Tutti i guai del ponte di Calatrava a Venezia
Dopo una costruzione estremamente complicata, continuerà a costare centinaia di migliaia di euro e avrà bisogno di altri interventi straordinari, come quello deciso di recente
di Pietro Cabrio
Venezia è una città di isole, canali e ponti, e per questo si trova continuamente alle prese con problemi di degradazione edilizia. Le maggiori preoccupazioni riguardano le fondamenta – e quindi isole e canali – per via della continua erosione provocata dall’acqua e per i danni causati sia in superficie che in profondità da un traffico eccessivo di turisti e imbarcazioni.
I ponti, invece, fino a dieci anni fa richiedevano al massimo dei costosi restauri, perché ben fatti ma vecchi e inevitabilmente soggetti a usura. Da quando però sul Canal Grande è stato costruito il ponte della Costituzione, meglio noto come “il ponte di Calatrava”, anche i ponti sono diventati una preoccupazione, aggiungendosi a quelli esistenti e non di poco conto.
Fra gli oltre quattrocento ponti della città, quello di Calatrava è il più monitorato, nonostante sia molto più recente di quasi tutti gli altri (è il più “giovane” dei quattro sul Canal Grande). Il suo monitoraggio è perenne. Ci sono sensori che controllano le condizioni della struttura, viene organizzato un controllo periodico su tutta la sua lunghezza e lo stato delle saldature deve essere verificato con frequenza. La manutenzione ordinaria è arrivata a costare 167mila euro all’anno, ai quali poi si aggiungono gli interventi necessari per correggere di volta in volta i difetti e i tanti danneggiamenti.
L’ultimo intervento è stato deciso pochi giorni fa: i gradini in vetro, nonostante siano stati trattati per aumentarne l’attrito, sono ritenuti troppo scivolosi e quindi pericolosi, soprattutto quando sono bagnati (cioè quasi sempre, in una laguna). Verranno sostituiti gradualmente con delle lastre di trachite, snaturando in parte l’idea originaria alla base della realizzazione del ponte. Dei lavori si occuperà Insula, la società comunale per la manutenzione urbana: costeranno altri 40mila euro.
Eppure nella realizzazione del ponte non sono stati riscontrati reati né errori attribuibili a qualcuno, per via della loro complessità, per il modo in cui i problemi si sono evoluti e perché alcuni aspetti contestati sono ritenuti soggettivi. Ma uno dei due procuratori aggiunti che lavorarono all’inchiesta ordinata dalla Corte dei Conti dopo la lievitazione dei costi descrisse tutta la vicenda parlando di «gravissimi errori caratterizzanti sia la fase progettuale sia quella esecutiva, sia quella relativa allo stesso bando di gara», rappresentativi di una «radicale incapacità, diffusa in vari settori della pubblica amministrazione e dell’impresa aggiudicataria, di comprendere la complessità tecnica di un’opera così ambiziosa». Questi errori si sarebbero ripetuti «in una sorta di clonazione esponenziale che ha dilatato i tempi di realizzazione e i costi dell’opera».
Dal progetto alla costruzione
Il quarto ponte sul Canal Grande – dopo quello degli Scalzi, di Rialto e dell’Accademia – fu progettato alla fine anni degli Novanta dal famoso architetto spagnolo Santiago Calatrava, autore di importanti opere in tutto il mondo. Nel 1997 Calatrava donò il suo progetto alla città di Venezia, il cui sindaco di allora era Massimo Cacciari. Il quarto ponte sul Canal Grande era ritenuto da tempo necessario come collegamento fra piazzale Roma – il capolinea di auto e mezzi pubblici – e la stazione Santa Lucia. La mancanza di un ponte in quella zona della città era evidente, poiché non esisteva un percorso in grado di sostenere l’arrivo giornaliero in città di decina di migliaia di persone, fra turisti, lavoratori e pendolari. L’utilità del ponte è stata confermata dal traffico che sostiene e dal modo in cui ha cambiato l’ingresso principale di Venezia, contribuendo alla creazione di una nuova area commerciale tra la città e l’isola del Tronchetto.
Tuttavia i problemi del ponte di Calatrava iniziarono già in fase di studio preliminare, quando diversi esperti misero in guardia da possibili problemi di staticità. Ma il progetto, sviluppato in stretta collaborazione con tutti gli enti coinvolti, ricevette l’approvazione dei tecnici del comune, della Sovrintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Venezia e anche dell’ente indipendente ICMQ, che lo valutò adeguato alle norme vigenti. L’approvazione definitiva da parte del comune di Venezia arrivò nel 2001.
I lavori vennero assegnati nel 2002 con una gara alla ditta di costruzioni veneta Cignoni, la quale venne assistita da altre aziende specializzate e da diversi professionisti in tutte le complesse fasi dell’opera. Nel 2003 iniziò la costruzione, e i problemi si ripresentarono. La ditta, che effettuò come da prassi una verifica del progetto, notò la presenza di alcuni difetti per i quali richiese assistenza allo studio di Calatrava, dando inizio così alla dilatazione dei tempi di costruzione. Secondo il titolare della ditta Cignoni il calcolo delle fondamenta, per esempio, era insufficiente: il progetto le prevedeva di 5.000 metri cubi, ce ne vollero 10.000; la quantità di ferro prevista per lo scheletro inferiore a forma di spina di pesce fu sottostimata e la ditta dovette raddoppiarla, altrimenti – sempre secondo i suoi calcoli – il ponte non avrebbe retto.
Per i lavori era stata prevista una durata di circa un anno e mezzo; ce ne vollero invece sei, durante i quali i costi aumentarono. Secondo i calcoli iniziali del progetto esecutivo, il ponte sarebbe dovuto costare 6,7 milioni di euro: ne costò invece più di 11. Ci furono inoltre contenziosi tra le varie ditte appaltatrici e tra il comune e la Cignoni, che proseguì i lavori correggendo i problemi ritenuti più evidenti lasciandone lì però altri, soprattutto per via dei lunghi tempi di risposta, anche dopo gli inviti a procedere rapidamente da parte dell’amministrazione comunale. Abbiamo chiesto un commento allo studio di Zurigo di Santiago Calatrava circa gli interventi correttivi effettuati sul ponte, ma non abbiamo ricevuto risposte.
I tanti imprevisti spinsero il sindaco Cacciari ad annullare l’inaugurazione del ponte, prevista nell’agosto del 2008 alla presenza del presidente della Repubblica. Il ponte venne aperto al pubblico poco prima della mezzanotte dell’11 settembre con una scarna celebrazione.
La costruzione fu oggetto di inchieste: nel marzo del 2015 i giudici della Corte dei Conti del Veneto assolsero in primo grado l’architetto Calatrava e tre dirigenti del comune di Venezia dall’accusa di danno erariale, stabilendo che le spese non previste dell’opera non fossero attribuibili a errori di progettazione. La sentenza della Corte dei Conti giudicò di conseguenza inammissibile la richiesta della città a Calatrava di un risarcimento di circa 3,8 milioni di euro.
La ditta Cignoni – il cui ex titolare sostiene di dover ricevere sei milioni di euro dal comune, a fronte di un costo complessivo di undici – venne dichiarata fallita dal tribunale di Rovigo nel 2009. L’anno successivo fallì anche la Lorenzon Techmec System, una grossa ditta del veneziano che aveva partecipato ai lavori. Nel fallimento di entrambe, i lavori al ponte furono una delle cause.
I problemi che rimangono
Secondo i pareri di vari esperti – e secondo l’esperienza di chi ci cammina regolarmente – oggi il ponte di Calatrava presenta tre grandi difetti. Il primo è che pur essendo stato costruito di recente tra due affollate stazioni di mezzi pubblici, non ha rampe. I gradini posti alle due estremità subiscono quindi danneggiamenti continui dai colpi di trolley e carrelli – anche perché sono in vetro e quindi fragili – e spesso richiedono riparazioni.
Ma la mancanza di rampe e la presenza di gradini è un problema soprattutto per le persone disabili, per cui il ponte risulta inaccessibile. Venne tuttavia dichiarato per tempo conforme alla legge sulle barriere architettoniche: al progettista venne infatti concesso di non inserire le rampe nel progetto, principalmente per motivi estetici. La conformità alla legge sulle barriere architettoniche venne ottenuta indicando la sottostante fermata del vaporetto come soluzione per la traversata del Canal Grande per le persone disabili.
Negli anni successivi la questione delle barriere architettoniche richiese comunque una soluzione: il vaporetto era una soluzione percorribile ma estremamente scomoda e lenta, dato che le fermate adiacenti sono fra le più caotiche della città. Nel 2013 il comune pianificò la costruzione di un dispositivo traslante sul lato sinistro della struttura: l’ovovia. L’installazione però fu complessa e costosa, perché il ponte non era stato pensato per essere integrato con un sistema simile (lo stesso Calatrava si oppose).
L’ovovia richiese due elevatori e una rotaia lungo tutta l’arcata per un costo totale di circa 1,8 milioni di euro. Negli ultimi anni è entrata in funzione solo per pochi giorni: nessuno la richiede, è troppo lenta e quando è servita ha avuto dei problemi meccanici. In estate, inoltre, le temperature all’interno della cabina la rendono di fatto inutilizzabile. L’attuale sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha espresso più volte l’intenzione di smantellarla in quanto inutile, ma non può procedere senza rischiare di incorrere in un danno erariale alla città, perché è costata moltissimo. E quindi l’ovovia è ancora lì, ferma.
Il secondo difetto riscontrato da tempo riguarda i gradini in vetro. Col bel tempo le misurazioni delle superfici sono sopra la soglia di scivolosità, ma quando è bagnato scendono, rendendo di fatto pericolosa la percorrenza. Quando nevica il ponte viene chiuso completamente o solo ai due lati – dove ci sono i gradini di vetro – lasciando percorribile solo la camminata centrale in trachite. Il sale non può essere utilizzato, perché rovinerebbe le lastre. Problemi simili erano stati riscontrati in precedenza anche in un altro ponte in vetro progettato da Calatrava, il Zubizuri di Bilbao, a cui venne poi applicata una striscia di gomma nera sopra il vetro. Quest’ultimo si aggiunge agli altri progetti di Calatrava che nel corso degli anni sono stati oggetti di cause e contenziosi per presunti difetti.
Nel progetto di Venezia i gradini sarebbero dovuti essere anche completamenti illuminati nelle ore notturne: ma dal giorno successivo all’inaugurazione il sistema di illuminazione viene usato solo in parte, perché altrimenti renderebbe indistinguibili fra di loro i gradini, per via dei contorni delle singole lastre che confondono la camminata. Per tutti questi motivi, con pioggia e umidità si verificano quotidianamente cadute e scivoloni, e spesso anche infortuni, per cui il comune ha speso migliaia di euro in risarcimenti.
L’ultima questione aperta riguarda la staticità della struttura, che fu il primo aspetto ad allarmare chi ebbe a che fare con il progetto. Secondo alcuni rilevamenti, il ponte risulterebbe troppo basso: una sorta di peso morto che allontanerebbe le due rive del Canal Grande di qualche millimetro all’anno provocando crepe e fratture nelle vicinanze. Il comune è intervenuto più volte su questo aspetto, installando per esempio dei martinetti idraulici, ma sostiene che siano stati interventi di routine per un ponte ancora in fase di assestamento. Secondo i tecnici comunali, nulla, nemmeno le crepe che ogni tanto compaiono lì intorno, evidenzia problemi legati alla staticità del ponte, ritenuta invece sotto controllo.