La Francia discute se insegnare l’arabo nella scuola pubblica
È un'idea del governo per togliere peso ai centri religiosi islamici, dove sono frequenti fenomeni di radicalizzazione islamista
Il governo francese sta pensando di potenziare lo studio della lingua araba nelle scuole pubbliche, nel tentativo di togliere peso a scuole e corsi legati a centri religiosi islamici su cui ha poco controllo e dove sono frequenti fenomeni di radicalizzazione islamista. Dell’idea hanno parlato sia il ministro dell’Istruzione francese, Jean Michel Blanquer, commentando uno studio sull’islamismo e sulla diffusione del radicalismo religioso in Francia pubblicato lo scorso settembre, sia il presidente Emmanuel Macron, che aveva già promesso di riformare le istituzioni islamiche in Francia, a partire da come viene insegnato l’arabo. La questione è molto dibattuta e nelle ultime settimane gli esponenti della destra francese moderata e radicale hanno parlato del rischio di un’«islamizzazione» della Francia, se davvero si concretizzassero i progetti del governo.
L’arabo è la lingua ufficiale di ventotto stati nel mondo ed è parlato da circa 430 milioni di persone. È inoltre la lingua liturgica di riferimento per i musulmani, circa 1,7 miliardi di persone, dato che il Corano, il testo sacro dell’Islam, è scritto in arabo classico. Secondo un rapporto del Ministero della Cultura francese, almeno 3 milioni di persone usano l’arabo quotidianamente, soprattutto nelle sue varianti dialettali del nord Africa e del Medio Oriente, e circa 5 milioni di cittadini francesi sono originari di paesi dove si parla arabo, principalmente Algeria, Marocco e Tunisia (ex colonie francesi).
Negli anni Settanta il governo francese avviò un programma di corsi di lingua extracurriculari che permetteva ai figli degli immigrati di mantenere un legame con il proprio paese d’origine. Oggi i corsi sono aperti a tutti, e oltre all’arabo si insegna anche il turco, il portoghese, lo spagnolo, l’italiano, il serbo e il croato. Nel 2016, circa 40 mila studenti hanno frequentato i corsi di arabo organizzati dal governo in collaborazione con l’Algeria, il Marocco e la Tunisia.
Per quanto riguarda la scuola pubblica, invece, agli studenti è permesso di scegliere una seconda lingua facoltativa: la maggior parte di solito sceglie l’inglese o, nel caso delle regioni dell’est al confine con la Germania, il tedesco, ma l’offerta prevede anche corsi di arabo, russo o cinese. L’insegnamento dell’arabo è però assente. Gli insegnanti qualificati sono pochi e, come ha scritto Le Monde, nelle scuole secondarie meno di due alunni su mille hanno seguito corsi di lingua araba. Nel 2017 alle elementari gli studenti che hanno scelto di studiare l’arabo sono stati appena 567, un numero molto basso se si considera che la comunità musulmana è il 12,5 per cento della popolazione francese. Per fare un confronto, lo stesso anno gli studenti che hanno scelto di studiare cinese sono stati 1483, e la comunità cinese è solo lo 0,94 per cento della popolazione.
Il problema è che decine di migliaia di bambini (si parla di circa 80 mila persone) frequentano scuole e corsi legati a centri religiosi islamici, in alcuni casi finanziati da paesi e organizzazioni stranieri, perché molti genitori preferiscono portare i loro figli in moschea, dove vengono istruiti sui precetti della fede islamica, studiano la lingua e imparano a memoria i versetti del Corano. Il governo francese, però, non ha alcun controllo su quello che succede in queste scuole.
A settembre un think tank parigino, l’Institut Montaigne, ha pubblicato uno studio intitolato La fabbrica dell’islamismo. L’autore è Hakim El Karoui, consulente del governo francese ed ex banchiere dei Rothschild. Nelle 617 pagine dello studio, El Karoui ha parlato dei problemi dell’ideologia islamista in Francia e ha proposto un piano di riforma delle istituzioni islamiche: uno dei suggerimenti è proprio quello di «rilanciare l’apprendimento della lingua araba nella scuola pubblica». Secondo El Karoui, questa sarebbe una riforma fondamentale perché «i corsi delle moschee sono diventati il modo migliore che hanno gli islamisti per reclutare i giovani».
Lo studio di El Karoui ha avuto un forte impatto in Francia. Molti osservatori e politici, tra cui il ministro dell’Educazione Blanquer, hanno sostenuto che la quasi totale assenza dell’arabo nelle scuole pubbliche abbia contribuito ad alimentare la divisione sociale tra la minoranza musulmana e il resto del paese. Non tutti però sono d’accordo e c’è qualcuno a cui questa proposta non è piaciuta per niente: «È una soluzione assurda», ha detto Marine Le Pen, la leader di Rassemblement National, il partito di estrema destra prima conosciuto come Front National: «Ci dicono che insegneremo ai bambini a parlare arabo per combattere l’islamismo. La lingua è veicolo di cultura e certamente quella araba è una grande cultura. Ma questa è la Francia e io voglio che sia la cultura francese ad essere insegnata».
Un giorno dopo la pubblicazione dello studio dell’Insitut Montaigne, anche Razika Adnani, filosofa e islamologa di origini franco algerine, ha espresso su Le Figaro i suoi dubbi sulla riforma dello studio dell’arabo a scuola, dicendo che secondo lei non sarebbe una soluzione sufficiente per prevenire l’islamizzazione e la radicalizzazione. L’Islam radicale, ha scritto Adnani, si basa sull’idea che l’Occidente voglia contaminare la tradizione islamica con i valori del secolarismo: in questo senso, il progetto del governo di Macron non farebbe altro che alimentare la propaganda dei più radicali.