In Afghanistan si vota per il parlamento, tre anni in ritardo
È una prova importante per il sistema politico dopo il governo di unità nazionale del 2014, ma c'è grande preoccupazione per gli attentati dei talebani
Oggi in Afghanistan ci sono state le elezioni parlamentari, le terze dalla fine del regime dei talebani nel 2001: avrebbero dovuto tenersi nel 2015, ma erano state ritardate fino a quest’anno per via della crisi politica seguita alle elezioni presidenziali del 2014. Sono dunque elezioni importanti, considerate un banco di prova per le prossime presidenziali in programma per l’aprile 2019.
Intorno alle elezioni, però, c’è stata molta preoccupazione. I talebani le considerano illegittime e da quando sono state annunciate ci sono stati numerosi attacchi terroristici nei centri di registrazione al voto; il più grave è stato compiuto dall’ISIS, che ad aprile ha ucciso almeno 60 persone a Kabul. Da luglio almeno dieci candidati alle elezioni sono stati uccisi. Per paura degli attentati, un terzo dei settemila seggi del paese sono rimasti chiusi e circa 70mila soldati e poliziotti sono stati impegnati nel monitoraggio delle operazioni di voto, ma alcuni attacchi si sono comunque verificati: il più grave a Kabul, dove almeno 15 persone sono morte.
I seggi hanno aperto alle 7 di mattina, quando in Italia erano le 4.30, e hanno chiuso quasi tutti alle 16, le 13.30 italiane.
Per cosa si vota
Si vota per eleggere i 250 membri della Wolesi Jirga, la camera bassa del Parlamento afghano, i cui deputati restano in carica per cinque anni. I candidati sono 2.565 e meno dell’8 per cento di loro fa parte di un partito politico: sono quasi tutti indipendenti, anche se molti sono legati a gruppi politici. In Afghanistan non c’è un vero sistema partitico e ciò che conta di più è l’appartenenza a un gruppo etnico e i legami con i notabili di ogni zona, per questo il panorama politico è molto frammentato. Nella sola Kabul i candidati sono più di 800 per 33 seggi: per questo la scheda è molto grande e sembra un quotidiano.
Dei 250 seggi, 10 sono riservati alla minoranza nomade dei Kuchi e uno alle comunità Sikh e induista, insieme. Sono previste anche delle quote riservate alle donne: almeno 68 deputati devono essere donne, almeno una per ciascuna regione dell’Afghanistan. Le candidate sono 417, e sarebbe considerato un buon risultato per la parità di genere nel paese se ne venissero elette più di 68.
Oggi però non si vota in tutte le regioni dell’Afghanistan. Nel Kandahar, nel sud del paese, il voto è stato rimandato di una settimana a causa dell’assassinio del potente comandante della polizia locale, il generale Abdul Raziq, ucciso giovedì in un attentato rivendicato dai talebani. Non si vota nemmeno nella regione di Ghazni, nell’est dell’Afghanistan, a causa di due problemi: da un lato il controllo dei talebani di parte della regione, dall’altra la disputa tra le diverse minoranze che la abitano – ad esempio pashtun, tagiki e hazara – che non riescono a mettersi d’accordo su come dividere la regione in collegi elettorali per garantire un’equa rappresentanza di ogni gruppo etnico.
La camera alta del Parlamento, la Meshrano Jirga, non viene eletta direttamente dai cittadini, ma è composta da persone scelte dai consigli locali, elette nelle elezioni amministrative o scelte dal presidente.
Perché sono elezioni importanti
Il risultato delle elezioni presidenziali del 2014 portò l’Afghanistan vicino alla guerra civile. Al secondo turno l’ex economista della Banca Mondiale Ashraf Ghani ottenne il 56,44 per cento dei voti, un risultato in controtendenza rispetto al primo turno, in cui era arrivato primo l’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah. Entrambi i candidati denunciarono brogli e irregolarità e Abdullah si rifiutò di accettare la sconfitta, dando il via a una grossa crisi. La situazione si risolse, anche grazie all’intervento degli Stati Uniti, con la formazione di un governo di unità nazionale, tuttora in carica, di cui Ghani è presidente e Abdullah di fatto primo ministro.
Negli ultimi anni i partiti di Ghani e Abdullah si sono messi d’accordo per riformare il sistema elettorale e il voto di oggi sarà la prima applicazione della riforma. Sarà anche un test per la commissione elettorale, molto criticata per la gestione delle precedenti elezioni, e per le forze armate afghane, che nell’ultimo anno hanno dovuto affrontare un aumento degli attacchi da parte dei talebani. Sono anche le prime elezioni organizzate da quando la missione della NATO nel paese è finita, nel dicembre del 2014.
La sicurezza comunque non è l’unico motivo di preoccupazione: si teme che le procedure di voto possano essere irregolari, dato che in passato ci sono stati brogli, casi di corruzione, voti multipli e intimidazione degli elettori. Per questo più di 400mila attivisti, giornalisti e funzionari di istituzioni locali osserveranno le procedure di voto.
Negli ultimi mesi c’è stato un problema legato alle procedure di registrazione degli elettori (quasi 9 milioni in totale): in cinque regioni il numero di elettori registrati è stato più alto delle stime sulla popolazione avente diritto di voto, un’anomalia apparentemente dovuta alla mancanza di un sistema che lega ogni cittadino a un indirizzo e a uno specifico collegio. Molti gruppi politici se ne sono lamentati, spiegando che molte persone di fatto erano state registrate più volte. La commissione elettorale ha quindi accettato di introdurre l’uso di controlli biometrici in tutti i seggi: sono stati distribuiti più di 20mila dispositivi che gli scrutatori useranno per raccogliere impronte digitali e fotografie degli elettori per assicurarsi che non votino più di una volta.
Quando si sapranno i risultati
Ci vorrà parecchio tempo, a causa delle difficoltà logistiche legate al trasporto delle urne e del complicato processo di conteggio ideato con la riforma elettorale. Dopo la chiusura dei seggi, gli scrutatori faranno un primo conteggio in presenza degli osservatori, dopodiché manderanno i risultati iniziali, riassunti in un documento, a Kabul. Come misura di sicurezza per evitare brogli, una copia dei documenti sarà affissa fuori da ciascun seggio, un’altra sarà data al candidato che avrà ottenuto più voti, un’altra ancora a una commissione locale per le denunce di brogli e un’ultima sarà messa insieme alle schede nell’urna, che a sua volta sarà mandata a Kabul.
I voti saranno poi ricontati dalla commissione elettorale: i risultati preliminari sono attesi per il 10 novembre. Dopo questa data si potranno presentare reclami sullo svolgimento delle elezioni, che saranno presi in considerazione dalla commissione. I risultati finali dovrebbero essere diffusi entro il 20 dicembre.