Gli sgomberi e le demolizioni contro i Casamonica
In questi giorni governo e amministratori locali fanno a gara per partecipare e prendersi il merito delle operazioni contro la famiglia criminale romana
Nelle ultime settimane le principali cariche dello stato, insieme a politici di primo piano di maggioranza e opposizione, hanno dato grande risalto allo sgombero e alle demolizioni di alcune abitazioni costruite da una famiglia della criminalità locale romana, i Casamonica. Oggi, per esempio, il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è infilato un casco, è salito su una ruspa dell’Esercito e ha cominciato ad abbattere una villa confiscata nel quartiere Romanina, dove grazie a un investimento della regione Lazio nascerà un parco pubblico attrezzato.
Insieme a Salvini era presente anche Nicola Zingaretti, presidente del Lazio – è soprattutto grazie a un suo provvedimento che sono iniziate le demolizioni – e candidato a segretario del Partito Democratico. Nei giorni scorsi anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha visitato gli edifici sgomberati lo scorso 20 novembre con un’operazione che ha coinvolto 600 membri della polizia municipale, accompagnati da decine di giornalisti e guidati dalla sindaca di Roma Virginia Raggi. Ma c’è anche chi ha criticato l’invasione mediatica all’interno di queste case, e chi ha fatto notare come in troppi abbiano cercato di appropriarsi per fini elettorali di una vicenda caratterizzata da 20 anni di ritardi e lungaggini i cui responsabili non sono ancora affatto chiari.
I Casamonica, intanto
I Casamonica sono una famiglia italiana di origine sinti – una etnia della popolazione romanì, quelli che alcuni chiamano sgradevolmente “zingari” – di cui alcuni componenti negli anni Settanta si trasferirono dall’Abruzzo alla periferia sud di Roma. La prima grande inchiesta che li riguarda risale al 1992, quando diversi esponenti della famiglia Casamonica furono accusati di estorsione. A quanto pare all’epoca Enrico Nicoletti – un ex esponente della banda criminale detta “della Magliana” – “cedeva” ai Casamonica i suoi debitori insolventi, e i membri della famiglia si occupavano della riscossione, utilizzando minacce e violenze. Negli anni successivi altre persone legate ai Casamonica furono arrestate per spaccio, risse e usura, ma è nel 2004 che il nome dei Casamonica iniziò a comparire anche al di fuori della cronaca giudiziaria dei giornali romani.
Il 30 giugno del 2004 la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) chiuse infatti un’indagine durata due anni sulle società intestate ai membri della famiglia Casamonica, scoprendo un complicato schema per riciclare denaro nel principato di Monaco. L’ANSA scrisse che fino a quel momento i Casamonica erano stati considerati poco più di «una famiglia di nomadi». Dodici persone vennero arrestate e gli investigatori stimarono che la famiglia fosse riuscita ad accumulare un patrimonio di 200 milioni di euro. In quei giorni la DIA definì i Casamonica «la più grande organizzazione delinquenziale del Lazio».
Otto anni dopo, all’inizio del 2012, la DIA concluse una seconda grande operazione contro la famiglia Casamonica. Questa volta vennero arrestate 39 persone, soprattutto per reati legati allo spaccio di droga. Per la prima volta alcuni membri della famiglia furono accusati di associazione a delinquere e il loro patrimonio venne stimato in circa 90 milioni di euro. I media e alcune inchieste televisive iniziarono a raccontare al pubblico interessato le presunte dimensioni del potere della famiglia, mostrando contemporaneamente le palesi e spesso kitsch esibizioni di ricchezza e lusso nelle case abitate dai suoi membri.
Nel 2015 si riparlò di loro per lo sfarzoso funerale di Vittorio Casamonica, e il loro nome emerse anche quest’anno in occasione di un’aggressione avvenuta il giorno di Pasqua in un bar della periferia di Roma, in cui rimasero ferite due persone, e poi ancora qualche mese fa per una serie di arresti fatti tra Roma, Cosenza e Reggio Calabria.
Gli sgomberi
La scorsa settimana è iniziata al Quadraro, nella periferia est di Roma, un’operazione di polizia a cui hanno partecipato oltre 600 agenti, per sgomberare altre otto case abusive riconducibili alla famiglia Casamonica. «Questa è un’operazione storica, dopo trent’anni abbiamo riportato la legalità in una zona di Roma dove una famiglia criminale la faceva da padrone», aveva detto la sindaca Virginia Raggi. Sul posto era arrivato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, mentre Matteo Salvini aveva subito dichiarato: «A Roma abbiamo cominciato e non mi fermerò finché non avremo abbattuto anche l’ultima villa di questi stramaledetti». Secondo il giornale Affari Italiani la complessa operazione che ha richiesto anche l’utilizzo di autobus ATAC per spostare poliziotti e giornalisti, è costata 1,4 milioni di euro, oltre a una giornata di disagi per la ridotta presenza di polizia municipale nel resto della città.
Diverse proprietà dei Casamonica erano entrate fra i beni da porre sotto sequestro già negli anni Novanta, con i primi ordini di demolizione firmati nel 1998 e mai eseguiti, in quello che molti ritengono un esempio del potere e dell’influenza della famiglia. La situazione si è sbloccata solo nel gennaio del 2018, quando la regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti, in collaborazione con l’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), votò una delibera per l’abbattimento e la riqualificazione delle ville per risanare le zone sequestrate con parchi e strutture per attività socio-culturali. Nelle otto case vivevano circa trenta persone, tra cui donne e bambini. L’azione di Zingaretti è arrivata dopo quasi vent’anni di inazione da parte delle amministrazioni e dei funzionari del comune di Roma: un periodo nel quale si sono succeduti al governo della città centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle.
Lo sgombero è avvenuto all’alba cogliendo di sorpresa gli occupanti delle case, ha spiegato il comandante della polizia municipale Antonio Di Maggio: «Pensavano che fosse una perquisizione. Qualcuno è rimasto di stucco. E noi abbiamo ricordato come loro stessi avessero già preso in notifica i provvedimenti». Solo che erano provvedimenti del 1998, cioè vent’anni fa. Dopo lo sgombero ci sono state proteste da parte degli abitanti delle case, che hanno occupato per alcuni minuti una strada poco lontano. «Raggi e Salvini non ci hanno concesso neanche un giorno di avviso per andarcene», aveva detto un uomo della famiglia. E ancora: «Noi siamo italiani di sette generazioni, prendete provvedimenti, aiutate la povera gente. Che fate, aiutate gli stranieri e noi italiani no? Che dobbiamo fare adesso? Andremo a casa di Salvini e della Raggi».
Nonostante il clamore e l’interesse che la stampa ha avuto per il caso in questi ultimi giorni, continua a rimanere poco chiaro come mai lo sgombero abbia richiesto così tanto tempo. Secondo l’ex assessore alla Legalità della giunta Marino, Alfonso Sabella, le demolizioni sono costose e generano poco consenso, per questo le amministrazioni locali preferiscono rimandarle. Questo però, ha detto, non si applica «a gruppi invisi alla popolazione come i Casamonica». Il quotidiano romano il Messaggero ha provato a interpellare gli assessori all’Urbanistica e altri importanti dirigenti coinvolti nel governo di Roma nel corso degli ultimi 20 anni, ma non è giunto a una risposta chiara. Più che una causa, sembra emergere un insieme di fattori: dalla mancanza di denaro con cui effettuare le demolizioni fino alla presenza di una catena di responsabilità così lunga da offuscare il ruolo e i doveri di ogni singolo componente.