Cos’è Mare Jonio, la nuova nave di soccorso nel Mediterraneo

Batte bandiera italiana ed è un progetto «di disobbedienza morale» di ong, associazioni e politici di sinistra, che fa discutere

L'armatore della nave di Mediterranea, Alessandro Metz, al centro, posa nella foto di un gruppo di sostenitori al termine della conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa e del progetto Mediterranea, Roma, 4 ottobre 2018
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
L'armatore della nave di Mediterranea, Alessandro Metz, al centro, posa nella foto di un gruppo di sostenitori al termine della conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa e del progetto Mediterranea, Roma, 4 ottobre 2018 (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

All’alba di giovedì 4 ottobre la nave Mare Jonio è salpata dal porto di Augusta, in Sicilia, diretta verso le acque internazionali del Mediterraneo centrale nell’ambito della missione “Mediterranea”. La nave Mare Jonio, battente bandiera italiana, è al centro di un progetto promosso da diverse associazioni, ong e parlamentari italiani di sinistra per «svolgere attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione» in cui si trovano i migranti che «in assenza di soccorsi» tentano di raggiungere le coste italiane dalla Libia. Nella conferenza stampa di presentazione della nave, la prima di questo tipo battente bandiera italiana, il progetto è stato definito «un’azione non governativa, di disobbedienza morale e obbedienza civile».

Il progetto Mediterranea è molto particolare e molto diverso dalle tradizionali missioni svolte dalle navi delle ong che si occupano di soccorso in mare: sulla sua efficacia è stato espresso anche più di un dubbio.

L’idea è nata a luglio, quando il governo Lega-M5S ha cominciato a chiudere i porti alle navi delle ong e a cambiare il modo in cui era stato interpretato fino a quel momento il concetto di “porto sicuro”. Il progetto è stato appoggiato da organizzazioni di tipo diverso – Arci, Ya Basta Bologna, il magazine online I Diavoli, imprese sociali come Moltivolti di Palermo, tra gli altri – e da alcune ong, come la tedesca Sea-Watch. I garanti dell’operazione – resa possibile grazie a un prestito di 465mila euro di Banca Etica e altri 70mila euro raccolti con un crowdfunding – sono Nicola Fratoianni (segretario di Sinistra Italiana, eletto deputato con Liberi e Uguali), Rossella Muroni (ex presidente di Legambiente, deputata di Liberi e Uguali), Erasmo Palazzotto (deputato di Liberi e Uguali) e Nichi Vendola (ex presidente della Puglia e fondatore di SEL).

La missione ruota attorno a Mare Jonio, una nave lunga 37 metri e larga 9 che può tenere a bordo un centinaio di persone. Insieme a Mare Jonio, ieri sono salpate due altre imbarcazioni di appoggio con a bordo attivisti e giornalisti: una delle due è la nave Astral dell’ong spagnola Open Arms, che fornirà sostegno tecnico alla missione. Non è chiaro quale sia il principale obiettivo di Mare Jonio: dal video di presentazione della missione (nel tweet sopra) e da alcune dichiarazioni dei suoi promotori, l’obiettivo sembra essere il soccorso in mare, anche se alcuni osservatori hanno sottolineato come la nave non sembri essere in condizione di fare grosse operazioni di salvataggio e di garantire la sicurezza agli eventuali migranti salvati per lunghi periodi di tempo. Anche le due imbarcazioni di supporto hanno avuto diversi problemi prima della partenza, a causa della rottura di un timone e di un motore. Di certo c’è che la missione Mediterranea si è data l’obiettivo di denunciare la mancanza di soccorsi nel Mediterraneo e di essere testimone di eventuali naufragi.

Le politiche adottate negli ultimi mesi dal governo Lega-M5S, infatti, hanno ridotto ulteriormente gli sbarchi di migranti in Italia, ma allo stesso tempo hanno fatto aumentare in maniera significativa i morti in mare. Oggi nel Mediterraneo centrale non c’è più alcuna missione di soccorso non militare: Aquarius, la nave di SOS Mediterranée e Medici senza Frontiere, è arrivata al porto di Marsiglia e per il momento non può più ripartire, visto che Panama le ha revocato l’iscrizione nei suoi registri navali; Open Arms si è spostata nel Mediterraneo occidentale, tra il Marocco e la Spagna; altre due navi umanitarie sono bloccate da mesi nel porto della Valletta, a Malta. Il deputato Erasmo Palazzotto, uno dei garanti del progetto, ha detto riferendosi alla politica di chiusura dei porti alle ong inaugurata dall’attuale governo: «La bandiera italiana ci dovrebbe permettere di entrare nei porti italiani, è un escamotage del diritto per riaprire i porti italiani».

Sulla missione e sulla sua efficacia ci sono diversi dubbi, soprattutto di natura tecnica e di opportunità politica: le critiche si sono concentrate soprattutto sulle dubbie condizioni di Mare Jonio, la cui partenza fino all’ultimo giorno è stata in forse, ma anche sulla composizione dell’equipaggio e sui soldi spesi per la missione, che secondo alcuni avrebbero potuto essere usati in maniera diversa.

L’analista che finora si è espresso in maniera più critica nei confronti del progetto è stato Matteo Villa, esperto di migrazioni per l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), autore di frequenti report sui flussi migratori nel Mediterraneo centrale. Villa ha elencato su Twitter alcuni dei problemi della missione: personale impreparato, navi scassate che contengono a malapena l’equipaggio, missione solo con intenti politici senza possibilità di salvare vite e «con lo scopo di forzare, portando violenza dove dovrebbe esserci soccorso». Contattato dal Post, Villa ha sottolineato il carattere «amatoriale» e rischioso della missione e la generale impreparazione di diverse persone a bordo nello svolgere soccorsi in mare. Secondo Villa, se l’obiettivo era segnalare imbarcazioni in difficoltà, raccogliere dati sui migranti nel Mediterraneo centrale e testimoniare la mancanza di soccorsi, si potevano prendere altre strade più efficaci, per esempio quella del soccorso aereo. Un esempio di soccorso aereo nel Mediterraneo è quello svolto dall’organizzazione francese Pilotes Volontaire, che con l’aereo Colibri segnala efficacemente alle autorità competenti le imbarcazioni in difficoltà. Colibri, in grado di volare 9 ore al giorno, costa 150 euro all’ora (PDF), una spesa enormemente inferiore a quella pagata dai promotori della missione Mediterranea per tenere Mare Jonio in acqua.

Non è facile dire ora cosa potrà fare o meno Mare Jonio nel Mediterraneo centrale, né sapere quali difficoltà incontrerà sia nell’attività di soccorso che in quella di “denuncia” e “testimonianza”. Non si sa nemmeno come reagirà il governo italiano nel caso in cui la nave di Mediterranea – battente bandiera italiana – dovesse soccorrere dei migranti e chiedere l’autorizzazione ad attraccare in un porto italiano: sarebbe uno scenario inedito, che potrebbe dare inizio all’ennesima crisi sui migranti con al centro il governo Lega-M5S.