Cosa sono poi questi Navigli di Milano
Sia un quartiere pieno di locali, sia il sistema di canali della città, che erano stati chiusi nel Novecento e che ora il Comune vuole riaprire
di Nadia Corvino
Quando si parla dei Navigli di Milano, ci si può riferire a due cose diverse: il quartiere nella zona sud ovest della città famoso per i locali, o il sistema complessivo di canali artificiali che si trova a Milano e nella sua provincia. Nel corso del Novecento i canali vennero via via chiusi o coperti, e ora il Comune ha proposto di riaprirli in un progetto molto discusso.
Il quartiere Navigli si chiama così perché è definito dai due navigli che entrano a Milano da sud: il naviglio Grande e il naviglio Pavese. Sono collegati dalla Darsena, un bacino artificiale che limita il quartiere a nord: il primo vi porta l’acqua, il secondo la riceve. La zona è molto frequentata dai milanesi ed è una delle più conosciute dai turisti per l’atmosfera pittoresca dei canali su cui si affacciano numerosi ristoranti, bar e pub, per le botteghe di artigiani e gallerie d’arte, e per il mercato di antiquariato che ospita nell’ultima domenica di ogni mese.
A nord est dal centro di Milano, in direzione opposta a questi due navigli, si trova l’ultimo tratto del naviglio della Martesana, che prosegue fuori Milano nella stessa direzione della linea verde della metropolitana, attraversando parchi, campi e paesini da cui si affacciano ville signorili e cascine secolari. Il naviglio è affiancato da trenta chilometri di pista ciclo-pedonale, che nei giorni di bel tempo si riempie di persone in bici, che corrono e che passeggiano. Viene anche usato dai pendolari che vanno al lavoro a Milano in bici o per andare a Lecco, sempre in bicicletta.
La costruzione del sistema idraulico iniziò nel periodo romano, si sviluppò tra il 1200 e il 1500, e venne utilizzato fino all’Ottocento. Il naviglio Grande fu fondamentale nel commercio con la Svizzera e nella costruzione del Duomo di Milano: il marmo veniva estratto in una cava vicina al lago Maggiore e poi trasportato in città sulle imbarcazioni che scendevano nel Ticino. Prima del Novecento i navigli erano un collegamento importante tra Milano e i fiumi e i laghi della regione. Il naviglio Grande e il naviglio Pavese si collegano a due diversi punti del Ticino e percorrendoli si poteva raggiungere il Lago Maggiore e poi la Svizzera; il naviglio della Martesana proviene dal fiume Adda, a est, e porta al Lago di Como. Il sistema collegava la città anche a fiumi minori ma più vicini al centro: il Lambro, il Seveso e l’Olona. La Darsena era il luogo di collegamento dell’intero sistema di canali e la zona di attracco e di scarico per le imbarcazioni. Il declino dei navigli iniziò nell’Ottocento, quando i trasporti si spostarono progressivamente su terra dove erano diventati più economici. L’ultima navigazione per scopi mercantili sul naviglio Grande risale al 1979: ora le imbarcazioni che percorrono il tratto interno a Milano trasportano solo turisti.
La parziale copertura e chiusura dei navigli di Milano fu decisa con il Piano Beruto, un piano regolatore approvato nel 1889: prevedeva la copertura di ampi tratti dei canali che presentavano problemi igienici e strutturali e che erano sempre meno utilizzati come mezzo di trasporto. Venne attuato qualche decennio dopo: nel 1929 fu chiusa la cerchia interna, un canale artificiale che circondava la parte centrale di Milano e che univa le acque dei tre navigli e il fossato attorno al castello Sforzesco. Oggi corrisponde alla circonvallazione interna di Milano.
Il progetto di riapertura del Comune prevede di rimettere in funzione i tratti che erano stati chiusi o coperti, partendo dalla ricostruzione del collegamento tra il naviglio della Martesana e la Darsena – che quindi dovrebbe attraversare tutto il centro – con tubature sotterranee e cinque tratti aperti in superficie. I lavori durerebbero circa sei anni, per un costo complessivo stimato di 150 milioni di euro; in alcuni punti sfrutterebbero i cantieri dei lavori, già avviati, di costruzione della linea quattro della metropolitana. Un referendum consultivo del 2011 aveva chiesto ai milanesi se fossero favorevoli o meno al progetto e il 94,36 per cento dei votanti (il 49 per cento degli aventi diritto) si era espresso a favore. Il primo passo è stata la ristrutturazione della Darsena, che nel 2015 si trasformò da una grande buca trascurata e stagnante a un bacino circondato da una passeggiata, con un piccolo complesso di negozi e botteghe.
Il progetto prevede la valorizzazione di una infrastruttura storica che creerebbe spazi d’acqua in una delle rarissime grandi città europee a esserne priva; la riqualificazione ambientale delle zone interessate dai tratti a cielo aperto; e la promozione di una mobilità più sostenibile, poiché i canali sarebbero affiancati da percorsi ciclopedonali e da aree verdi sottostanti al traffico. Sarebbero migliorati anche i sistemi di irrigazione delle aree agricole a sud di Milano e l’utilizzo di nuove tubature per installare nelle abitazioni impianti a pompa di calore al posto delle caldaie, più inquinanti.
Come tutti i progetti, anche questo ha critici e dubbiosi. Gli abitanti delle zone interessate temono la diminuzione dei parcheggi e il possibile aumento del traffico d’auto, già complicato in alcune zone a causa dei lavori per le nuove metropolitane. Altri dicono che i lavori toglierebbero fondi ad altri progetti più importanti, come quelli riguardanti le periferie.
L’obiettivo finale del comune è la riapertura completa della cerchia interna, che permetterebbe di rimettere in funzione la navigabilità dell’intero sistema: dal Ticino, a ovest, fino all’Adda, a est. Per procedere con la seconda fase però solo serviranno più fondi, altri anni di lavori e cantieri, il raggiungimento degli obiettivi della prima prima fase dei lavori e la determinazione delle future giunte comunali di portare avanti il progetto.
Questo e gli altri articoli della sezione Milano per profani sono un progetto del corso di giornalismo 2018 del Post alla scuola Belleville, pensato e completato dagli studenti del corso.