Un attentato diverso dagli altri in Israele
La settimana scorsa un uomo palestinese ha ucciso misteriosamente due civili israeliani nell'insediamento di Barkan, e da allora sembra scomparso senza lasciare tracce
Domenica scorsa un uomo palestinese ha ucciso due civili israeliani sparando loro con una mitragliatrice all’interno dell’insediamento di Barkan, in Cisgiordania. Lo sparatore è stato identificato come il 23enne elettricista Ashraf Na’alowa. Per molti versi sembra un attentato terroristico come molti altri, da quelle parti, ma il caso ha una particolarità che lo rende notevole: Na’alowa è scappato senza lasciare tracce. I palestinesi che compiono un attacco terroristico vengono spesso uccisi sul posto – a volte anche dopo che sono stati neutralizzati – oppure catturati in breve tempo grazie alla conoscenza capillare del territorio e dei gruppi armati palestinesi da parte delle forze israeliane. Stavolta non è successo, e da sei giorni le forze di sicurezza israeliane stanno conducendo una imponente “caccia all’uomo”, come raramente si vede in territorio israeliano.
La ricerca di Ashraf Na’alowa è complicata per diversi motivi. Non apparteneva ad alcuna fazione politica o militare, non ha diffuso alcuna rivendicazione e durante l’attentato non ha urlato frasi che facciano pensare a motivazioni religiose. Come molti altri palestinesi, Na’alowa lavorava all’interno del complesso industriale dell’insediamento, ma non è chiaro se l’attacco sia legato al suo lavoro o alle condizioni dei suoi colleghi. Fra l’altro, gli investigatori israeliani non hanno ancora capito come abbia fatto a portare una mitragliatrice all’interno del complesso industriale dell’insediamento.
Poco dopo l’attacco il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva annunciato che Na’alowa sarebbe stato presto arrestato, ma da allora sono passati diversi giorni e di lui non si sa ancora niente. Giovedì mattina l’esercito israeliano aveva arrestato una delle sue sorelle, ma non è ancora chiaro se abbiano degli elementi che la leghino all’attacco.
Secondo una fonte di Al Monitor, alle ricerche stanno collaborando anche le forze di sicurezza palestinesi, controllate dal partito moderato Fatah, altra cosa non scontata. I palestinesi hanno buone ragioni per collaborare: nel complesso industriale di Barkan lavorano più di tremila palestinesi, che potrebbero essere danneggiati da eventuali restrizioni imposte dagli israeliani. Il complesso industriale è citato da alcuni come un esempio di pacifica convivenza fra lavoratori israeliani e palestinesi, mentre per altri dimostra soltanto il bisogno di numerosa manodopera a basso costo da parte da parte dell’industria tecnologica israeliana. Prima dell’attentato della scorsa settimana, comunque, a Barkan non c’erano mai stati attacchi o episodi di violenza paragonabili a questo.
L’attentato è stato fonte di imbarazzo anche per le forze di sicurezza israeliane, e un brutto colpo per un approccio che finora si era rivelato efficace. Scrive Al Monitor:
La linea era stata tracciata dal capo di gabinetto dell’esercito, dall’ex coordinatore delle attività nei territori palestinesi e dall’intelligence interna israeliana, e si basava su una sola premessa: non era praticamente mai successo che un palestinese dotato di un permesso di lavoro facesse un attentato. Questa premessa ha permesso ai servizi di sicurezza israeliani di convincere i politici – soprattutto quelli di estrema destra che siedono al governo – a non scombinare più di tanto la vita dei palestinesi [che lavorano negli insediamenti israeliani], la loro libertà di movimento e il rilascio di nuovi permessi.
Non è ancora chiaro se il governo stia pensando a restrizioni o maggiori controlli per i palestinesi che lavorano negli insediamenti. Nel frattempo, le ricerche di Na’alowa stanno continuando: parlando col Times of Israel, alcuni funzionari israeliani hanno detto che potrebbe aver lasciato un messaggio suicida e che l’esercito si sta preparando a un’eventuale sparatoria nel caso dovesse trovarlo.