Godetevi le vostre sneaker, perché passeranno di moda
Da anni le portiamo in qualsiasi occasione, ma secondo il New York Times presto non sarà più così
La moda è fatta di vampate di successo e lunghi periodi di dimenticanza e disprezzo, come si vede dai mille ritorni del velluto, dell’animalier o della camicia hawaiana. Questa regola sembra non valere per alcuni capi che dominano da anni il gusto e i guardaroba: non parliamo, per questa volta, dei jeans skinny – cioè quelli aderenti, per cui sembra iniziata la fine – ma delle sneaker, le scarpe da ginnastica indossate nella vita di ogni giorno. Da anni sono portate da chiunque in qualsiasi occasione, dall’uscita con gli amici agli incontri di lavoro, e per le donne hanno rimpiazzato le scarpe eleganti e col tacco non solo per stare più comode ma per essere più “cool”.
Il loro successo si accompagna a quello della moda casual, dello streetwear (cioè il modo di vestire della strada, nato tra i surfisti californiani degli anni Settanta e poi arrivato ai rapper) e dall’athleisure (la tendenza a portare abiti comodi, come felpe e scarpe da ginnastica, nella vita di tutti i giorni) e le ha spinte fino alle passerelle delle grandi case di moda, dove sono accoppiate a eleganti completi maschili e ai vestiti da sera femminili. Vanessa Friedman, critica di moda del New York Times e tra le più autorevoli in circolazione, ha scritto un editoriale intitolato The Season of Peak Sneaker Silliness (“La stupida stagione dell’impazzimento per le sneaker”) in cui si lamenta della loro insensata onnipresenza, aggiungendo che forse è una bolla sul punto di scoppiare.
La “democratizzazione” delle sneaker iniziò dopo la Prima guerra mondiale, quando le aziende iniziarono a produrre su larga scala a prezzi abbordabili scarpe per lo sport prima riservate ai ricchi, che divennero presto popolari: già nel 1921 la Converse Rubber Shoe Company chiese al famoso giocatore di basket Chuck Taylor di migliorare una loro scarpa sportiva, la All Star. Dopo la Seconda guerra mondiale le sneaker erano indossate da tutti per comodità, senza differenze di sesso o di appartenenza sociale. Dopo qualche anno di crisi, tornarono negli Settanta e da allora il loro successo ha continuato a crescere. Nel 1972 Nike inventò il modello Cortez, creando la prima sneaker alla moda: disponibile in tanti colori e con il logo dell’azienda, veniva indossata sulla pista da ballo e sul campo di allenamento, era insieme sportiva ed elegante. Nel 1984 Gucci fu il primo marchio di lusso a entrare nel mercato delle sneaker: propose una scarpa da tennis con una striscia verde e rossa e il logo Gucci sulla linguetta.
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La prima sneaker “di culto” fu però la Air Jordan creata da Nike nel 1984 per il leggendario giocatore di basket Michael Jordan. Era bianca e rossa come la divisa dei Chicago Bulls, la sua squadra, e venne inizialmente vietata dalla NBA (la principale lega di basket professionistico) perché il regolamento richiedeva di portare in campo solo scarpe bianche. Jordan le indossò comunque e dopo ogni partita Nike pagò una multa di 5.000 dollari: finì che le Air Jordan divennero simbolo di individualismo e ribellione, e le sneaker furono per la prima volta un oggetto per appassionati, da possedere e collezionare. Il passo ulteriore arrivò nel 1996, quando Miuccia Prada fece sfilare la sua prima sneaker, trasformandola da scarpa sportiva a simbolo di stile.
Il gesto di Prada era ancora una provocazione, ma da allora le sneaker sono entrate progressivamente nella moda di tutti giorni e in quella dei marchi di lusso. Nel 2002 Adidas chiese di disegnarle agli stilisti Yohji Yamamoto e Jeremy Scott, che collaborarono; nel 2005 le propose Lanvin, mentre il 2009 fu l’anno in cui Michelle Obama ne indossò un paio da 540 dollari (circa 470 euro attuali) e Louis Vuitton assunse il rapper Kanye West per disegnarne tre, andate a ruba anche se costavano mille dollari l’una. Sei anni dopo West disegnò per la sua linea Yeezy di Adidas la Yeezy Boost, che fece sfilare alla Settimana della moda di New York e che aprì poi la porta, nell’autunno 2017, alla celebre Triple S di Balenciaga, considerata l’equivalente per le sneaker dell’iPhone X di Apple e probabilmente la più orrenda di tutte.
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Nel mezzo, ricorda Friedman, c’è stata la sfilata di Chanel del gennaio 2014 in cui Karl Lagerfeld presentò la collezione di alta moda per la primavera/estate 2015: tutti i tailleur, gli abitini ricamati e i raffinatissimi vestiti da sera erano accompagnati da una sneaker, per un totale di 64 scarpe realizzate a mano dal calzaturificio Massaro (ognuna aveva richiesto circa 30 ore di lavoro). L’influente critica di moda Suzy Menkes scrisse che «il pubblico rimase a bocca aperta davanti a questa trasformazione nel mondo delle scarpe»; il Guardian aggiunse che le sneaker avevano portato «freschezza di visione» e che «avevano trasformato il portamento delle modelle». Fu una svolta culturale: le scarpe da ginnastica entrarono del regno della moda più raffinata ed elitaria, spostando tutto il mondo della moda verso la ricerca della comodità e della naturalezza. Da allora le sneaker non poterono mancare nelle collezioni degli stilisti di lusso.
Intanto il mondo in generale e il mondo del lavoro in particolare diventavano sempre più casual e alla mano, favorendo la diffusione delle sneaker: così comode e versatili da rendere molto difficile il ritorno ai vecchi tacchi a spillo. Oltre che nelle passerelle di alta moda le sneaker sono state sdoganate anche nella vita reale, con abiti da sposa proposti insieme a scarpe da ginnastica bianche e la tennista Serena Williams che al matrimonio di Meghan Markle le indossava sotto un abito di Valentino.
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Le sneaker rispondono allo stesso meccanismo della Coca Cola descritto da Warhol negli anni Sessanta: «Guardi la tv, vedi la Coca-Cola e sai che il presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e pensaci, anche tu puoi bere Coca-Cola». Sono il fattore democratizzante della celebrità: «Non posso avere l’aereo di Jay-Z o la sua auto, ma posso avere le sue scarpe», spiega Josh Luber, co-fondatore di StockX, una piattaforma che rivende scarpe da ginnastica. «Prima o poi tutti arrivano alle sneaker», dice, «perché non si fanno mancare niente: sono retro, artistiche, alla moda, sportive, da influencer».
A quattro anni dall’innovativa sfilata di Chanel, scrive Friedman, il fenomeno sneaker ha raggiunto livelli ridicoli. Tutti gli stilisti sono convinti di dover proporre le loro, sempre «più grosse, stravaganti e spesso brutte». Pensando solo alle ultime sfilate, quelle in cui sono state presentate le collezioni per la primavera/estate 2019, quelle di Versace erano enormi, con una suola di gomma e strappi in velcro, «un incrocio tra i sandali Chaco e la catena di un rapper»; quelle di Cavalli erano «giganti, argentate e si allargavano in fondo come astronavi»; quelle di Valentino ricordavano quelle delle infermiere, con in più ciuffi di piume removibili. Di recente Gherardo Felloni, il nuovo direttore creativo della storico calzaturificio Roger Vivier, ha inventato la Viv’ Run, che ricorda una scarpa da corsa, proposta in molti colori, con una fibbia gigante diamantata e un tacco interno di 7 centimetri. La Diamond Sneaker di Jimmy Choo ha l’aspetto di una scarpa da corsa vintage, con una suola in plastica a forma di diamante e incrostata di cristalli Swarovski.
Friedman scrive che la maggior parte «sono più simili a mostri di Frankenstein […] ingombranti e aggressivamente scontrose. Non fanno spiccare il volo a chi le indossa ma lo trattengono giù». In più costano tantissimo: un paio di Gucci costa 500 euro, per le Balenciaga Triple S ce ne vogliono quasi 800, per le Louis Vuitton’s Archlight, tra le migliori, 950. Secondo Rati Levesque, capo del sito di scarpe di lusso TheRealReal.com, le vendite di sneaker crescono del 35 per cento di anno in anno; per Beth Goldstein, analista di calzature del gruppo NPD Group, quelle alla moda sono al primo posto in quanto a crescita in tutto il settore, sia per uomo che per donna.
Secondo alcuni analisti e venditori, però, le sneaker hanno raggiunto l’apice e ora inizierà la discesa. Ne è convinto Neil Clifford, direttore di Kurt Geiger Ltd, che possiede quattro marchi di scarpe e amministra i reparti di calzature dei grandi magazzini Harrod’s, Selfridges, Brown Thomas e Liberty di Londra; anche secondo Goldstein di NPD la vendita di sneaker «rallenterà». Per Clifford «di sicuro c’è solo questo: la gente si stufa delle cose. Che il cambiamento sia guidato da venti politici o preoccupazioni commerciali, prima o poi succede. Penso che torneremo a vestirci in modo formale, quindi con scarpe aperte e col tacco. Secondo me il 2018 sarà il momento d’oro delle sneaker, ma il contraccolpo sta per iniziare». Al di là dei dati e delle convinzioni degli esperti, a sostegno di questa tesi c’è l’ultima collezione disegnata per Vetements da Demna Gvasalia, che è anche direttore creativo di Balenciaga ed è considerato tra gli stilisti più abili a creare e intuire la moda del futuro: le modelle avevano ai piedi sensuali scarpe décolleté col tacco alto e sandali legati sottilmente alla caviglia, anziché goffe e gigantesche sneaker.