L’era dello Spazio in miniatura
Razzi e satelliti sempre più piccoli stanno facendo nascere un nuovo settore a basso costo dell'industria spaziale, ma è un modello sostenibile?
Domenica 11 novembre, un piccolo razzo partito dalla Nuova Zelanda ha segnato un importante progresso nel settore dell’industria spaziale che si occupa di portare nell’orbita terrestre satelliti piccoli ed economici. Il lancio è stato organizzato con successo da Rocket Lab, una startup statunitense e neozelandese che esiste da poco più di 10 anni e che ha grandi ambizioni, nonostante sia molto piccola rispetto ad altri giganti dell’industria spaziale privata come SpaceX di Elon Musk. Con i suoi razzi di ridotte dimensioni e meno potenti, ma proprio per questo più economici, Rocket Lab confida di poter prosperare offrendo servizi meno costosi alle aziende che vogliono portare in orbita satelliti di dimensioni contenute, la cui costruzione è oggi resa possibile dai progressi nella miniaturizzazione dei componenti.
Fattorini spaziali
Il razzo di Rocket Lab, che si chiama Electron, è alto poco più di 17 metri (il Falcon 9 di SpaceX ne misura fino a 70, a seconda delle configurazioni) ed è in grado di portare in orbita tra i 150 e i 230 chilogrammi di materiale. Nonostante non sia molto potente, Electron ha comunque la capacità giusta per trasportare i satelliti più piccoli di nuova generazione, che possono essere parcheggiati in orbite più vicine alla Terra rispetto a quelli tradizionali.
Molti grandi satelliti sono collocati in orbite geostazionarie, in modo da fargli sorvolare sempre lo stesso punto della Terra: se fosse possibile osservarlo dal suolo, apparirebbe quindi sempre fisso nello stesso punto del cielo. Per ottenere questo risultato, un satellite deve essere collocato a un’altitudine di circa 36mila chilometri, cosa che richiede un razzo potente a sufficienza per trasportarlo oltre l’atmosfera terrestre e inserirlo poi nella giusta orbita equatoriale. È un viaggio molto costoso e, anche per questo motivo, finora i produttori di satelliti hanno cercato di inserire più strumenti possibili in un unico satellite, con conseguenze su peso e dimensioni.
I progressi degli ultimi anni, in termini di potenza di elaborazione dei computer e di miniaturizzazione, hanno reso possibile la costruzione di satelliti più piccoli, ma comunque molto efficienti e affidabili. Per farsi un’idea: prima si trasportavano in orbita oggetti grandi quanto camper e automobili, ora inizia ad aumentare la domanda per portare oltre l’atmosfera satelliti grandi quanto un forno a microonde. E Rocket Lab ritiene di essere il fattorino ideale per farlo, come ha spiegato il suo CEO Peter Beck: “Siamo come FedEx. Siamo l’omino che consegna i pacchi porta a porta”.
Domenica, Electron ha trasportato in orbita quattro di questi pacchi: un satellite per rilevare cambiamenti del clima e ambientali di GeoOptics, una piccola sonda per scopi di ricerca frutto di un progetto scolastico in California e due satelliti di Spire Global per tenere traccia degli spostamenti delle navi in mare. Un tempo satelliti di questo tipo avrebbero dovuto attendere il lancio di un satellite più grande, facendosi dare un passaggio su razzi come il Falcon 9. Il sistema dei passaggi, naturalmente a pagamento, comporta qualche compromesso: fa risparmiare denaro, ma vincola il lancio del proprio satellite a quello del cliente principale per l’azienda spaziale che lo gestisce, con possibili ritardi e imprevisti.
Concorrenza
Considerato il successo ottenuto, a oggi Rocket Lab sembra essere l’azienda nella migliore posizione per prosperare con i lanci di piccoli satelliti, ma il settore si sta popolando molto rapidamente con nuovi concorrenti. Space Angels, una società di investimenti nel settore spaziale, stima che a oggi ci siano almeno 150 piccole aziende con ambizioni simili a quelle di Rocket Lab. Molte di queste startup sono destinate a fallire, soprattutto per gli alti costi di progettazione necessari prima di passare ai lanci veri e propri, ma alcune riusciranno a sopravvivere e a offrire i loro servizi.
Tra le più promettenti c’è Virgin Orbit, una società controllata dalla holding Virgin del miliardario Richard Branson, che sta sviluppando un progetto per lanciare i razzi verso l’orbita da un aeroplano in volo, senza necessità di avere una base di lancio vera e propria per le classiche partenze in verticale dei razzi. Altre aziende hanno piani più tradizionali, ma comunque legati alla costruzione di razzi semplici e di dimensioni contenute, che possano essere lanciati senza possedere una base di lancio vera e propria come quella di Rocket Lab in Nuova Zelanda. C’è, per esempio, chi sta lavorando a sistemi basati su un rimorchio per camion, che si trasforma temporaneamente in un sistema di lancio, un po’ come avviene in ambito militare con le batterie di missili.
Produzione di massa
Uno dei primi impiegati di SpaceX, Jim Cantrell, ritiene che un bel pezzo di futuro dei lanci spaziali sarà legato ai razzi e satelliti di piccole dimensioni. Per questo motivo ha lasciato da qualche anno l’azienda di Elon Musk e ne ha fondata una propria, Vector Launch, con l’idea di produrre razzi economici e che possano essere realizzati con criteri vicini a quelli della produzione di massa, rispetto a quella più artigianale e costosa dei Falcon 9 e degli altri. La progettazione dei razzi sta però richiedendo più tempo del previsto: lo stesso Cantrell è scettico sulla possibilità di effettuare il primo lancio entro la fine del 2018, mentre potrebbe esserci qualche progresso concreto nella prima metà del prossimo anno. Le ambizioni comunque non mancano e Cantrell è convinto che in futuro la sua società potrebbe gestire fino a 100 lanci all’anno verso l’orbita terrestre bassa (LEO), tra i 160 e i 2mila chilometri di altitudine.
Dubbi e incertezze
Nonostante il settore stia diventando sempre più competitivo, non tutti gli analisti sono convinti che il futuro dei sistemi satellitari passi attraverso oggetti di piccole dimensioni in orbita. Da qualche anno si parla molto delle reti di mini satelliti per portare Internet dallo Spazio, in modo da offrire una copertura più semplice e a basso costo rispetto ai metodi tradizionali via cavo. SpaceX sta portando avanti Starlink proprio per creare una costellazione di questo tipo, ma lo farà naturalmente con i propri razzi, mentre altre società potrebbero scegliere i servizi offerti dalle aziende spaziali più piccole. Il problema è che a oggi gli analisti sono scettici sull’effettiva resa economica di Internet dallo Spazio e, passata l’euforia iniziale, potrebbe esserci una contrazione del mercato con conseguenze dirette per chi gestisce i lanci.
Razzi charter
Anche per questo motivo alcune aziende stanno sperimentando soluzioni diverse, lavorando come intermediarie tra le grandi aziende spaziali private e chi vuole inviare in orbita i propri piccoli satelliti, un po’ come farebbe un’agenzia di viaggi che organizza voli charter. La statunitense Spaceflight Industries, per esempio, acquista lo spazio non impiegato a bordo dei razzi più grandi o l’intero spazio su quelli più piccoli, rivendendone poi quote alle singole aziende che hanno la necessità di inviare in orbita i loro satelliti. SpaceX entro fine novembre dovrebbe lanciare uno di questi razzi charter, con a bordo 70 satelliti di dimensioni medio-piccole.
E i più grossi?
Razzi e satelliti piccoli saranno comunque un pezzo in più dell’industria spaziale, ma non metteranno fuori dal mercato le aziende più grandi e i loro lanci verso altitudini superiori rispetto all’orbita terrestre bassa. Aziende come SpaceX e Boeing, del resto, ottengono buona parte dei loro ricavi dagli accordi miliardari con la NASA, con programmi spaziali legati non solo al trasporto di grandi oggetti in orbita, ma anche di astronauti in previsione di abbandonare le Soyuz russe e avere un sistema di trasporto alternativo per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale. Lo sviluppo di questi nuovi sistemi ha richiesto molto più tempo del previsto, ma dovrebbe infine portare ai primi test con esseri umani nel corso del prossimo anno.