Partiamo per Mercurio
Sabato inizia il lungo viaggio interplanetario della missione BepiColombo, verso il pianeta più vicino al Sole e con un sacco di cose da scoprire
di Emanuele Menietti – @emenietti
Nelle prime ore di sabato 20 ottobre la missione BepiColombo dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) partirà dallo spazioporto di Kourou, nella Guiana Francese, per un lungo viaggio di milioni di chilometri tra i pianeti, fino a raggiungere Mercurio, il pianeta più vicino al Sole e il meno esplorato del Sistema solare interno. È una delle missioni spaziali più importanti dell’ESA degli ultimi anni: ci permetterà di scoprire nuove cose su Mercurio e, più in generale, di comprendere le dinamiche dei pianeti che orbitano molto vicini alle loro stelle di riferimento. Il lancio è molto atteso, ma come avviene spesso con le imprese spaziali potrebbe subire un rinvio, nel caso in cui le condizioni meteo a Kourou non fossero favorevoli.
Mercurio
Se pensate di trasferirvi da qualche altra parte nel Sistema solare, scartate Mercurio. Certo, è un pianeta roccioso come la Terra, ma la sua vicinanza al Sole lo rende decisamente inospitale: la temperatura sulla sua superficie varia, a seconda dei periodi e delle zone, tra i 430 °C e i -180 °C. Ai suoi poli ha zone costantemente in ombra, dove sono presenti ammassi di ghiaccio, ma in media la sua superficie è arrostita dai raggi solari. La presenza di crateri e irregolarità ci dicono che su Mercurio ci sono stati terremoti ed eruzioni vulcaniche, un po’ come dalle nostre parti.
Mercurio ha un diametro di appena 4.879 chilometri, meno della metà di quello del nostro pianeta. L’accelerazione di gravità è inferiore rispetto a quella terrestre: 3,7 metri al secondo quadrato, contro i 9,8 della Terra; questo significa che una persona che a Posillipo “pesa” 74 chilogrammi su Mercurio non arriva a pesarne 30. (Qui ci siamo presi qualche licenza per darvi un’idea, naturalmente peso e massa sono due cose diverse.)
La caratteristica più curiosa di Mercurio è che da quelle parti un giorno solare dura due anni. La stretta vicinanza al Sole, con una distanza media di poco meno di 58 milioni di chilometri, fa sì che Mercurio giri su se stesso (rotazione) e intorno al Sole (rivoluzione) con periodi molto sincronizzati. Compie un giro su se stesso in 58,65 giorni terrestri, equivalenti esattamente a due terzi del periodo di rivoluzione (88 giorni terrestri). Questo significa che Mercurio compie due rivoluzioni ogni tre rotazioni, quindi se siete sul pianeta ci vorranno 176 giorni prima di riuscire a vedere il Sole nella stessa posizione. In questo senso, il giorno solare (176 giorni) dura il doppio dell’anno (88 giorni).
Esplorazioni
A causa dell’enorme influenza gravitazionale del Sole, portare sonde in orbita intorno a Mercurio non è molto semplice, e questo spiega in parte la scarsa quantità di missioni che si sono finora occupate del pianeta. Solamente due sonde hanno fatto visita a Mercurio: la prima fu la Mariner-10 della NASA nella prima metà degli anni Settanta, la seconda fu MESSENGER con tre passaggi ravvicinati tra il 2011 e il 2015. Ed è stata proprio MESSENGER a permetterci di studiare meglio Mercurio, grazie alla raccolta di una grande quantità di dati, ma lasciando irrisolte alcune questioni che saranno affrontate anche da BepiColombo.
Una missione, due sonde
BepiColombo è una missione spaziale realizzata dall’ESA in collaborazione con l’Agenzia spaziale giapponese (JAXA). Il nome deriva da Giuseppe Colombo, detto Bepi, un matematico e astronomo italiano che nel Novecento dedicò molti dei suoi studi a Mercurio e alla sua esplorazione. Fu Colombo, per esempio, a proporre alla NASA il sistema di traiettorie interplanetarie da seguire, sfruttando la spinta orbitale di Venere, per permettere a Mariner-10 di compiere i suoi passaggi ravvicinati.
BepiColombo è costituta da due sonde: Mercury Planetary Orbiter (MPO) dell’ESA e Mercury Magnetospheric Orbiter (MMO) della JAXA. Viaggeranno insieme al Mercury Transfer Module (MTM), dotato di un sistema di propulsione elettrica.
Mercury Planetary Orbiter (MPO)
MPO si manterrà a un’altitudine compresa tra i 480 e i 1.500 chilometri dalla superficie di Mercurio. Ha una forma che ricorda quella dei vecchi televisori, con una larghezza massima di 2,4 metri e pannelli solari che raggiungono i 7,5 metri di estensione. Sulla sonda sono state montate numerose strumentazioni per realizzare rilevazioni ed esperimenti. Tra queste ce ne sono diverse progettate in Italia: ISA, per studiare la struttura interna del pianeta, MORE per rilevarne con più precisione il campo gravitazionale, SERENA per studiare le interazioni tra Mercurio e il Sole, SIMBIO-SYS per studiare la storia geologica del pianeta e la composizione del terreno.
Mercury Magnetospheric Orbiter (MMO)
MMO si comporterà come una sorta di trottola, che ruoterà su se stessa 15 volte al minuto, a una distanza compresa tra 590 e 11.640 chilometri dalla superficie di Mercurio. Avrà il compito di raccogliere dati sulla magnetosfera di Mercurio, cioè sul campo magnetico generato dal pianeta, significativo nonostante le sue ridotte dimensioni. Dalle osservazioni delle precedenti sonde, sappiamo che il pianeta riesce a deviare parte del vento solare, riducendo i processi che altrimenti consumerebbero velocemente la sua superficie (erosione). Molti meccanismi della magnetosfera di Mercurio non sono però ancora chiari e per questo si guarda con grande interesse ai dati che potrà raccogliere MMO.
Ok, ma come ci arriviamo fino a là?
Come per la maggior parte delle sonde, il viaggio di BepiColombo non sarà lineare: sfrutterà la spinta gravitazionale della Terra, di Venere e dello stesso Mercurio per raggiungere il suo obiettivo. Se la partenza sarà sabato, come da programma, BepiColombo impiegherà poco più di 7 anni per raggiungere Mercurio, compiendo un passaggio ravvicinato alla Terra nell’aprile del 2020, altri due a Venere (ottobre 2020 e agosto 2021) e sei a Mercurio tra l’autunno del 2021 e il gennaio del 2025. A quel punto sarà arrivato nella giusta orbita per stare nei paraggi del pianeta. Se vi siete persi per strada e vi sentite alla deriva nello Spazio interplanetario, l’animazione qui sotto dovrebbe fare al caso vostro.
La massa del Sole costituisce da sola il 99,86 per cento di tutta la massa del nostro Sistema solare, ed esercita un’enorme forza gravitazionale alle quale è difficile sfuggire, figurarsi piazzare una minuscola sonda in orbita intorno a un pianeta nei suoi paraggi. Semplificando, BepiColombo dovrà sempre viaggiare con il freno tirato per contrastare l’attrazione del Sole. Lo farà grazie ai suoi propulsori ionici, che saranno impiegati per lunghe porzioni del viaggio delle due sonde verso la loro destinazione per rallentare la sua corsa.
Quando BepiColombo arriverà nei pressi di Mercurio, MPO e MMO finiranno insieme, e ancora collegate tra loro, in un’orbita polare intorno al pianeta. Una volta stabilizzate, si separeranno e aggiusteranno le loro orbite per qualche settimana, rendendo infine possibile la raccolta dei dati. Entrambe le sonde sono dotate di rivestimenti progettati per sostenere escursioni termiche di centinaia di gradi, alcuni mai impiegati prima in missioni di questo tipo e che in un certo senso saranno un esperimento nell’esperimento.
Mercurio chiama Terra
In oltre 60 anni di esplorazioni spaziali siamo diventati piuttosto bravi a comunicare con sonde a milioni di chilometri da noi. Durante il suo viaggio, il sistema comunicherà con la Terra grazie a due enormi parabole di 35 metri di diametro qui sulla Terra, una in Spagna e l’altra in Argentina. A queste si uniranno le antenne del Deep Space Network della NASA, il più grande e importante centro di comunicazione con le sonde spaziali che abbiamo inviato nello Spazio.
Le due sonde MPO e MMO raccoglieranno i loro dati e li invieranno verso la Terra tramite le loro antenne. Un messaggio impiegherà tra i 5 e gli 11 minuti per raggiungerci, a seconda della posizione di Mercurio e della Terra.
Il concetto stesso di comunicazione è del resto profondamente legato al pianeta più vicino di tutti al Sole. Osservato dalla Terra, attraversa rapidamente il cielo di notte, più velocemente degli altri pianeti. Forse proprio per questo motivo gli antichi Romani lo chiamarono Mercurio, come il messaggero degli dei.