Come è fatta Skopje, una delle capitali più kitsch del mondo
Negli ultimi anni l'aspetto della più grande città della Macedonia è stato stravolto, e c'entra il referendum di oggi sul cambio del nome
di Elena Zacchetti e Luca Misculin
In mezzo alla principale piazza di Skopje, la capitale della Macedonia, c’è un’enorme statua alta 22 metri che raffigura un guerriero a cavallo. Tutti sanno che il guerriero è Alessandro Magno, considerato uno dei più grandi condottieri e strateghi militari di sempre, ma ufficialmente nessuno lo può dire. Alessandro Magno è infatti la figura più contesa tra Grecia e Macedonia, due paesi che da quasi trent’anni litigano sull’identità culturale e storica lasciata dal grande regno macedone del Quarto secolo a.C. La controversia finora ha avuto conseguenze soprattutto per i macedoni, che per l’opposizione dei greci sono rimasti fuori dall’Unione Europea e dalla NATO e che oggi stanno votando in un referendum per cambiare il nome del loro stato in “Repubblica della Macedonia settentrionale” e mettere fine alla decennale disputa con la Grecia.
La statua, che ufficialmente si chiama “Guerriero a cavallo”, non è solo una storia bizzarra da raccontare ai turisti – pochi, per la verità – che decidono di visitare Skopje: è anche il simbolo un enorme e invasivo progetto di rinnovamento urbano realizzato negli ultimi otto anni e che ha trasformato Skopje in una città per certi versi sorprendente e diversa da qualsiasi altra in Europa, e che l’ha resa «una delle capitali più kitsch del pianeta».
Tutto è iniziato nel 2010, quando l’allora governo di centrodestra guidato dal Partito Democratico per l’unità nazionale (Vmro-Dpmne) annunciò il progetto “Skopje 2014”. Il progetto prevedeva l’investimento di circa 80 milioni di euro per la costruzione di una quarantina di nuovi monumenti, sculture, facciate ed edifici. Si chiamava “Skopje 2014” perché l’idea era di finirlo entro il 2014, quando la città avrebbe avuto una faccia completamente diversa dal precedente aspetto modernista, dovuto per lo più all’architetto giapponese Kenzo Tange. L’obiettivo non era solo provare a rendere il centro più attraente per i turisti, ma anche rivendicare pezzi di cultura e storia parte dell’identità nazionale macedone, valorizzando alcuni dei personaggi nazionali più noti e popolari. Per esempio la figura di Madre Teresa di Calcutta, nata proprio a Skopje e oggi presente sulle targhe commemorative alle entrate degli edifici di recente costruzione – tra cui il ministero degli Esteri, per dirne uno – e in diverse zone del centro storico. Ma soprattutto Alessandro Magno, personaggio al centro della disputa tra Macedonia e Grecia e che i greci rivendicano come parte della loro cultura, dato che l’antico regno macedone comprendeva territori che oggi si trovano nella Grecia settentrionale.
Il problema è che col tempo il progetto “Skopje 2014” è sfuggito di mano, diciamo così, e ha trasformato la città in una specie di Las Vegas d’Europa, come la definiscono oggi diversi suoi abitanti.
Un improbabile stile barocco-neoclassico ha piano piano colonizzato la zona del centro, quella lungo le rive del fiume Vardar e a sud dello storico Ponte di pietra – uno dei monumenti storici più importanti della città, costruito nel Quindicesimo secolo sotto la dominazione ottomana e oggi interamente pedonale. Centinaia di statue sono comparse ovunque, una a fianco all’altra (si stima che siano circa un migliaio, ma non sono mai stati diffusi dati ufficiali): sulle rive del fiume, sui tetti degli edifici, sulle nuove facciate neoclassiche, in mezzo alle piazze, ai lati delle strade, al centro delle fontane. Quando è finito il metallo ed è aumentato il costo del rame, uno dei materiali usati per fare il bronzo, si è continuato a fare statue con la terracotta. I personaggi storici macedoni erano così pochi, scherza oggi qualche abitante del posto, che il governo ha eretto una statua anche per la cugina di secondo grado della madre di Alessandro Magno. Quando sono finiti i soldi da spendere, ne sono stati stanziati altri. Secondo un’inchiesta realizzata nel 2015 dal sito Balkan Insight, il progetto è arrivato a costare più di mezzo miliardo di euro, almeno sette volte quanto era stato inizialmente previsto.
Nel fiume Vardar sono comparsi anche tre ristoranti a forma di “navi pirata”, nemmeno troppo apprezzati dagli abitanti della città. I vascelli non sono certo il simbolo di un qualche tipo di potere navale, visto che la Macedonia è uno stato senza sbocchi sul mare, e non è chiaro cosa rappresentino, o se con la loro costruzione si volesse simboleggiare qualcosa. Sulle rive del Vardar, inoltre, sono state installate palme per una spesa complessiva di mezzo milione di euro: il 95 per cento è morto nel corso del primo anno – una cosa non impossibile da prevedere, in un paese in cui la temperatura d’inverno scende spesso sotto lo zero.
Il grande piano di rinnovamento del centro di Skopje ha creato contrasti notevoli in città, soprattutto perché a pochi metri dalle colonne doriche e ioniche degli edifici di nuova costruzione si trova il vecchio bazaar, la parte più antica del centro, eredità dei secoli di dominio ottomano.
Il vecchio bazaar è rimasto un mondo a parte, con le sue stradine pedonali piene di negozi di ogni tipo, i suoi ristoranti di cucina locale e la voce del muezzin che per cinque volte al giorno chiama alla preghiera i musulmani, che a Skopje appartengono per lo più alla minoranza albanese (20 per cento circa della popolazione) e turca (2 per cento). Questa zona è rimasta in buona parte in piedi durante il terremoto del 1963 e più di recente è stata esclusa dal progetto “Skopje 2014”, e oggi viene considerata l’unica parte autentica ancora visitabile dell’antica città.
Il costo e i risultati di Skopje 2014 hanno avuto conseguenze importanti e nel 2017 sono stati uno dei temi della campagna elettorale delle elezioni politiche. I conservatori di Vmro-Dpmne si sono confermati il primo partito, anche se alla guida del governo è poi finito il centrosinistra guidato dal Partito Socialdemocratico. Il nuovo primo ministro Zoran Zaev non ha perso tempo e in meno di un anno ha concluso un accordo per fare la pace con la Grecia: l’intesa prevede che la Macedonia cambi il suo nome ufficiale – oggi si chiama FYROM, una sigla che significa ex Repubblica Jugoslava di Macedonia – e rinunci a usare simboli e personaggi contesi, in cambio del ritiro del veto greco all’entrata dei macedoni nella NATO e nella UE. Il governo Socialdemocratico ha anche bloccato i lavori di Skopje 2014, che come aveva previsto qualcuno sono proseguiti oltre la scadenza stabilita nel progetto iniziale.
Oggi se anche il governo decidesse di smantellare tutte le statue e le facciate erette negli ultimi anni – cosa che non sembra voglia fare, almeno per ora – Skopje rimarrebbe una città bizzarra, piena di cose fuori posto e copiate da posti più rinomati e conosciuti. Camminando per esempio per le vie del centro, vicino alla centralissima piazza Macedonia, è facile imbattersi in una copia del toro di Wall Street, nota scultura in bronzo del quartiere della Borsa di New York. A pochi passi da dove si trovava la casa di Madre Teresa – andata completamente distrutta nel devastante terremoto del 1963 – c’è la Porta di Macedonia, un monumento simile al più famoso Arco di Trionfo di Parigi. Poco distanti dal centro, infine, circolano degli autobus rossi a due piani molto simili a quelli di Londra: gli abitanti si erano affezionati a quel modello quando nel 1963, dopo il terremoto, il governo britannico gliene prestò qualcuno per rimettere in piedi il trasporto pubblico cittadino.
Nonostante la delusione di molti abitanti della capitale macedone per i risultati del progetto “Skopje 2014” e le enormi spese sostenute per realizzarlo, oggi il Vmro-Dpmne è ancora popolare e i suoi inviti a boicottare il referendum e opporsi a un accordo con la Grecia potrebbero convincere molti elettori a non andare a votare. Per rendere valido il voto dovrà presentarsi al seggio il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto: gli ultimi sondaggi davano il Sì intorno al 58 per cento, ma molto dipenderà dall’efficacia della campagna di Vmro-Dpmne.