IAKOVOS HATZISTAVROU/AFP/Getty Images)

Sei famiglie di rifugiati bloccate per più di 20 anni in una base militare britannica a Cipro hanno ora ottenuto dal governo britannico un permesso per la residenza permanente nel Regno Unito. Le sei famiglie, originarie dell’Iraq, del Sudan, dell’Etiopia e della Siria, avevano lasciato la costa del Libano su una barca da pesca gestita da contrabbandieri nel 1998, con la speranza di sbarcare in Italia. Dopo alcuni giorni in mare, il motore si era rotto, i trafficanti avevano abbandonato la nave e i rifugiati erano riusciti a guidare la barca verso la costa più vicina, arrivando ad Akrotiri, territorio britannico d’oltremare sull’isola di Cipro, occupato da basi militari del Regno Unito.

Circa quatto anni fa, il gruppo di rifugiati aveva avviato una battaglia legale per ottenere il permesso di entrare nel Regno Unito. In vista di un’udienza alla Corte Suprema sul loro caso, gli avvocati dello studio legale Leigh Day di Londra che li avevano assistiti hanno dichiarato che il governo ha accettato di concedere a tutte le famiglie un permesso senza scadenza per entrare nel Regno Unito. Il governo aveva costantemente negato la responsabilità legale nei loro confronti, sostenendo che la Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951 – che definisce il termine “rifugiato” e specifica tanto i diritti dei migranti quanto gli obblighi legali degli stati che l’hanno firmata di proteggerli – non fosse mai stata estesa alle zone di sovranità del Regno Unito.

Nel 2013, alcuni rapporti svolti per conto dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) avevano riscontrato alti livelli di ansia e depressione tra i componenti e le componenti delle sei famiglie, e soprattutto tra i bambini, proprio a causa delle loro condizioni di vita: hanno vissuto in alloggi militari in disuso nella base di Dhekelia avendo un accesso limitato all’assistenza sanitaria. Nei bungalow che li hanno ospitati, e che dovevano tra l’altro essere demoliti nel 1997, sono poi stati riscontrati livelli potenzialmente nocivi di amianto.

La decisione di negare l’ingresso alle famiglie era stata ribadita dalla prima ministra britannica Theresa May quando era Segretaria di Stato per gli Affari Interni nel 2014. Tessa Gregory, l’avvocata che ha assunto il caso, ha ora dichiarato: «Siamo lieti che l’attuale Segretario di Stato per gli Affari Interni abbia fatto una cosa umana e abbia accettato di concedere ai nostri clienti e alle loro famiglie di entrare nel Regno Unito per la residenza permanente. I miei clienti vogliono lasciarsi quegli anni sprecati alle spalle e costruirsi una nuova vita nel Regno Unito con stabilità e sicurezza. Queste sei famiglie hanno ancora una speranza e non vedono l’ora di contribuire alla nostra società».

Tag Bashir, uno dei rifugiati coinvolti, ha dichiarato: «Vogliamo solo ringraziare tutti coloro che hanno lavorato così duramente per aiutarci a fuggire da questo incubo durato vent’anni. Non posso esprimere a parole quanto siano felici le nostre famiglie per avere ora l’opportunità di entrare nel Regno Unito e ricominciare una vita». Un portavoce dell’UNHCR ha festeggiato la decisione aggiungendo che la loro organizzazione sta esaminando «il modo migliore per sostenere quelle persone» e aiutarle a integrarsi nel Regno Unito.