Le donne che stanno provando a cambiare il Sinodo dei vescovi
Durante i lavori del principale organo consultivo del Papa, il voto è permesso solo ai maschi: ma le cose potrebbero cambiare presto
Il 3 ottobre qualche decina di uomini e donne ha partecipato a una piccola manifestazione di protesta fuori da una delle porte del Vaticano, intonando in inglese lo slogan: «Toc, toc. Chi è? Più di metà della Chiesa». Era il giorno in cui iniziava il Sinodo dei vescovi, un’assemblea in cui la classe dirigente della Chiesa cattolica si riunisce insieme ad altre persone legate alla Chiesa per parlare di alcune questioni importanti e decidere come consigliare il Papa in merito.
Il tema del sinodo di quest’anno, che si concluderà domani, è il coinvolgimento dei giovani nella comunità della Chiesa. Secondo i manifestanti del 3 ottobre, uno dei modi per farlo sarebbe assegnare un ruolo più importante alle donne nella Chiesa – a cominciare dal consentire loro di partecipare ai voti del Sinodo – per evitare che abbandonino la Chiesa già da giovani, come sta succedendo in diverse parti del mondo.
Ci sono molte cattoliche che vorrebbero che le donne avessero più potere all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, ed esistono alcuni gruppi di pressione fondati proprio per portare avanti questa richiesta. Uno è la Women’s Ordination Conference (WOC), un’organizzazione fondata a Detroit, negli Stati Uniti, che fin dal 1975 chiede che anche le donne possano accedere al sacerdozio. La sua leader, Kate McElwee, si definisce una «femminista cattolica». Poi c’è Future Church, un’altra organizzazione cattolica americana, che dal 1990 chiede sia che possano esserci sacerdotesse oltre che sacerdoti, sia che i preti possano sposarsi, come accadeva nei primi anni di vita della Chiesa.
Ma non sono solo americane le cattoliche interessate a cambiare il ruolo delle donne nella Chiesa: l’italiana Lucetta Scaraffia, giornalista, storica e direttrice di Donna Chiesa Mondo, il mensile dedicato alle donne dell’Osservatore romano, è una delle principali sostenitrici di un cambiamento per le donne nella Chiesa. In Liechtenstein invece ha sede Voice of Faith, un’organizzazione che ha l’obiettivo di ottenere che il 30 per cento dei ruoli decisionali all’interno della Chiesa cattolica sia ricoperto da donne entro il 2030.
Circa un decimo dei 340 partecipanti al Sinodo sono donne: sono gli unici membri dell’assemblea che non possono votare sui documenti del Sinodo che vengono consegnati al Papa al termine dei lavori. Fino al Sinodo precedente solo i membri che erano anche presbiteri – cioè sacerdoti – potevano votare: a partire da questo, possono farlo anche i due frati che sono a capo di ordini religiosi che fanno parte dell’assemblea. Lo stesso diritto non è concesso però alle suore superiore generali che prendono parte al Sinodo.
Durante i lavori, McElwee e Deborah Rose-Milavec, direttrice di Future Church, hanno fatto consegnare al cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, una petizione firmata da più di novemila persone che chiede che le superiore – le religiose a capo di una comunità religiosa femminile – che fanno parte del Sinodo abbiano diritto di voto come i membri uomini. Non è chiaro se il Vaticano o il Papa abbia risposto.
Scaraffia ha detto a Elisabetta Povoledo del New York Times che per alcuni cattolici la differenza tra membri del Sinodo uomini e donne mostra chiaramente che all’interno della Chiesa c’è una forma di sessismo: «È un’ingiustizia clamorosa. Dimostra che il criterio che sta dietro tutto non è la differenza tra i sacerdoti e i laici, ma tra le donne e gli uomini».
McElwee e Rose-Milavec hanno spiegato a Povoledo che per loro la petizione è solo un primo passo per provare a cambiare il ruolo delle donne nella Chiesa: l’obiettivo a lungo termine è il sacerdozio per le donne, ma i cambiamenti nella Chiesa avvengono sempre molto gradualmente e comunque ci sono molti altri piccoli passi che si potrebbero fare prima di spingersi così avanti. Come ammesso da McElwee, però, è probabile che alcuni membri della gerarchia cattolica si oppongano a questa richiesta proprio perché la vedono come un primo passaggio verso un possibile sacerdozio femminile.
Degli 1,3 miliardi di cattolici al mondo, più della metà sono donne. Per la Chiesa non possono accedere al sacerdozio perché Gesù scelse solo uomini come apostoli, cioè i seguaci che secondo i Vangeli gli erano più vicini. Secondo le organizzazioni che vorrebbero una maggiore presenza delle donne nelle gerarchie ecclesiastiche, cambiare le cose potrebbe limitare il numero di giovani che lasciano la Chiesa: vari studi condotti negli Stati Uniti dicono che sempre più persone giovani smettono di essere cattoliche, e se in passato le donne formavano lo “zoccolo duro” di chi restava, oggi sono molto meno coinvolte. Rose-Milavec sostiene che per la prima volta nella storia le donne stiano lasciando il cattolicesimo con maggiore frequenza rispetto agli uomini.
Papa Francesco ha parlato spesso di una maggiore presenza di donne nella Chiesa e oggi sei donne occupano ruoli di grande importanza nelle istituzioni che governano il Vaticano. Nel 2016 il Papa aveva anche istituito una commissione che studiasse la possibilità di aprire il diaconato (una forma “minore” di sacerdozio) alle donne: solo che la commissione non ha reso pubbliche le proprie considerazioni e a giugno il cardinale che ne ha gestito i lavori ha detto di non aver mai avuto intenzione di consigliare al Papa di istituire il diaconato femminile.
Ci sono comunque alcuni membri del Sinodo – uomini – che hanno parlato in favore delle iniziative per dare un ruolo maggiore alle donne nella Chiesa. Il cardinale Reinhard Marx, capo della Conferenza episcopale tedesca e arcivescovo di Monaco di Baviera, ha detto ai giornalisti che la questione è importante «per tutta la Chiesa»: «Saremmo sciocchi se non facessimo uso del potenziale delle donne. Grazie a Dio non siamo così stupidi». Anche i leader dei gesuiti, dei frati domenicani e di un ramo dei francescani hanno detto di sostenere la richiesta di concedere il diritto di voto anche alle superiore in una conferenza stampa del 15 ottobre: insieme alle “colleghe” hanno scritto una proposta per dare anche a loro il diritto di voto nei prossimi Sinodi. Suor Sally Marie Hodgdon, superiora generale dell’ordine delle Suore di San Giuseppe di Chambery e membro del Sinodo, ha detto che era improbabile che lei e le altre superiore ottenessero il diritto di voto con questo Sinodo, ma si è detta convinta che succederà al prossimo.
Il prossimo Sinodo dei vescovi sarà nell’ottobre del 2019, ma non sarà un’assemblea ordinaria come quella che sta per concludersi, ma un’«assemblea speciale per la regione pan-amazzonica»: si parlerà della Chiesa nella regione sudamericana dell’Amazzonia e di ecologia.