Le stelle degli alberghi significano poco o niente

C'è una legge che elenca i parametri necessari per ogni stella, ma gli alberghi se le assegnano da soli e nessuno sa dire se e quanti controlli vengano fatti

(The Grand Budapest Hotel)
(The Grand Budapest Hotel)

Le stelle di un albergo sono considerate i parametri più immediati per valutarne la qualità. In Italia esistono criteri molto precisi per determinare il numero di stelle, ma di fatto sono gli alberghi a stabilire quante stelle si meritano, con una specie di autovalutazione; e non è affatto chiaro se e come vengano effettuati dei controlli. Insomma: le stelle non sempre sono così attendibili per valutare la qualità della struttura a cui si riferiscono.

Un po’ di storia, prima
Il primo sistema per classificare gli alberghi italiani è del 1937, quando si decisero cinque classi: lusso, prima, seconda, terza e quarta. Perché un albergo avesse la classe lusso servivano, tra le altre cose:

– Scale e corridoi spaziosi, salvo il caso di speciale architettura dello stabile antico e a tipo antico, impianto di riscaldamento centrale per quegli esercizi che hanno un periodo di apertura durante i mesi invernali;
– Camere arredate con lo stesso tono dei saloni di ritrovo anche se di stile diverso, sempre offrenti la massima comodità di arredamento e di conforto;
– Apparecchi telefonici in ogni stanza per il servizio interno e per il servizio esterno nelle località capoluogo di provincia, nelle altre località apparecchi in ogni stanza per il servizio interno, ed una cabina telefonica per piano;
– Servizi accessori (parrucchiere per uomo e signora con impianto di importanza adeguata alla categoria).

C’erano quindi cose valutabili oggettivamente e altre un po’ più discrezionali, perché non esiste un parametro assoluto per calcolare “la massima comodità di arredamento”. In qualche regione italiana questi parametri sono stati mantenuti per decenni. Nel 1983, poi, una legge quadro impose a tutte le regioni di adottare la classificazione a stelle: non impose però dei nuovi parametri, limitandosi a proporre una semplice transizione da un sistema all’altro. Risultato: un albergo che decenni prima era stato classificato come di lusso, poteva fondamentalmente continuare a vivere di rendita.

A decorrere dal 1° gennaio 1985, anche in assenza di legge regionale, le imprese ricettive esistenti saranno individuate con la seguente classifica a stelle:

* alberghi di lusso in possesso di standard di classe internazionale: cinque stelle lusso;
* alberghi di lusso: cinque stelle;
* alberghi di prima categoria: quattro stelle;
* alberghi di seconda categoria e pensioni di prima categoria: tre stelle;
* alberghi di terza categoria e pensioni di seconda categoria: due stelle;
* alberghi di quarta categoria, pensioni di terza categoria e locande: una stella.

L’altro risultato è che, anche dopo gli anni Ottanta, alberghi di regioni diverse dovevano rispondere a parametri diversi. Le tre stelle di una regione non equivalevano alle tre stelle di un’altra regione, e via dicendo. Da qualche parte c’era un sistema a punteggi (con almeno 128 punti si arrivava per esempio alle tre stelle) mentre altrove continuava a esserci un sistema basato su requisiti minimi obbligatori. Nel 2007 il Sole 24 Ore raccontò alcune delle differenze di valutazione tra regioni:

Puglia, Umbria, Veneto e Val d’Aosta prevedono come requisito obbligatorio il servizio di colazione in camera, a richiesta del cliente, anche nelle 3 stelle (oltre che nelle 4 e 5 stelle come le altre regioni).
In Umbria il riassetto pomeridiano delle camere è obbligatorio anche negli alberghi a 3 stelle, mentre generalmente è obbligatorio solo nelle 4 e 5 stelle.
L’aria condizionata, ormai obbligatoria in quasi tutte le Regioni negli alberghi a 5 e 4 stelle, in Sicilia è obbligatoria anche negli alberghi a 3 stelle.
La Sicilia prevede l’obbligo di televisore in tutte le camere anche nelle 3 stelle, oltre che nelle 4 e 5 stelle come per quasi tutte le altre Regioni.
Marche, Puglia e Veneto prevedono anche un giudizio sulla qualità e lo stato di conservazione delle camere, dei bagni, delle sale soggiorno e dell’aspetto esterno. Il giudizio deve essere eccellente nelle 5 e 4 stelle, buono nelle 3 stelle, soddisfacente/decoroso nelle 2 ed 1 stella.
Nel Piemonte è richiesta una qualità e uno stato di conservazione adeguato alla classe di appartenenza, mentre in Umbria il giudizio verte solo sull’aspetto esterno.

Come funzionano ora le cose
Tutto fu uniformato nel 2008, almeno a livello di legge, con il decreto sulla “Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell’ambito dell’armonizzazione della classificazione alberghiera“. Allora c’era al governo Silvio Berlusconi e Michela Vittoria Brambilla era sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega al Turismo. Insieme al decreto fu presentato un allegato di oltre 20 pagine con dettagliate informazioni sugli standard minimi richiesti per ogni stella. Nell’allegato gli standard erano divisi in varie categorie: servizi di ricevimento, servizi alle camere, dotazione dei bagni, sale e aree comuni.

Tra le cose richieste a un albergo 5 stelle c’erano: la disponibilità, 24 ore su 24, del servizio bar in camera; un numero minimo di sette camere; un accappatoio da bagno a persona; un bagno di almeno 5 metri quadrati; una camera di almeno 16 metri quadrati “al netto dei bagni privati”. A un albergo a due stelle era richiesto invece come minimo il cambio della biancheria – da camera e da bagno – almeno due volte a settimana, il servizio di fax e fotocopiatrice, il bagno privato in almeno l’80 per cento delle camere, un bagno di almeno 3 metri quadrati e una camera doppia di almeno 16 metri quadrati (al netto dei bagni). Il documento non presenta nessun parametro di valutazione qualitativo (vista, arredamento, durezza del materasso o morbidezza dei cuscini).

Vengono però precisate due cose di notevole importanza:

Nel caso di incremento dei volumi, gli standard minimi di cui al presente provvedimento si applicano unicamente ai nuovi volumi.

E:

Gli standard minimi di cui al presente provvedimento sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli esistenti.

Insomma, le nuove norme si sarebbero applicate soltanto agli alberghi aperti – o ristrutturati o allargati – dal 2009 in poi. Inoltre, il decreto permetteva agli alberghi collocati in edifici dai “valori storico culturali” – per esempio quelli nei centri storici – di non doversi sottoporre ai lavori necessari per adeguarsi ai nuovi standard, e mantenere la propria classificazione. Per tutti gli altri alberghi già esistenti, veniva detto che le regioni avevano una discreta libertà sul da farsi.

La legge, infatti, lasciava alle regioni la possibilità di modificare in modo migliorativo le regole (alzando cioè gli standard minimi) e, soprattutto, le invitava «a definire i Regolamenti e ad attribuire le competenze per il funzionamento delle verifiche, per il rilascio dell’attestato, per la sorveglianza periodica attuata sulle strutture assegnatarie, a garanzia del mantenimento nel tempo dei requisiti che hanno in origine concesso il riconoscimento della classificazione alberghiera». Negli anni le regioni lo hanno fatto, adeguando i requisiti minimi previsti nel 2008 e delegando a loro volta i controlli sulle strutture a comuni, province o città metropolitane.

Nel 2014 fu infine approvata una legge (la 106/2014) che prevedeva di aggiornare gli standard minimi (per esempio aggiungendo il tipo di offerta internet nelle camere) decisi anni prima, ma non è mai stato approvato il decreto attuativo che permetterebbe di metterla davvero in pratica.

Quindi, nella pratica: come si assegnano le stelle?
Chi apre un albergo presenta una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e in quel momento, a seconda di come deciso dalla regione, si procede con le verifiche da parte di comuni, province o città metropolitane. In teoria, un funzionario del comune dovrebbe andare nell’albergo che sta per aprire e, uno a uno, verificare tutti i requisiti richiesti dal regolamento regionale. Tornando poi anche a controllare, ad esempio, quante lingue parla l’addetto alla reception (perché è uno dei requisiti richiesti). E nel caso anche uno solo non sia rispettato, dovrebbe non assegnare le stelle richieste. Tutto questo in teoria. Nella pratica, ci ha spiegato Federica Bonafaccia del Servizio legale tributario di Federalberghi, «c’è generalmente in vigore la regola del “silenzio assenso”». Sono gli hotel ad attribuirsi le stelle che pensano di meritare, e «le regioni delegano le attività ispettive ai comuni o alle province, che esaminano la documentazione presentata ed effettuano sopralluoghi a campione o a seguito di reclami».

E i controlli chi li fa?
Federalberghi dice di non avere dati sul numero o gli esiti di questi sopralluoghi; aggiunge che «la classificazione ha normalmente validità per un quinquennio», ma non sa dare informazioni su quanti controlli siano stati fatti negli ultimi mesi o anni. Riguardo ai controlli, ha parlato di «sopralluoghi a campione o a seguito di reclami». Anche Simona Fiocco – responsabile dell’ufficio stampa di AICA (Associazione Italiana Confindustria Alberghi) – ha detto di non avere informazioni su quali e quanti controlli siano stati fatti in passato. E ha aggiunto che, a seconda delle città, i controlli sono fatti da persone diverse: dai vigili urbani, dalla polizia locale o da «funzionari del settore turistico».

Chi controlla i controllori?
Anche su questo Federalberghi e AICA dicono di non avere dati o comunque informazioni precise. Alessandra Priante, referente per il turismo del ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del Turismo, ha spiegato che «lo Stato non vigila perché non è tenuto a farlo» e che il ministero non sa se si fanno i controlli, la cui assenza potrebbe essere dovuta a «carenze di personale». Non esiste poi nessun tipo di dati su controlli fatti ex-post, cioè dopo uno, cinque o dieci anni dall’apertura di un albergo, o su un albergo aperto prima del 2008 e che da allora non abbia fatto grandi lavori di ristrutturazione. Luisa Nicotera, del Coordinamento interregionale del turismo, dice che «può essere benissimo che non siano frequentissimi perché ci vogliono risorse umane e risorse economiche».

Con chi ci si può lamentare?
Se soggiornando in un hotel dovessero venirvi dei dubbi sull’affidabilità della sua valutazione in termini di stelle, potete farlo presente all’Ufficio relazioni con il pubblico del comune (URP) o allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP). Per quello che siamo riusciti a ricostruire, a seguito di una segnalazione precisa i comuni potrebbero muoversi effettuando verifiche, ma né Federalberghi né AICA hanno saputo fornire al Post il nome di un solo hotel che sia stato controllato, mentre il ministero e il Coordinamento Stato-Regioni dicono che non è affar loro e non fanno controlli. Per quel che ci risulta, poi, nessuno verifica che i controlli eventuali – periodici, a campione, e così via – vengano davvero effettuati.

All’estero come fanno?
Magari leggendo ve lo siete chiesti. Esiste un organo europeo che sta provando a uniformare il modo in cui vengono valutati gli hotel dei vari paesi. L’Italia non ne fa parte: al momento ha solo un ruolo da osservatore. L’organo si chiama HotelStars Union e fa parte dell’HOTREC, un’associazione formata da una quarantina di organizzazioni di 24 paesi europei. I suoi parametri si basano su un sistema a punti. Ogni albergo deve controllare i parametri di questa tabella e in base ai punti guadagnati ottiene un certo numero di stelle. Esiste anche la dicitura “Superior”. Se un albergo ha molti più punti di quelli richiesti per essere tre stelle, ma non abbastanza per essere un quattro stelle, allora è un tre stelle Superior.

Federalberghi dice di aver proposto che «vengano adottate soluzioni pienamente compatibili con il sistema HSU [HotelStars Union] e venga consentito agli alberghi italiani di utilizzare, su base volontaria, il sistema HSU, in aggiunta al sistema pubblico». Il sistema non è ancora attivo in Italia, ma Federalberghi dice che si è resa disponibile ad avviare una sperimentazione «in una località da individuare d’intesa con l’amministrazione regionale».

Si possono avere più di cinque stelle?
Se invece vi state chiedendo com’è che esistono gli hotel a sette stelle, la risposta è che non esistono. Gli alberghi che dicono di esserlo lo fanno sfruttando recensioni o valutazioni di enti non ufficiali, per scopi promozionali.