Cosa sappiamo di chi ha sparato nel bar in California
Aveva 28 anni, un passato da marine in Afghanistan e niente che lo facesse considerare pericoloso
Intorno alle 23 di mercoledì, quando in Italia era mattina, il 28enne ex marine Ian David Long è entrato al Borderline Bar & Grill di Thousand Oaks, in California, un locale che in quel momento era pieno di clienti, per la maggior parte studenti universitari che partecipavano a una serata di musica country. Long era vestito di nero e indossava un berretto nero. Ha acceso dei fumogeni per creare confusione tra le persone, ha sparato a una guardia all’ingresso del locale e poi contro le decine di ragazze e ragazzi che scappavano o cercavano riparo sotto i tavoli. In tutto, Long ha ucciso 12 persone, la peggior strage negli Stati Uniti da quella di febbraio alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida. Long è stato trovato morto nel locale dopo la sparatoria, si pensa che si sia ucciso.
Le persone che erano nel locale hanno detto che Long non aveva fatto rivendicazioni di nessun tipo mentre sparava. Sembra che sia rimasto in silenzio mentre avanzava nel locale, sparando contro i feriti a terra e ricaricando la sua pistola più volte. Un testimone ha detto che Long sapeva esattamente cosa stava facendo, era preciso e metodico. Cosa possa averlo motivato a uccidere 12 persone, però, è ancora un grosso mistero.
Dopo la sparatoria la polizia ha perquisito la casa di Newbury Park dove Long viveva con sua madre da quando nel 2013 aveva lasciato l’esercito, dopo aver combattuto anche in Afghanistan. I giornali lo descrivono come un quartiere tranquillo, pulito e ordinato, fatto delle tipiche casette monofamiliari che ci si aspetta di trovare in una periferia americana. Un vicino di casa ha detto di ricordarselo come uno taciturno e solitario, che usciva poco di casa. Di sera non era inusuale sentirlo litigare con sua madre ad alta voce, e qualche volta dal loro giardino era arrivato il rumore di colpi di pistola. In un’occasione un vicino aveva chiamato la polizia, preoccupato che stesse succedendo qualcosa di grave, ma la cosa era finita lì.
Long si era unito ai marines nell’estate del 2008, appena finite le scuole superiori, a 18 anni. Era stato addestrato in una base alle Hawaii e nel 2010 il suo battaglione era stato mandato in Afghanistan, nella provincia di Helmand che gli Stati Uniti stavano cercando di riconquistare dai talebani. Long, però, era stato lasciato in patria perché c’erano posti limitati e lui non era considerato all’altezza di quel tipo di missione: quando fu mandato in Afghanistan anche lui, pochi mesi dopo, era stato assegnato a un battaglione che non aveva compiti di combattimento. Si costruivano strade e infrastrutture, si faceva lavoro di polizia e si provava ad aiutare la gente del posto. I pericoli naturalmente c’erano, ma di tipo diverso rispetto a quelli di chi era al fronte.
I compagni di Long se lo ricordano come una persona tranquilla ma un po’ strana. Uno un po’ fissato con lo stare in forma, che mangiava “sano” e a cui piaceva passare molte ore a fare sollevamento pesi ascoltando musica ad altissimo volume. Tornato a casa dopo gli anni nell’esercito, Long aveva provato a studiare all’università per diventare un preparatore atletico, ma aveva lasciato il corso a metà dicendo di aver capito che non sarebbe stata la sua strada. Per il resto, da quando era tornato a vivere con sua madre, non si era fatto particolarmente notare. Era stato coinvolto in un incidente in moto per cui era stato costretto a qualche giorno di ospedale e nel 2015 aveva partecipato a una rissa in un bar della zona, che non sembrava aver iniziato lui.
Dopo che nell’aprile del 2018 la polizia era stata chiamata per le urla che arrivavano da casa sua, Long aveva incontrato dei medici dell’esercito per capire se fosse affetto da qualche forma di stress post traumatico, una patologia di cui soffrono moltissimi soldati che hanno trascorso lunghi periodi in zone di combattimento. Long non era stato considerato pericoloso e nemmeno abbastanza in difficoltà da richiedere un ricovero coatto.