Christopher Lloyd, Doc
Compie oggi 80 anni e, tra i tanti personaggi che è stato, è noto soprattutto per Emmett Brown di "Ritorno al Futuro"
L’attore statunitense Christopher Lloyd, nato il 22 ottobre 1938, compie oggi 80 anni e negli ultimi cinquanta ha recitato in più di 100 opere teatrali e in decine di serie tv e film. È stato lo zio Fester della famiglia Addams e il giudice Morton in Chi ha incastrato Roger Rabbit; è stato molto apprezzato per Qualcuno volò sul nido del cuculo (film a cui si preparò passando diverse settimane in un istituto psichiatrico e non uscendo mai dal personaggio); ha recitato con John Belushi e Jack Nicholson in Verso il sud; è stato l’ex hippie e aspirante tassista Jim Ignatowski in Taxi e un comandante Klingon in Star Trek III – Alla ricerca di Spock. Lloyd ha avuto una carriera lunga, bella e varia, che ancora sta continuando, ma più di ogni altra cosa è stato Emmett “Doc” Brown nei tre Ritorno al Futuro.
Doc – così viene sempre chiamato nel film – è un personaggio che si fa ricordare e che ha dato un grande contributo a far diventare così apprezzati i film in cui compare. Lloyd, tra l’altro, non è uno di quelli che prova fastidio nell’essere sempre associato a un solo personaggio, come succede spesso ad altri attori famosi per un film in particolare: la cosa sembra anzi piacergli molto e nei quasi trent’anni che sono passati da Ritorno al futuro – Parte III, uscito nel 1990, non ha mai smesso di rimettere i panni di Doc, di tanto in tanto.
Come spesso capita con i personaggi più azzeccati, anche il Doc di Lloyd nacque un po’ per caso. Il regista Robert Zemeckis e lo sceneggiatore Bob Gale riuscirono a farsi dare i soldi per il primo Ritorno al Futuro dopo l’inatteso successo del loro film All’inseguimento della pietra verde. E per il ruolo di Doc – l’inventore amico e mentore di Marty McFly, che costruisce una macchina del tempo modificando una DeLorean che funziona grazie a del plutonio sottratto a un gruppo di terroristi libici – pensarono a John Lithgow, che a loro era piaciuto in Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione, un film di fantascienza del 1984. Lithgow rifiutò e Zemeckis e Gale pensarono quindi ad altri due attori di quel film: Jeff Goldblum e Christopher Lloyd. Sapete già a quale dei due andò la parte.
Lloyd ha raccontato che all’inizio nemmeno lesse la sceneggiatura. Perché era impegnato a girare un film in Messico e perché, dopo averla pigramente sfogliata, non ne rimase per niente impressionato. Anche perché poco prima gli era stato offerto un ruolo teatrale al Long Wharf Theater di New Haven, in Connecticut, lo stato in cui è nato. Pare però che la sceneggiatura finì tra le mani di un amico che era con lui e che gli disse che quando qualcuno dimostra di essere interessato a te, il minimo che puoi fare è sentire cosa quel qualcuno ha da dirti. Nel primo giorno utile, Lloyd prese quindi un aereo per Los Angeles e andò a parlare con Bob Zemeckis; gli piacque quello che aveva da dirgli e accettò di fare il film con lui.
Ritorno al Futuro è un film che sulla carta era stato molto diverso da come finì per essere su pellicola. Marty McFly avrebbe dovuto essere Eric Stoltz; la DeLorean un frigorifero, il cane di Doc uno scimpanzé. Tutte scelte il cui obiettivo era trovare un difficile equilibrio tra una storia avvincente, di fantascienza, ma anche spensierata e divertente. Lloyd contribuì a cambiare un po’ il suo personaggio, dalla carta alla pellicola: decise di ispirarsi ad Albert Einstein (una scelta piuttosto semplice, se si interpreta uno scienziato) ma soprattutto al direttore d’orchestra Leopold Stokowski, rubandone in parte l’aspetto, ma soprattutto le movenze. Serviva a fare una cosa piuttosto difficile: far capire che Doc non è uno scienziato pazzo; è uno scienziato che tutti tranne Marty pensano sia pazzo, ma che in realtà non lo è.
Grazie ai tre film e ad altri prodotti considerati parte del canone di Ritorno al Futuro, Doc è uno di quei personaggi del cinema di cui si sa moltissimo. Nei film ci sono infatti cenni – messi in ordine dai fan del film – su quando a inizio Novecento suo padre Erhardt Von Braun emigrò dalla Germania per andare a vivere a Hill Valley, California. Si sa che si appassionò di scienza grazie a Jules Verne, che la sua famiglia cambiò cognome (da Von Braun a Brown) per il sentimento antitedesco successivo alla Prima guerra mondiale e che durante la Seconda Doc ebbe forse in qualche modo a che fare con il Manhattan Project, il programma di ricerca che portò alla realizzazione della bomba atomica. Doc ha anche un secondo nome (Lathrop) e si disse che i suoi due nomi (Emmett Lathorp) fossero degli anagrammi imperfetti delle parole “time portal”, ma Lloyd ha negato, spiegando che i nomi, per niente comuni, furono scelti solo per creare contrasto con un cognome banale.
Più che per una biografia dettagliata, Doc è rimasto nella storia del cinema perché è un personaggio che ha tutto ciò che serve per non farsi dimenticare. Si fa subito notare per abbigliamento, aspetto, facce e movimenti e il suo arrivo nel primo film – dopo che la sua presenza si è in qualche modo intuita grazie alle strambe invenzioni che circondano Marty nelle prime scene – è oggettivamente notevole. Dopo circa venti minuti di film, Marty e Einstein (il cane di Doc nel 1985; quello nel 1955 si chiama Copernico) sono in un parcheggio e guardano un normale furgone da cui, mentre la musica aumenta, esce immersa in una nuvola di fumo bianco una strana auto modificata con quello che scopriremo poi essere un flusso canalizzatore: e dall’auto scende uno scompostissimo individuo che sta per viaggiare nel tempo.
Oltre all’aspetto, Doc è importante per il ruolo. Tutto comincia per colpa sua, ma allo stesso tempo sarà lui, in più di un’occasione, a tirare Marty fuori dagli impicci in cui si caccerà. È quello che fa muovere il film – letteralmente: avanti e indietro nel tempo, grazie ai viaggi che “organizza” – e ne spiega i momenti più “scientifici”, ma deve anche far ridere e far riflettere Marty. Doc è folle abbastanza da divertire, ma allo stesso tempo geniale e amichevole. Fa ridere, ma non si ride quasi mai di lui.
Come spiegato dal sito Tv Tropes, Doc mette tra l’altro insieme molti elementi ricorrenti nella rappresentazione di uno scienziato pazzo, solo che alcuni vengono in parte ribaltati. È buffo, ma a volte anche tenero; per esempio quando nel terzo film balla con Clara (la parola inglese è “adorkable“).
Doc è un personaggio-spalla che però non è solo un aiutante del protagonista: durante il film cambia idea (sull’amore e sul destino), evolve e nel terzo film è addirittura protagonista e non più deuteragonista. In più, cosa fondamentale, Doc ha la sua frase, quella che tutti associano a lui. In realtà ne ha più di una, ma quella davvero famosa, usata per esprimere il suo stupore, è “Grande Giove”. Che all’inizio, nella versione italiana era “Bontà divina”. A proposito di versione italiana, nel primo film il doppiatore di Doc fu Ferruccio Amendola; nel secondo e nel terzo fu Dario Penne.
In inglese è invece sempre stata “Great Scott!”: un modo di dire che secondo diversi esperti di lingua inglese nacque nel diciannovesimo secolo come esclamazione alternativa a “Great God!”, per non tirare in ballo la divinità. Non è chiaro chi sia lo Scott cui si fa riferimento nel modo di dire, forse il generale statunitense Winfield Scott o lo scrittore scozzese Walter Scott, vissuti entrambi a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento.
Le prove della resistenza di Doc nella cultura popolare, nonostante non sia stato fatto nessun Ritorno al Futuro dal 1990 in poi, stanno nella serie tv d’animazione Rick e Morty (una esplicita parodia di Ritorno al Futuro, in cui Lloyd ha detto che avrebbe piacere a comparire) e in tutte le volte che la tv, la pubblicità e la politica (prima di Matteo Renzi, Bernie Sanders) citano o usano il personaggio o il film. Accade spesso, comprensibilmente, per pubblicità d’auto.
Della Fiat.
E della Toyota.
Qui è invece quando Lloyd andò, in DeLorean e insieme a Michael J. Fox, da Jimmy Kimmel.
Tutti segni del fatto che nonostante abbia fatto altro, e bene, Christopher Lloyd continua a essere soprattutto Doc.