Il pugilato rischia il posto alle Olimpiadi
E il problema è Gafur Rakhimov, presidente uzbeko della federazione mondiale, che negli Stati Uniti è considerato un criminale
Secondo il New York Times, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sarebbe vicino a espellere dalle sue affiliate l’AIBA, la federazione mondiale amatoriale di pugilato. L’espulsione dell’AIBA metterebbe a forte rischio l’organizzazione durante Tokyo 2020 del torneo olimpico di pugilato, una delle più longeve competizioni dei Giochi. Il CIO osserva da anni e con preoccupazione la situazione che si è creata all’interno della federazione pugilistica mondiale da quando il suo vecchio presidente, Wu Ching-kuo, cinese di Taiwan, fu costretto ad abbandonare la carica in seguito a uno scandalo finanziario che lo coinvolse direttamente e che portò l’AIBA vicina alla bancarotta.
In sostituzione di Wu Ching-kuo, a inizio mese la maggioranza dei membri della federazione ha eletto un personaggio ancora più controverso: il milionario uzbeko Gafur Rakhimov, che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti descrive come «uno dei principali criminali in Uzbekistan, passato negli anni dai furti d’auto a riciclaggio, estorsioni, corruzione e traffico di eroina» oltre che al finanziamento di alcune famiglie criminali degli ex stati sovietici.
L’elezione di Rakhimov ha sorpreso tutti quelli che si aspettavano una scelta volta a ricostruire i rapporti deteriorati con il CIO, in modo da assicurare un futuro più certo al pugilato olimpico. Nelle votazioni di Mosca, tuttavia, Rakhimov si è presentato da presidente ad interim e ha ottenuto 86 voti su 134 totali. Si crede che nella sua elezione abbia influito molto il fatto che nei mesi precedenti trascorsi come presidente ad interim sia riuscito in prima persona a rinegoziare un prestito da 10 milioni di dollari con il principale creditore della federazione – la società azera Bekons – di fatto scongiurando una bancarotta che sembrava vicina.
A inizio anno il CIO aveva ordinato alla federazione pugilistica di produrre una relazione dettagliata che illustrasse i piani per risolvere i suoi problemi finanziari e d’immagine rilevati con lo scandalo sotto la vecchia presidenza. Emersero infatti dei dubbi non solo sulla trasparenza finanziaria della federazione, ma anche sull’organizzazione e gli esiti di tanti incontri internazionali. Già prima dell’elezione di Rakhimov le previsioni su un accordo tra CIO e AIBA erano pessimistiche, tanto che il comitato olimpico era già passato alla pianificazione di un torneo olimpico da organizzare senza il coinvolgimento della federazione.
Il CIO si era poi espresso pubblicamente sulle elezioni di novembre diffidando la candidatura di Rakhimov in quanto non garantita da una situazione chiara, come invece avrebbe dovuto essere. Il comitato olimpico lo conosceva da tempo: nel 2000 non gli concesse l’accredito per i Giochi olimpici di Sydney per gli stessi motivi per cui oggi non è gradito alla presidenza della federazione. Negli ultimi anni gli è stato impedito inoltre di presenziare alle Olimpiadi di Pechino e Londra, e il mese scorso anche ai Giochi olimpici giovanili estivi di Buenos Aires (dove il CIO ha ingaggiato dei consulenti esterni per monitorare l’operato dei giudici negli incontri di pugilato).
Rakhimov ha sempre negato ogni accusa di coinvolgimento in attività illecite, spiegando che tutte le accuse nei suoi confronti sono ingiustamente influenzate dal periodo in cui si costruì una parte sostanziosa del suo patrimonio attuale importando prodotti alimentari negli ex stati sovietici: era il periodo immediatamente successivo al crollo dell’Unione Sovietica, quando in assenza di autorità statali nacquero le oligarchie russe. Recentemente Rakhimov si sta impegnando a riabilitare il suo nome presso il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che lo scorso anno lo ha accusato di fornire finanziamenti e appoggi a organizzazioni criminali russe. Rakhimov – che risiede tuttora a Dubai – sostiene che le accuse siano in realtà condizionate da interessi politici mossi dal vecchio governo uzbeko, e che il fatto di non avere incriminazioni o condanne pendenti lo legittimi alla presidenza dell’AIBA.