Cosa sappiamo sulla casa in cui sono morte 9 persone per il maltempo in Sicilia
La villetta era molto vicina a un fiume e nel 2008 il Comune ne aveva ordinato la demolizione: ci sono versioni discordanti su cosa successe dopo
La villetta di Casteldaccia in cui sabato sera sono morte nove persone a causa dell’esondazione del fiume Milicia era abusiva, ha detto il sindaco Giovanni Di Giacinto, aggiungendo che sulla casa c’era un’ordinanza di demolizione del Comune dal 2008, che non era stata eseguita a causa del ricorso dei proprietari al Tribunale amministrativo regionale (Tar). Secondo Repubblica, però, il Tar si era pronunciato nel 2011, dando il via libera alla demolizione. La procura di Termini Imerese ha aperto un’indagine sulla vicenda.
La villetta si trovava a qualche decina di metri dal letto del Milicia, un fiume piccolo e seminascosto, che però sabato sera era esondato a causa delle forti piogge. L’acqua ha allagato le stanze della villetta, dove si erano riunite due famiglie per festeggiare un compleanno e il ponte di Ognissanti. I morti sono stati nove: una bambina di un anno, il fratello di 15, la madre di 32 anni; un bambino di 3 anni, la madre di 40 e il fratello di lei, di 32 anni; e tre nonni, due di 65 anni e una di 57. L’acqua, carica di fango e detriti, ha sfondato i vetri e ha raggiunto in poco tempo il tetto della casa; per estrarre i corpi sono dovuti intervenire i sommozzatori. Soltanto il padre della bambina e del ragazzino è sopravvissuto.
La villa si trova circa 25 chilometri a est di Palermo, sotto un viadotto dell’autostrada A19. Il procuratore Ambrogio Cartosio ha già detto che da una prima valutazione sembra che la villetta fosse molto più vicina al fiume dei 150 metri previsti per legge. Le famiglie coinvolte la affittavano da proprietari palermitani per le vacanze e per i weekend, secondo i giornali. Come spiega La Sicilia, il Comune di Casteldaccia aveva disposto la demolizione della casa per abuso edilizio: sanarla era impossibile, vista la vicinanza con il fiume. Secondo Di Giacino, il Comune non avrebbe però ricevuto notizia dell’esito del ricorso presentato al Tar dai proprietari, e per questo non ci fu la demolizione.
Repubblica dice di aver verificato che il Tar emise un decreto di “perenzione”, cioè aveva estinto il processo per inattività delle parti per più di due anni. La casa quindi avrebbe potuto essere demolita già dal 2011, ma dato che il Comune non si era costituito in giudizio, scrive Repubblica, non aveva ricevuto nessun avviso. In una nota, il Consiglio di Stato (cioè il tribunale amministrativo di grado superiore rispetto al Tar) ha aggiunto che, in ogni caso, la sola presentazione di un ricorso non può bastare per impedire una demolizione, che avrebbe quindi potuto – e dovuto, secondo il Consiglio di Stato – essere eseguita ancora prima del 2011.
Mentre è in corso l’indagine della procura di Termini Imerese, i giornali stanno descrivendo una situazione di estesi abusi edilizi in tutta l’area intorno alla villetta, e in generale nella provincia di Palermo, dove secondo una stima recente del procuratore generale Roberto Scarpinato 75 comuni su 82 non sono in regola con le ordinanze di demolizione. Giuseppe Virga, sindaco di Altavilla Milicia, comune separato da Casteldaccia dal fiume esondato, ha detto alla Sicilia che «la zona in cui è esondato il fiume è ad altissimo rischio, non solo per le condizioni dell’alveo che va ripulito ma per l’enorme numero di edifici costruiti senza rispettare le regole. Lo denunciamo da anni. L’ultimo esposto è di un anno fa e l’ho fatto con l’ex sindaco di Casteldaccia». All’inizio degli anni Duemila l’Unione Europea stanziò 5 milioni di euro per risanare l’alveo del fiume Milicia, ma una serie di intoppi burocratici fece saltare il progetto.
Fabio Spatafora, l’ex sindaco di Casteldaccia, ha spiegato che «le demolizioni sono rarissime: non abbiamo i soldi per farle e comunque la legge ci vincola a una serie di adempimenti burocratici che allungano i tempi. Per questo la gente continua a costruire. Sa che resterà tutto impunito». Qualche mese fa, scrive il Fatto Quotidiano, la procura regionale della Corte dei Conti citò in giudizio Di Giacinto e Spatafora accusandoli di aver procurato un danno erariale di 239 mila euro per «non avere rispettato le norme sul contrasto all’abusivismo». Come ha specificato lo stesso Spatafora, l’accusa non riguarda le case intorno al fiume Milicia.