Il Parlamento Europeo sta provando a far sì che le auto inquinino meno
Ha approvato una proposta per costringere le case automobilistiche a ridurre le emissioni di CO2, ma il Consiglio potrebbe ammorbidirla
Il Parlamento Europeo ha votato un’ambiziosa proposta sulla riduzione di gas inquinanti prodotti dalle auto entro il 2030. Entro il 2021, secondo i piani attuali, le emissioni di anidride carbonica (CO2) che sono tra le cause del riscaldamento globale dovrebbero diminuire del 20 per cento rispetto ai livelli del 2005; secondo la proposta approvata oggi dal Parlamento, nel 2030 le emissioni dovrebbero diminuire del 40 per cento rispetto ai livelli previsti nel 2021, con un obiettivo intermedio del 20 per cento entro il 2025 (la prima proposta parlava del 45 per cento). La proposta è stata votata da una maggioranza molto risicata e ora passa al Consiglio, che potrebbe approvare un obiettivo più modesto: si parla del 35 per cento.
La proposta è stata fra le più discusse degli ultimi mesi da ambientalisti e lobbisti delle case automobilistiche. Da un lato, il settore dei trasporti è l’unico che non ha tagliato le proprie emissioni di gas serra dal 1990 a oggi, e finora è stato regolamentato poco rigidamente (nonostante l’UE si sia già impegnata a ridurre complessivamente le emissioni di gas serra del 40 per cento entro il 2030). Dall’altro, diversi paesi dipendono moltissimo dal mercato delle auto e temono che ulteriori regolamentazioni potrebbero portare a delocalizzazioni e perdite di posti di lavoro.
È il motivo, per esempio, per cui la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto che la riduzione delle emissioni contenuta nella nuova misura si fermi al 30 per cento, come inizialmente previsto dalla Commissione Europea (l’industria tedesca delle auto produce circa un quarto del PIL del paese). Parlando col Fatto prima del voto, l’eurodeputata del M5S Eleonora Evi – che ha seguito l’iter legislativo come relatrice ombra della proposta – aveva spiegato che «ci sono spinte molto forti per riavvicinarlo al provvedimento iniziale della Commissione, o addirittura per portare gli obiettivi al di sotto dei livelli proposti».
Le stesse spinte stanno già facendo pressione sul Consiglio dell’Unione Europea, che nei prossimi mesi discuterà le proposte approvate oggi. Euractiv scrive che un gruppo di 19 stati si è già accordato per una riduzione del 40 per cento, la stessa quota approvata oggi dal Parlamento. Per raggiungere la maggioranza qualificata serve l’adesione di un ultimo stato. Molto dipenderà da cosa farà l’Austria, che attualmente detiene la presidenza di turno del Consiglio: potrebbe unirsi agli stati che spingono per il 40 per cento, oppure cercare un compromesso al 35 per cento (la stessa soglia che aveva proposto in Parlamento dopo molti negoziati il Partito Popolare Europeo, il principale partito di centrodestra). Infine la proposta prevede che entro il 2025 una quota di mercato del 20 per cento di veicoli nuovi debba essere dedicata ai prodotti «a zero e basse emissioni», cioè alle auto elettriche: la quota dovrà salire al 35 per cento entro il 2030.
La proposta del Parlamento contiene altre misure che cercano di spostare l’industria delle automobili verso prodotti meno inquinanti: l’articolo 11, per esempio, obbliga le case automobilistiche a testare le nuove tecnologie entro un anno con test di guida – un modo per rendere ancora più stringenti i controlli dopo il cosiddetto scandalo “dieselgate” – mentre l’articolo 2 incoraggia la Commissione ad aggiornare i limiti di peso dei veicoli commerciali leggeri, per tenere conto delle batterie e dei motori più ingombranti di cui hanno bisogno quelli meno inquinanti.
Secondo un rapporto del centro studi ambientalista Transport & Environment, anche un compromesso al 40 per cento ridurrebbe le emissioni relative al trasporto solamente della metà della quota concordata negli accordi di Parigi del 2016 per il 2030: «per raggiungere questi obiettivi, i paesi dovrebbero comunque adottare politiche molto radicali come aumentare le tasse sul carburante o vietare le auto nei centri delle città», sintetizza Euractiv.