Una decisione di Trump sull’aborto sta avendo conseguenze nel mondo
La decisione di tagliare i fondi alle ong che nei paesi in via di sviluppo diffondono i contraccettivi e forniscono la possibilità di abortire sta interrompendo anche molti altri servizi
Subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, a gennaio del 2017, uno dei primi ordini esecutivi firmati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump fu l’introduzione della cosiddetta “Mexico City Policy”, con la quale le ONG che in tutto il mondo fornivano assistenza sanitaria e informazioni alle donne che scelgono di interrompere una gravidanza avrebbero smesso di ricevere fondi dall’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale, uno dei più grandi finanziatori al mondo delle organizzazioni che lavorano nei paesi in via di sviluppo. Non solo: Trump non si limitò, come i precedenti presidenti Repubblicani, a introdurre la “Mexico City Policy” sospendendo circa 600 milioni di dollari di finanziamenti alle associazioni che praticavano la pianificazione familiare all’estero, ma decise di ampliare i tagli all’assistenza sanitaria fornita in generale dagli USA all’estero portandoli a 8,8 miliardi di dollari.
La “Mexico City Policy” viene chiamata così perché fu annunciata durante la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Popolazione che si tenne a Città del Messico nel 1984. I suoi oppositori però la chiamano con un altro nome, cioè “Global Gag Rule”, letteralmente “Regola del bavaglio globale”: perché colpisce anche le organizzazioni che non praticano direttamente le interruzioni di gravidanza ma si limitano a fornire alle donne informazioni e contraccettivi. Il Washington Post ha scritto un lungo articolo per cominciare a raccontare le conseguenze che quell’ordine esecutivo sta provocando in tanti paesi del mondo.
L’ordine esecutivo di Trump è entrato in vigore a maggio 2017, e la maggior parte dei gruppi stranieri si è impegnata a seguire le nuove regole. Altri invece no: tra loro l’International Planned Parenthood Federation e Marie Stopes International, organizzazioni che hanno centinaia di partner locali nei paesi in via di sviluppo. L’International Planned Parenthood Federation fornisce assistenza sanitaria alle donne in 180 paesi del mondo, e con la decisione di Trump perderà 100 milioni di dollari all’anno (93 milioni di euro) con conseguenze in almeno 29 paesi. Marie Stopes, che opera in 37 paesi, nel 2017 ha perso 30 milioni di dollari.
Il Washington Post scrive che ci vorranno anni per valutare il reale impatto di questa decisione, ma in generale si può già dire che c’è molta confusione e incertezza nei paesi dipendenti dagli aiuti statunitensi. Nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, i programmi che si occupano di HIV, malaria e di altre malattie sono spesso gestiti dalle stesse cliniche che forniscono anche servizi di pianificazione familiare, e molti ricercatori che si occupano di AIDS sostengono da tempo che l’integrazione dei servizi sanitari sia fondamentale per arginare la diffusione del virus. Questi gruppi si sono trovati dunque a decidere – o accadrà presto – se modificare i servizi che forniscono o se rinunciare completamente ai finanziamenti del governo federale statunitense. È una scelta che ha a che fare direttamente con la vita delle donne, e che potrebbe avere anche un effetto a catena molto dannoso.
«Questo è un massiccio e potenzialmente devastante esperimento con la vita delle persone», ha detto Asia Russell, direttrice di Health GAP, organizzazione con sede negli Stati Uniti e che lavora con i malati di AIDS in Uganda e in altri paesi. Alcune organizzazioni locali stanno già cominciando a sentire l’impatto della politica antiabortista di Trump sul trattamento dell’HIV. In Mozambico, per esempio, un’organizzazione vicina a Planned Parenthood – che fornisce alle donne vari servizi, tra cui le interruzioni di gravidanza – ha perso il 60 per cento dei suoi fondi, ha chiuso cliniche in tutto il paese (molte delle quali si trovavano nelle aree rurali con un’alta prevalenza di HIV) e ha licenziato un terzo del personale: «Ci vorranno anni e anni prima che alcuni luoghi in Mozambico ricevano lo stesso livello di assistenza che abbiamo prestato noi finora», ha detto un loro responsabile.
I funzionari dell’amministrazione Trump sostengono invece che la nuova politica non ridurrà l’assistenza sanitaria: «Non stiamo cambiando gli importi dei finanziamenti di un dollaro», ha detto per esempio Alma Golden, vice amministratrice delegata di USAID, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. I fondi negati ad alcune organizzazioni verranno reindirizzati ad altre che forniscono servizi simili e che promettono di seguire le nuove regole, dice il governo, ma questo potrebbe richiedere mesi: in alcuni paesi e in alcune aree difficilmente raggiungibili ci sono pochi gruppi che potrebbero sostituirsi ad altri già presenti da tempo, o non ce ne sono affatto. I paesi interessati dalla decisione di Trump ospitano alcune delle persone più vulnerabili al mondo. Sono paesi con governi fragili, con un’assistenza sanitaria scarsissima e che lottano per far fronte a una rapida crescita della popolazione e delle epidemie.
Il Madagascar è uno di questi. «Ci sono ancora molte donne in Madagascar che vogliono i contraccettivi ma non ce li hanno», ha detto Marie Georgette Ravoniarisoa, funzionaria del ministero della Salute del paese. «Marie Stopes International [organizzazione che gestisce una clinica di pianificazione familiare] stava iniziando a raggiungerne sempre di più, ma sembra che l’amministrazione Trump abbia fatto regredire tutto». Marie Stopes International non esegue interruzioni di gravidanza in Madagascar, ma difende la legalizzazione dell’aborto. La fine dei finanziamenti decisa da Trump ha colpito in modo molto grave il suo lavoro. Il personale amministrativo è costretto a prendere cinque giorni di ferie non retribuite al mese, il programma che forniva contraccezione gratuita a 170 mila donne e ragazze è stato eliminato e qualche clinica mobile è già stata smantellata.
Al momento della firma dell’ordine di Trump, la Chiesa e i cosiddetti movimenti pro-life hanno festeggiato. Altri hanno invece messo in dubbio che questa decisione porti a ridurre gli aborti (anche perché la storia mostra che vietare la possibilità di abortire in sicurezza produce l’aumento degli aborti clandestini, costosi e molto pericolosi). Uno studio del 2011 dei ricercatori della Stanford University ha suggerito che la “Mexico City Policy” è stata «associata ad aumenti dei tassi di aborto nei paesi dell’Africa sub-sahariana», anche perché limitava i fondi anche alle organizzazioni che forniscono i contraccettivi.