Avete mai visto un documentario di arrampicata?
Ce ne sono due, nuovi, che raccontano imprese incredibili e sono piaciuti anche a chi non ne sa niente: si intitolano "Free Solo" e "The Dawn Wall"
Da qualche mese di festival in festival stanno girando due documentari che raccontano due delle più grandi imprese recenti dell’arrampicata libera: una del 2015 e una del 2017. Entrambe le scalate sono state fatte su El Capitan, un enorme e spettacolare blocco di granito nel Parco nazionale di Yosemite, in California, una delle mete più conosciute e apprezzate al mondo tra gli arrampicatori. Un famoso sfondo dei Mac di Apple, per molti altri.
I due documentari si intitolano Free Solo e The Dawn Wall. Il primo racconta una scalata in free solo (cioè slegati, senza corde o protezioni) di Alex Honnold, il più forte di sempre in questa disciplina; il secondo racconta un’arrampicata libera (cioè con le corde usate solo come protezione, e non per aiutarsi a salire in parete) fatta da Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson. Sia di Free Solo che di The Dawn Wall si dice che siano tecnicamente molto ben fatti, oltre a raccontare storie oggettivamente fuori dal comune.
I due film sono anche uno dei segni del successo che da almeno un decennio sta avendo l’arrampicata, che dal 2020 sarà anche disciplina olimpica. Free Solo e The Dawn Wall non hanno ancora un’uscita italiana e non si sa ancora quando, come e dove arriveranno.
Free Solo è prodotto dal National Geographic e diretto dalla documentarista Elisabeth Chai Vasarhelyi e dal fotografo e regista Jimmy Chin. La via scalata da Honnold si chiama Freerider. La via è già molto difficile da scalare normalmente, protetti con le corde, tanto che prima di Honnold nessuno aveva mai provato a salirla slegati perché era considerato impossibile. La parete è lunga circa 900 metri e Honnold, che ha 33 anni, ci mise circa quattro ore per percorrerla tutta. Dopo che ci riuscì il New York Times scrisse che la sua impresa «avrebbe dovuto essere celebrata come una dei più grandi traguardi atletici di ogni tipo, di sempre».
Dopo l’arrampicata, Honnold disse: «Anni fa, quando pensai per la prima volta alla free solo della Freerider, c’erano una mezza dozzina di punti che mi facevano pensare “oddio, questo fa paura”, ma poi ho allargato la mia comfort zone fino a quando quegli obiettivi che sembravano totalmente folli sono diventati possibili». Tommy Caldwell – che è protagonista di The Dawn Wall ma ha anche aiutato Honnold a prepararsi a scalare la Freerider – disse che la sua impresa su El Capitan stava all’arrampicata così come l’allunaggio sta all’esplorazione spaziale. C’è anche un momento, nel film, in cui Caldwell dice a Honnold che, secondo lui, ha grandi probabilità di morire.
Come ha scritto il Guardian, Free Solo racconta l’impresa (strapiombi, muscoli tesi, grandi inquadrature, momenti di panico) ma soprattutto la sua preparazione. «Penso che gran parte del film sia mostrare il lungo processo che serve per arrivare al punto in cui qualcosa non fa più paura», ha detto Honnold. Ma fare free solo vuol dire non poter mai sbagliare, perché sbagliare vuol dire cadere a corpo libero per centinaia di metri: è una cosa che non può mai smettere di fare paura; il free solo è considerato troppo pericoloso anche da molti esperti arrampicatori e diversi sono morti facendolo. Peter Debruge ha scritto su Variety che «per quelli a cui piacciono i documentari di avventura e adrenalina, forse non esiste di meglio».
The Dawn Wall racconta un’impresa meno estrema (perché in arrampicata libera, cioè con le corde) ma altrettanto notevole. Nel film – diretto da Josh Lowell e Peter Mortimer – i due protagonisti, Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson, tentano e realizzano la scalata del Dawn Wall, considerata da molti la via di big wall – cioè molto lunga, su una grande parete molto alta – più difficile al mondo, perché attraversa un muro quasi completamente liscio per quasi 1.000 metri. Ci riuscirono tra il 2014 e il 2015, impiegandoci 19 giorni, tutti passati in parete.
Il film è un po’ più allegro rispetto a Free Solo (in cui tutti sono oggettivamente preoccupati per la possibile morte di Honnold) e racconta soprattutto l’ostinazione di voler portare a termine una scalata considerata quasi impossibile. I due protagonisti sono mostrati mentre mangiano, dormono, scherzano, si fanno forza a vicenda o caricano i loro cellulari con le batterie solari. Anche questo film è stato apprezzato per delle riprese fuori dal comune. In più vale la pena vederlo anche solo per conoscere un po’ di più la storia di Caldwell, che – giusto per dirne due – iniziò ad arrampicare a 6 anni, quando suo padre lo portò su una parete considerata proibitiva anche per un adulto e che nel 2000 fu rapito insieme ad altri tre alpinisti in Kirghizistan e riuscì a fuggire dopo aver spinto un rapitore giù da un dirupo.