La guerra in Yemen è arrivata a Hodeidah
La coalizione guidata dai sauditi sta provando a riconquistare la città portuale yemenita controllata dai ribelli houthi: almeno 149 persone sono state uccise nelle ultime 24 ore
Tra domenica e lunedì in Yemen sono state uccise almeno 149 persone, tra cui molti civili, a causa degli scontri tra fazioni rivali a Hodeidah, città portuale yemenita di mezzo milione di abitanti. Nonostante nel paese si combatta una guerra da oltre due anni – da marzo 2015 ad oggi sono state uccise più di 10mila persone –, gli scontri a Hodeidah si stanno rivelando particolarmente violenti. Negli ultimi giorni la situazione è peggiorata anche per l’evacuazione del più grande ospedale cittadino, che si trova vicino ad alcune postazioni degli houthi, cioè i ribelli che controllano buona parte dello Yemen occidentale e che combattono contro le forze fedeli all’ex presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi, appoggiato tra gli altri dall’Arabia Saudita.
Hodeidah, che si trova sotto il controllo dei ribelli houthi dal 2014, è un porto di grande importanza strategica, perché è da qui che prima della guerra entravano molte delle merci che arrivavano in Yemen via mare. La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha iniziato diversi giorni fa una nuova offensiva contro i ribelli houthi a Hodeidah, con operazioni via terra e con numerosi attacchi aerei. Dall’inizio di novembre, gli scontri in città hanno provocato l’uccisione di almeno 600 persone.
Da diverso tempo l’Arabia Saudita e i suoi alleati hanno imposto una specie di embargo allo Yemen, bloccando l’attività dei porti e imponendo una feroce “guerra economica” ai ribelli, che però ha finito per provocare conseguenze enormi anche sulla popolazione civile.
La guerra economica include una serie di misure prese dalle due parti del conflitto, ma soprattutto dal potente principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, per colpire gli houthi, considerati dall’Arabia Saudita uno strumento nelle mani dell’Iran. Si parla tra le altre cose di periodici blocchi dei rifornimenti e rigide restrizioni alle importazioni. Nel 2016, infatti, il governo yemenita appoggiato dai sauditi trasferì le operazioni della propria banca centrale dalla capitale Sana’a, già finita sotto il controllo degli houthi, ad Aden, città portuale del sud. Su ordine saudita, la banca cominciò a stampare grandi quantità di denaro, una mossa che provocò un aumento netto dell’inflazione e ridusse il valore dei risparmi degli yemeniti. La banca smise inoltre di pagare gli stipendi a circa un milione di dipendenti pubblici che lavoravano nei territori controllati dagli houthi, dove abita l’80 per cento della popolazione del paese.
Queste misure, insieme alla distruzione delle infrastrutture più importanti, all’indebolimento della valuta e all’aumento vertiginoso dei prezzi, hanno accelerato il collasso dell’economia yemenita, cosa che nelle ultime settimane ha spinto gli esperti dell’ONU a rivedere le loro previsioni relative alla carestia in Yemen. Negli ultimi 20 anni l’ONU ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza di due carestie, una in Somalia e una in Sud Sudan. A metà novembre si esprimerà sulla situazione in Yemen, che potrebbe diventare il terzo paese della lista.