Torino riguarda tutti gli italiani
Il direttore della Stampa descrive il declino cittadino, attacca l'amministrazione e chiede aiuto al resto del paese
Il direttore della Stampa Maurizio Molinari fa culminare domenica in un editoriale severissimo una successione di delusioni e critiche nei confronti dell’amministrazione della città di Torino, di cui la Stampa è da sempre il giornale e un’istituzione. L’articolo è in prima pagina ed è la sintesi di una sensazione di declino vissuta da Torino in questi anni, maggiormente frustrante perché segue gli anni di orgoglio e ammirazioni del decennio precedente e perché si mette in relazione con i recenti successi della città di Milano, che sembra averle rubato la scena, Fiera del Libro a parte. Scrive Molinari:
Andate in Barriera di Milano e ad Aurora e troverete il degrado intatto, se non peggiorato, passeggiate lungo i Murazzi o al Valentino e vi troverete soli, o male accompagnati. Per non parlare di un sistema di trasporto pubblico inadeguato, illuminazione carente, semafori incapaci di funzionare e marciapiedi dissestati, con tanto di indicazioni stradali che tendono a legittimarli o delle file per la carta d’identità o l’abbonamento al bus. Nella città del Nord che doveva essere la vetrina di Grillo e Di Maio le difficoltà per i cittadini non sono diminuite, non c’è stata alcuna svolta su sicurezza e qualità della vita mentre ad aumentare è stata la sensazione di essere guidati da una forza politica che davanti alle opportunità preferisce indietreggiare e perdere anziché gareggiare e costruire.
Sulle recenti iniziative dell’amministrazione contro il progetto della TAV, Molinari aggiunge:
Torino viene obbligata dai luddisti contemporanei ad isolarsi dietro una montagna. Per una città che ha visto nascere il cinema, la tv nazionale e l’automobile, che ospita laboratori e pensatoi sull’alta tecnologia e la ricerca spaziale, essere trasformata in un luogo senza ambizioni è una sentenza inaccettabile. Contraria alla propria identità. Torino è una città che crea e guida, non segue e rallenta. È nel suo Dna di roccaforte del lavoro, in maniera mai gridata ma sempre operosa, che ha dato i natali a grandi leader nazionali – con idee anche contrapposte – e non può dunque riconoscersi in un’ideologia di decrescita felice il cui obiettivo strategico è tagliare, ridurre, arretrare, rinunciare.
L’elemento di ottimismo, segnalato anche nel titolo, è per Molinari l’apparente successione di reazioni dei torinesi: sia di alcuni suoi personaggi pubblici e di rilievo che dei “cittadini che fermano i redattori in strada per dire «ora basta con questi qui»”.
Torino è la città che ha immaginato e realizzato l’Italia, ed ora percepisce che il no all’Alta Velocità cela un inaccettabile rifiuto della modernità. È qualcosa che va oltre la disputa sulla Tav – un progetto che come tutti può essere modificato e migliorato – perché investe l’identità collettiva. Quando si tratta di battersi per guardare avanti, Torino non esita a farlo: avvenne con la marcia dei quarantamila nel 1980 che pose fine all’estremismo sindacale ed è avvenuto più di recente con la difesa orgogliosa del Salone del Libro, che ha visto protagonista l’intera cittadinanza. È pronta a farlo ancora. Ed in questo c’è un messaggio che investe l’intero Paese e deve suonare come un campanello d’allarme per chi lo guida: la città del Nord che ha provato di essere più aperta alle novità politiche non può accettare di finire catapultata in un angolino dello sviluppo nel nome del pessimismo ideologico perché ciò significherebbe non avere più sogni, progetti ed ambizioni. Per queste ragioni ciò che sta avvenendo qui riguarda tutti gli italiani.