La musica che ci fa fare le cose
Il business che un tempo era solo della "musica da ascensore" ora ha lo scopo di accompagnarci in tutti i luoghi pubblici e influenzare i nostri comportamenti
Ci sono decine e decine di studi, più o meno seri, su come la musica influenza i nostri comportamenti: non dovrebbe sorprendere quindi che esistano società specializzate nello sviluppare playlist di canzoni da riprodurre in ambienti pubblici, con lo specifico scopo di influenzare il comportamento dei frequentatori di quei luoghi. Può suonare come una cosa un po’ diabolica, ma in realtà è l’evoluzione della “musica da ascensore”, conosciuta anche come “Muzak” per via dell’azienda che sostanzialmente la inventò. Un po’ più raffinata, ovviamente.
Sul Guardian, Jake Hulyer ha raccontato il lavoro di Music Concierge, una società che sceglie la musica di sottofondo per vari tipi di esercizi commerciali, e del suo fondatore Rob Wood, un ex dj e giornalista musicale. Music Concierge lavora per grandi aziende di moda come Harvey Nichols e Mulberry, e per vari hotel di lusso di Londra, ma anche per il Tottenham, una delle principali squadre di calcio di Londra. In quell’occasione, la società chiese a Wood di sviluppare delle playlist da riprodurre al centro allenamenti, per migliorare il benessere psicologico dei giocatori.
I ricercatori hanno scoperto negli ultimi anni che la musica può influenzare quanto tempo siamo disposti a passare in una fila, o in un centro commerciale, e perfino il gusto che percepiamo nel cibo che mangiamo. Ci sono studi che sostengono che le persone possano essere indirizzate sull’acquisto di un vino francese o tedesco a secondo della musica tradizionale suonata agli altoparlanti del supermercato.
Il lavoro dei consulenti musicali come Wood è reso possibile dalla sempre maggiore attenzione delle aziende alla qualità del tempo che i clienti passano nei loro negozi, in buona parte per provare a offrire un’alternativa agli acquisti online che sia davvero valida. Molti brand provano a offrire ai loro clienti quella che, se fossimo in un comunicato stampa, chiameremmo “un’esperienza”. È il caso di Mulberry, che recentemente ha chiesto a Wood di progettare una colonna sonora per un restyling dei suoi negozi a Londra in tema “brutalismo britannico”. Sono stati scelti pezzi di elettronica d’avanguardia, da Brian Eno a Four Tet.
Spesso Wood sceglie la musica per ristoranti, cercando di convogliare l’atmosfera voluta dai proprietari: per esempio pescando canzoni folkloristiche con le campane per ricreare un’atmosfera mitteleuropea in un ristorante tedesco, oppure mescolando hit occidentali a canzoni di artisti emergenti di Nairobi per una catena di ristoranti keniani che vuole attrarre un pubblico giovane e cosmopolita.
Un tipico appuntamento di lavoro, per Wood, consiste nella visita al luogo dove verrà riprodotta la musica (“la location”, si direbbe sempre in quel comunicato stampa), in cui i proprietari gli spiegano l’atmosfera desiderata e le cose offerte al cliente, spesso usando espressioni come “l’autenticità in ogni dettaglio”. Wood deve interpretare queste indicazioni, che spesso consistono solo in una lista di aggettivi, e tradurle in musica, cercando di capire se il cliente vuole qualcosa di conservativo o se sia disposto a essere stupito.
A volte il lavoro per un solo cliente può essere molto più di una semplice playlist: per un hotel, per esempio, capita di dover svilupparne di diverse per i vari ambienti, dalla lobby alla palestra, tutte con obiettivi diversi e spesso pensate per cambiare a seconda dell’orario. Non è sempre solo questione di far comprare più cose ai clienti o di farli rilassare: capita che gli hotel abbiano spazi limitati nella zona colazione, per esempio, e che vogliano una playlist che favorisca un veloce ricambio degli ospiti, e non che li spinga a rimanere a lungo seduti. Succede una cosa simile in Cina, dove per motivi bizzarri e misteriosi una canzone del sassofonista americano Kenny G è universalmente riconosciuta come il segnale che un posto – da un centro commerciale a una palestra – sta chiudendo.
La più grande società a lavorare nel settore della musica di sottofondo è Mood Media, fondata nel 2004 e che si occupa di 560.000 esercizi commerciali nel mondo, comprese la catena di fast food KFC e quella di supermercati Sainsbury. Mood Media, in un certo senso, ha preso il posto che un tempo era occupato dalla società fondata negli anni Venti dall’ex ufficiale dell’esercito e ingegnere elettrico americano George Owen Squier, che aveva sviluppato un nuovo modo di trasmettere la musica attraverso i fili elettrici. All’iniziò chiamò l’azienda Wired Music, e poi nel 1934 cambiò il nome in Muzak: il prodotto principale era un sistema per trasmettere la musica negli uffici e nei centri commerciali, per renderli rispettivamente più produttivi e più piacevoli. Muzak pubblicizzò il suo lavoro con studi pseudo-scientifici di discutibile autorevolezza, sostenendo che la musica negli uffici aumentava del 20 per cento la produttività e riduceva del 40 per cento il numero di errori dei dipendenti.
Con la popolarità di Muzak si diffuse anche lo standard per questo tipo di musica di sottofondo, che si fissò inizialmente intorno a composizioni orchestrali strumentali di facile ascolto che presto diventarono una specie di genere autonomo, che prese proprio il nome Muzak, con forti connotazioni dispregiative. La “musica da ascensore” diventò per qualcuno una cosa da odiare, perlomeno tra gli esperti e appassionati di musica, soprattutto con la nascita di stazioni radio appositamente dedicate.
Con la diffusione dei dispositivi domestici e portatili per riprodurre la musica, e soprattutto coi mangianastri, le persone si abituarono però ad ascoltare la musica che volevano dove volevano. Per adattarsi a questo cambiamento, anche negli esercizi commerciali arrivarono le canzoni più popolari del momento, e vennero sviluppati sistemi per gestire i diritti. Con l’arrivo dei CD e della musica digitale, poi, diventò possibile per le aziende che si occupavano di musica di sottofondo sviluppare database tematici, per poter disporre di canzoni accomunate da atmosfere allegre, romantiche o rilassanti.
Ci sono due grandi scuole di pensiero, tra gli psicologi, sull’influenza della musica sulle persone. Una dice che ha principalmente un effetto fisico: uno studio del 1985, per esempio, scoprì che i clienti di un ristorante masticavano più velocemente, se accompagnati da una musica più ritmata. Il secondo approccio si concentra sulle reazioni psicologiche suscitate dalla musica: uno studio del 1998, per esempio, scoprì che i clienti di una caffetteria erano disposti a spendere di più con un sottofondo di musica classica. La spiegazione che venne proposta fu che i clienti associavano quella colonna sonora a una maggiore qualità.
Oggi i ricercatori suggeriscono che la musica possa influenzare gli acquisti delle persone, ma fino a un certo punto: Adam North, professore di psicologia alla Curtin University di Perth, dice per esempio che funziona con i piccoli acquisti, come nel caso del vino francese o tedesco, ma non con quelli più impegnativi. Secondo altri esperti, come la professoressa di marketing alla Saïd Business School dell’Università di Oxford Rhonda Hadi, la musica di sottofondo è importante soprattutto per le società che offrono un servizio intangibile, come una compagnia aerea o un hotel, e che possono lasciare un segno nei clienti con la colonna sonora offerta.
In generale, aziende come Music Concierge e Mood Music non si comportano come società di moda, dettando le tendenze musicali e imponendo le proprie scelte al pubblico. Fanno più il contrario: come ha spiegato Paul Hillver, dirigente di Mood Media nel Regno Unito, l’approccio deve essere quello di trovare la musica «meno offensiva per il più ampio spettro di persone possibile».
Ma Wood rivendica anche una certa importanza nell’industria musicale: con i grandi cambiamenti nel modo in cui le persone ascoltano e soprattutto pagano la musica, vendere i diritti delle proprie canzoni a film e videogame è diventata una fondamentale fonte di guadagno per molti artisti. Un ruolo simile ce l’hanno anche gli esercizi commerciali, e le nuove e più raffinate modalità con cui vengono pensate le colonne sonore degli spazi pubblici stanno convincendo anche gli artisti più reticenti. Ma i cambiamenti del settore discografico hanno toccato anche il settore della musica di sottofondo: con i servizi di streaming è oggi molto facile per gli esercizi commerciali gestirsi da soli l’offerta musicale, avendo a disposizione librerie musicali un tempo utilizzabili soltanto dagli addetti ai lavori, e per di più scegliendo tra decine di migliaia di playlist. Wood è consapevole di questa minaccia, ma lo è anche della superiorità del suo servizio: «Tutto sta nel sentimento e nel tocco umano. Il gusto personale è molto importante, e questa cosa dell’algoritmo lo sta cancellando».