È stata una brutta settimana per le criptovalute
Bitcoin ha raggiunto il valore minimo da oltre un anno e tutto il settore sta perdendo soldi, soprattutto perché una valuta si è divisa in due
Bitcoin, la più importante e diffusa criptovaluta del mondo, ha perso circa il 15 per cento nelle ultime 24 ore, toccando il valore di 4.200 dollari per unità, il più basso dall’ottobre del 2017, cioè prima dell’enorme picco di un anno fa, che trasformò un settore relativamente di nicchia in uno dei temi più discussi del mondo. Già la settimana scorsa, prima del crollo delle ultime ore, Bitcoin aveva perso quasi il 17 per cento in un giorno, dopo un paio di mesi relativamente costanti.
Nell’ultimo anno, da quando il settore delle criptovalute è diventato molto più affollato e da quando gli interessi economici in gioco sono diventati esponenzialmente più grandi, picchi e crolli sono stati innumerevoli. Ce ne sono stati di molto più rilevanti di quello dell’ultima settimana, che pur è stato tra i più significativi. Spesso è molto difficile, se non inutile, cercare delle spiegazioni all’andamento del mercato delle criptovalute, notoriamente molto più volatile dei mercati tradizionali. Questa volta, però, il crollo sembra legato molto strettamente a una cosa grossa successa a Bitcoin Cash, una delle principali criptovalute alternative a Bitcoin.
La divisione di Bitcoin Cash
Bitcoin Cash nacque nell’agosto del 2017 da una divisione di Bitcoin: fu ideata per aumentare la portata delle transazioni che si potevano fare con la valuta originale, e quindi per aumentarne il bacino di utenti. Bitcoin Cash si attestò in poco tempo come quarta criptovaluta per capitalizzazione di mercato, dietro a Bitcoin, Ethereum e Ripple, e le conseguenze disastrose sul mercato che in molti avevano previsto non si verificarono.
Ma lo scorso 15 novembre Bitcoin Cash si è nuovamente divisa, a seguito di quella che tutti i siti specializzati hanno descritto come una “guerra civile” tra due fazioni contrapposte. La prima, guidata da quelli che di fatto erano i massimi investitori e imprenditori di Bitcoin Cash, ha preso il nome di Bitcoin ABC, la seconda Bitcoin SV. A determinare la “guerra” c’erano due diverse visioni su quale avrebbe dovuto essere stato il futuro della criptovaluta: il nome del secondo gruppo infatti deriva da “Satoshi’s Vision”, dal misterioso inventore di Bitcoin Satoshi Nakamoto. Semplificando molto, la fazione Bitcoin ABC aveva un’idea più prudente sugli sviluppi tecnologici da adottare, preferendo concentrarsi sulla stabilità della valuta; quelli di Bitcoin SV invece volevano aumentare il potenziale di Bitcoin Cash per tenere il passo delle criptovalute più potenti.
Dopo mesi di dibattito, il 15 novembre Bitcoin Cash si è divisa ed è cominciata quella che in gergo è definita “hash war”: i minatori di Bitcoin Cash, cioè gli imprenditori e investitori che contribuiscono al funzionamento della valuta mettendo a disposizione la potenza di calcolo dei propri computer, si sono schierati da una parte e dall’altra. I due gruppi quindi hanno iniziato a fare a gara per stabilire chi abbia più potenza di calcolo, e possa quindi diventare il nuovo Bitcoin Cash ufficiale. Attualmente, la fazione Bitcoin ABC sembra in ampio vantaggio.
Le conseguenze sul mercato
In meno di un giorno, dopo la divisione di Bitcoin Cash, Bitcoin è arrivata sotto i 100 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato, contro i 110 miliardi del giorno prima. Com’è successo normalmente, Bitcoin si è tirata dietro tutte le principali criptovalute. Questo perché c’è stata da subito confusione sulle modalità con cui i grandi siti di exchange avrebbero gestito la nuova versione di Bitcoin Cash. OKEx, un grande sito per comprare e vendere criptovalute con sede a Hong Kong, ha per esempio estinto senza preavviso i contratti futures su Bitcoin Cash per un totale di 135 milioni di dollari, arrecando perdite a molti clienti. Il popolare sito Kraken, invece, ha avvertito i suoi clienti che i Bitcoin SV non soddisfacevano i suoi standard di sicurezza, e che pertanto erano considerati un investimento ad alto rischio.
A peggiorare la situazione dei mercati, venerdì sono arrivate delle sanzioni della SEC, l’autorità che controlla la borsa negli Stati Uniti, contro due startup di criptovalute che avevano organizzato delle ICO (cioè delle specie di aste di autofinanziamento per iniziare l’attività) senza registrarsi correttamente. Dopo qualche giorno in cui Bitcoin era rimasto stabile intorno ai 97 miliardi di dollari di capitalizzazione, lunedì è crollato nuovamente arrivando a 78 miliardi, per poi risalire un po’. Anche Ripple, Ethereum, Stellar e le altre principali criptovalute hanno perso valore, rispettivamente il 6 per cento, il 15 per cento e il 16 per cento. In tutto si stima siano stati persi circa 25 miliardi di dollari nel giro di 24 ore.